Un anno fa, il 19 luglio, è morto il collaga Andrea Purgatori. Ho conosciuto Andrea negli anni Ottanta, prima di un suo viaggio in Libia, il mio paese. Allora ero collaboratorre di Rp e conducevo la trasmissione Radio Shaabi in lingua araba. Erano gli anni dei bombardamenti di Reagan su Bengasi, della strage di Ustica prima e delle azioni terroristiche dei “Comitati Rivoluzionari” del tiranno di Tripoli. Andrea voleva conoscere e sapere, prima di partire, per raccontare il paese dominato allora dalla dittatura di Gheddafi. Mi aveva fatto una bella impressione e quell’incontro per me è stato una lezione di giornalismo. Non ho più perso di vista i lavori e le inchieste di Andrea. La sua scomparsa prematura è stata un aperdita per il giornalismo, non solo italiano.
Per ricordare il suo impegno e lavoro abbiamo chiesto al collega Paolo Conti di riprodure la sua presentazione al libro “Andrea Purgatori, volevo fare il giornalista-giornalista” (Solferino ed. ottobre 2023), a cura di Paolo Conti e prefazione del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana.
Le radici di Andrea
di Paolo Conti
Andrea Purgatori è scomparso il 19 luglio 2023. Un addio improvviso, dopo una rapidissima malattia. La sua morte ha lasciato un grande vuoto. Nel cuore dei suoi amatissimi figli, Edoardo, Ludovico e Victoria, ovviamente. Ma anche sulla scena della comunicazione e dell’informazione nel nostro Paese. Da anni, per il pubblico televisivo, Andrea Purgatori era l’autore e il conduttore di Atlantide, fortunato programma di La7 seguito da una vasta e
variegatissima platea. Un volto famoso, in una declinazione da antidivo.
Ma Andrea Purgatori grande inviato nasce al «Corriere della Sera». Ed è giusto, per quello che è stato e per la sua storia, ricordarlo attraverso i suoi articoli e le sue inchieste più importanti. Questa raccolta dei suoi scritti, con la ricostruzione del lunghissimo e instancabile lavoro sulla strage e i misteri di Ustica, vuole raccontare dove affondano le radici professionali di un protagonista del giornalismo dei nostri difficili tempi, di un intellettuale impegnato in tante battaglie civili combattute per la verità, di un uomo di cinema molto apprezzato.
Andrea Purgatori entrò giovanissimo al «Corriere della Sera», nel febbraio
del 1976,a ventitré anni, e lasciò il giornale nel 2000 per dedicarsi a un lavoro più ampio: sempre il giornalismo, ma anche il cinema, il racconto sui nuovi media, la televisione. Tornò a collaborare con il giornale di via Solferino soprattutto negli ultimi anni.
Il lettore ritroverà qui il primo Purgatori, un professionista che resterà fedele a sé stesso fino alla fine: una scrittura densa, rapida, priva di inutili orpelli. In una parola:
una scrittura severa, come aveva appreso alla Columbia University di New York nel 1980 durante il suo Master of science in Journalism. Andrea era orgoglioso delle sue radici e aveva mantenuto un fortissimo legame non solo operativo ma anche affettivo e identitario con il «Corriere della Sera» e con tanti suoi colleghi. Leggendo oggi i suoi articoli, è facile capire perché.
Nel febbraio 1985, l’allora direttore Piero Ostellino decise un radicale ricambio generazionale al vertice della cronaca di Roma. Andrea divenne capocronista a trentadue anni, e io suo vice, a trentuno. Mossa che provocò molte perplessità in una redazione di consolidati professionisti. Fu come gettarsi in una vasca d’acqua ghiacciata.
Cominciammo a lavorare insieme dalla mattina a notte fonda. Andrea aveva continuamente intuizioni controcorrente. Sapeva che una cronaca come la nostra, che doveva fare i conti con concorrenti storicamente molto radicati nel territorio, poteva attirare lettori solo giocando di contropiede, sorprendendoli continuamente. Rivoluzionò la grafica guardando ai quotidiani statunitensi (la sua permanenza da giovane negli Stati Uniti fu essenziale per la
sua vita professionale e personale), puntò su un uso anche spettacolare delle fotografie, decise titoli più che coraggiosi. Pur essendo di fatto coetanei, devo a lui (oltre a mille, indelebili gesti di autentica amicizia e di immensa solidarietà, un patrimonio incancellabile) la scoperta di un modo diverso, direi proprio più coraggioso, di fare cronaca, di raccontare Roma, di non fare facile scandalismo ma di non temere mai il potere. Quando presi il suo
posto, partii da tutto questo patrimonio,costruito soprattutto con lui e grazie a lui.
Fin qui il capitolo personale. Naturalmente c’è, legata a Purgatori, soprattutto la vicenda di Ustica qui ripercorsa fin dall’inizio, nell’immediatezza della strage. Grazie al suo impegno e a un lavoro che non ha conosciuto né pause né incertezze, l’inchiesta sulla strage di Ustica
è rimasta aperta. Andrea Purgatori ha svelato le bugie e le omissioni di chi portava avanti la tesi di una bomba esplosa a bordo dell’Itavia, che il 27 giugno 1980 viag
giava con ottantuno persone a bordo, rivelando come il disastro fosse stato causato dall’impatto con un missile, rimanendo sempre al fianco dei familiari delle vittime e
soprattutto garantendo la ricerca della verità. Per questo «Purgatori» e «Ustica» sono diventati in pratica sinoni mi: un marchio professionale di continuità unica nel panorama giornalistico italiano, di desiderio di arrivare alla verità, di difendere chi (i familiari delle vittime) si è ritrovato senza una persona cara e privato del proprio diritto a sapere cosa fosse accaduto.
La vicenda di Ustica sintetizza tutto il carattere di Andrea Purgatori,il suo istinto di eccellente cronista (teneva molto a questo appellativo), di inviato di grande livello e qualità. Sempre di corsa, sempre in prima linea. In redazione a via Solferino, a Milano, raccontò un giorno che
da giovanissimo cronista del «Tempo» una volta arrivò sulla scena di un delitto prima ancora degli investigatori e scivolò, per le scale, finendo sul sangue della vittima.
Per anni si occupò di esteri, di Israele, di Iran e di Libia, in tempi in cui lavorare su quei campi era particolarmente complesso. Un capitolo che meriterebbe un’altra raccolta dei suoi scritti. In questo volume i lettori troveranno (a partire dal suo primo articolo firmato sul «Corriere
della Sera» il 5 febbraio 1976) molte prove del suo talento di grande cronista: il delitto Pasolini, la morte di Giorgiana Masi, le atrocità delle Brigate rosse, il caso Moro,
la scomparsa di Emanuela Orlandi e molto altro.
Si potrebbero scrivere intere pagine sulle inchieste di Andrea Purgatori, sul suo stile, sulla sua classe professionale e umana, sul suo amore per la vita, per i tre figli e anche per le occasioni di felicità, di bellezza, di piacere di stare insieme e di ridere per ore che l’esistenza può offrirti. Una magnifica e fiera persona, incapace di ipocrisie e di patteggiamenti, schietta, ironica ed elegantissima.
Un vero giornalista, un protagonista della nostra storia civile. Un amico che nessuno potrà mai sostituire. Mai.
Paolo Conti, Corriere della Sera