“Quella scuola è stata il mio rifugio. Ora vedo foto di bimbi a pezzi”
Il diario di Aya Ashour – Il Fatto Quotidiano del 25 ottobre 2024
Khan Younis. Israele ha bombardato il rifugio, la “Scuola dei martiri di Nuseirat”, dove anche io sono stata sfollata, nella quale ho vissuto, nel campo profughi di Nuseirat dopo che siamo stati sfollati con la forza dalla nostra casa il 30 ottobre scorso. Sono rimasta lì nella scuola fino all’invasione di terra di Israele a dicembre, per partire poi per Rafah a gennaio. Quella scuola non era solo un rifugio. Lì dentro ho imparato cosa vuol dire essere sfollati, vivere in un’aula trasformata in soggiorno, cucina e camera da letto. Ho incontrato persone che ora sono diventate a me molto vicine. Ho lavorato giorno e notte per aiutare tutti, cercando di fornire medicine ai malati, latte ai neonati, vestiti invernali, acqua e infinite sedute di supporto psicologico per donne e bambini. Oggi mi hanno detto che una donna che avevo seguito ha perso tutti i suoi bambini, e lei stessa ha perso gli arti. Non ci ho creduto finché non ho visto le foto – come si sono ridotti in pezzi i loro corpicini? Quella scuola era già stata bombardata quando noi eravamo lì sfollati, e mio fratello è stato ferito. Poi l’hanno bombardata ancora qualche giorno prima che partissimo, e un amico di mio fratello è stato ucciso. La mia mente non riesce a comprendere che l’attacco fosse mirato proprio all’aula in cui la mia famiglia, altre famiglie e io stessa vivevamo. E se io fossi stata lì? Diciotto persone hanno perso la vita. Avrei potuto essere una di loro o uno dei miei familiari. Ho registrato la mia vita quotidiana da quel posto e scritto tutto ciò che ho vissuto. Lì ho festeggiato il compleanno di una bambina, passato tre giorni a provare a prepararle la torta. Ho festeggiato Capodanno con i bambini e gli amici che mi sono fatta lì. Dannazione! La mia famiglia e io pensavamo di poter vivere lì, e siamo andati via quando il pericolo è aumentato. Ora ci vivevano altre famiglie che cercavano un posto sicuro. Vivo in uno stato di incredulità e choc. Ho anche perso mio cugino l’altroieri. Seguo le notizie da Jabalia. I miei amici del Nord mi dicono che stano vivendo contemporaneamente morte, fame, sfollamento e freddo. E pur non vivendo in condizioni migliori, mi sento in colpa. Come può il mondo non sentirsi in colpa per noi?