Per ascoltare l’audio di oggi, 27 gennaio 2025:
Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)
Rassegna anno VI/n. 026 (1628)
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27 gennaio: Mai più, per tutti! (clicca)
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Le notizie:
Genocidio a Gaza
Nella newsletter di ieri abbiamo commesso un errore di calcolo. Ce lo ha fatto notare l’amico e compagno Flavio Mongelli, che ringraziamo anche per la preziosa collaborazione nel reperire e segnalare informazioni e articoli. Il numero totale delle vittime palestinesi uccise per mano israeliana ha superato i 48 mila persone (e non 38 mila come abbiamo scritto). Le ricerche sotto le macerie scoprono ogni giorno centinaia di cadaveri sepolti. I dispersi sono valutati in 17 mila e il dato porta il numero degli assassinati, in 15 mesi di aggressione, a oltre 65 mila persone. A loro vanno aggiunti i morti per motivi collaterali, come la fame, le malattie oppure il decesso in ospedale in seguito alle ferite.
A Gaza si continua a morire per mano israeliana, malgrado il cessate il fuoco. Ieri negli ospedali sono arrivati altri 23 corpi: 14 estratti da sotto le macerie, 5 morti per ferite precedenti e 4 uccisi ieri durante le sparatorie contro i civili sulla strada del ritorno verso nord.
Il nostro commento quotidiano fisso: Ci sono ancora coloro che obiettano che non si tratti di genocidio, basandosi su congetture
storiche e non guardando la realtà delle cifre e delle intenzioni, dicono: “Dire che Israele commette genocidio è una bestemmia”.
Pronunciare una frase simile è la vera bestemmia nei confronti della memoria dei sei milioni di ebrei assassinati dal nazismo tedesco.
Se questo è un uomo.
Deportazione e pulizia etnica
Il presidente statunitense Trump vuole cancellare la popolazione palestinese dalla faccia della terra. Il neonazismo che avanza. Ha affermato che la soluzione finale è quella di deportare i due milioni di gazzawi in Egitto e Giordania. È una proposta criminale, irresponsabile e terrorista. Si comincia con Gaza e poi verrà il turno dei palestinesi di Gerusalemme e Cisgiordania. Alla vigilia del 27 gennaio, giornata della memoria, non è male per cancellare il grido di riscossa contro il nazismo: “Mai più!”.
Nel silenzio delle cancellerie dei paesi Nato, si è levata la voce dei palestinesi, a Ramallah come a Gaza e Gerusalemme e nella diaspora. E soprattutto la condanna di Egitto e Giordania.
Il modo di pensare del cowboy con il ciuffo è sempre improntato allo stesso principio: deportare gli indigeni per far posto ai colonialisti.
Cisgiordania
Una settimana di assedio israeliano del campo di Jenin. Un’offensiva militare che mira a deportare la popolazione del campo. Con i bulldozer sono state demolite diverse case ed infrastrutture urbane. Altre case sono state fatte saltare con la dinamite o bruciate. Tutte le strade attorno all’ospedale di Jenin sono state divelte per impedire il movimento delle ambulanze. La stessa tecnica genocidaria usata a Gaza: far morire senza cure coloro che si salvano dalle bombe e pallottole. Negli scontri di ieri è stato ucciso un giovane di 27 anni e deceduto un altro ferito nei giorni scorsi.
Il piano dei colonialisti è quello di deportare i palestinesi nativi per insediare altri israeliani. È un piano dichiarato e non più nascosto nei cassetti dei governi di Tel Aviv. Lo hanno ripetutamente affermato i ministri-coloni Smotrich e Bin Gvir. Con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, il piano prende un ulteriore impulso con la dichiarazione ufficiale di annessione. Ieri, gli abitanti del villaggio Naaman, ad est di Betlemme, hanno ricevuto l’avviso di demolizione delle loro case costruite prima della nascita dello stato di Israele (1948). La motivazione ufficiale è mancata licenza edilizia. Il vero motivo è la cacciata degli abitanti ed annettere il territorio alla municipalità di Gerusalemme, per la costruzione di nuove colonie ebraiche. Pulizia etnica.
Scambio prigionieri
L’arroganza provocatoria di Netanyahu nel bloccare il ritorno della popolazione sfollata di Gaza verso nord ha causato nuovi morti. Il pretesto era il cambio di una delle donne rilasciate sabato. L’accordo di Doha ha prevedeva il ritorno degli sfollati verso le loro case nel nord a piedi da domenica, ma coloro che si sono azzardati hanno ricevuto mitragliate dalle torrette dei carri armati israeliani. Scene di panico tra uomini, donne e bambini che trascinavano a mano o sulle spalle i loro pochi bagagli.
Dopo una giornata calda di minacce da parte del ricercato per crimini di guerra, è stato annunciato da Doha che la donna civile rivendicata da Tel Aviv sarà liberata, insieme ad altri due uomini, prima di venerdì, in cambio del rilascio di 30 detenuti palestinesi. Il suo mancato rilascio e la conseguente sostituzione sarebbero stati causati dal fatto che la donna era ostaggio in mano alla Jihad Islamica. Per non venir meno all’impegno di liberare 4 donne ostaggio, i capi di Hamas hanno rilasciato una soldatessa al suo posto. Netanyahu ha mostrato i muscoli per tentare di scaricare sulla parte palestinese il suo intento di far saltare l’accordo. Entro il prossimo sabato, quindi, saranno liberati, in due turni, 6 ostaggi israeliani in cambio di 300 detenuti palestinesi.
Stamattina l’annuncio: i palestinesi sfollati hanno iniziato a tornare nella Striscia di Gaza settentrionale, dopo i nuovi accordi con Israele.
Lo ha riferito un funzionario del ministero dell’interno palestinese. “Gli sfollati hanno cominciato ad affluire lungo la strada Al Rashid attraverso la parte occidentale del posto di blocco israeliano di Wadi (Netzarim, nella denominazione coloniale israeliana) verso la città di Gaza e la parte settentrionale”.
Appello per il dott. Abu Safiya
In una dichiarazione rilasciata ad Anbamed, l’avvocato Nasser Awdeh ha denunciato che l’esercito israeliano continua ad impedire la visita del collegio difensivo al prigioniero dott. Hussam Abu Safyia, in carcere dal 27 dicembre 2024. Un arresto immotivato e contro tutti i principi di umanità. Il lavoro sanitario e la dedizione alla cura dei malati e feriti non sono un crimine. Il caso dell’arresto del direttore dell’ospedale Kamal Adwan rappresenta una violazione dei diritti umani.
Appello urgente per il Dott. Hussam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan, clicca per aderire.
Libano
Gli Stati Uniti hanno assecondato i piani israeliani per il sud Libano. Il ritiro israeliano verrà rinviato al 18 febbraio. Doveva essere completato entro la giornata di ieri, 16 gennaio. È uno smacco per il diritto internazionale e per il governo di Beirut, che ha lasciato in mano agli USA, principali fornitori di armi a Tel Aviv, le chiavi della mediazione. L’Onu praticamente è stata tagliata fuori. Ieri, Unifil ha diramato un allarmato comunicato, dopo l’uccisone di diversi civili sulla strada del ritorno verso i loro villaggi, prima del ritiro dei soldati israeliani.
Siria
La professora universitaria e nota intellettuale femminista siriana Rasha Nasser el-Alì è scomparsa da una settimana, a Homs. È stata portata via, da miliziani armati, sulla strada tra l’abitazione e l’università. Non si conosce la sua sorte e sono apparse notizie sui social sulla sua uccisione. Il ministero dell’interno della nuova amministrazione ha diramato un comunicato dove si conferma la sua scomparsa. La notizia ha sollevato preoccupazione e condanne negli ambienti accademici e letterari a livello di tutto il mondo arabo.
Rasha Nasser è nata nel 1973, figlia di un noto avvocato siriano. Ha compiuto i suoi studi universitari a Damasco laureandosi in letteratura. Ha svolto i suoi studi superiori al Cairo. Ha pubblicato diversi libri di critica letteraria con particolare attenzione al ruolo delle donne scrittrici. Ha vinto diversi premi internazionali, per la sua produzione letteraria volta a valorizzare il ruolo della donna nelle società arabo-islamiche. L’Unione degli scrittori arabi ha condannato il rapimento della professora e ha fatto appello al nuovo potere a Damasco di usare tutta la sua influenza sui gruppi armati nella provincia di Homs, per ottenere la sua liberazione.
Libia/la Pinocchia smascherata
“Il generale libico Almasri è stato liberato, non per scelta del Governo, ma su disposizione della magistratura”. Queste le parole pronunciate, da Gedda, dalla presidente del Consiglio Meloni, la quale aggiunge che il governo avrebbe deciso di espellerlo perché soggetto pericoloso.
Non è un generale, ma un miliziano incriminato dalla CPI.
La Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati sbugiarda la premier: “In realtà, Almasri è stato liberato lo scorso 21 gennaio per inerzia del ministro della Giustizia che avrebbe potuto – perché notiziato dalla polizia giudiziaria il 19 gennaio e dalla Corte d’appello di Roma il 20 gennaio -, e dovuto, per rispetto degli obblighi internazionali, chiederne la custodia cautelare in vista della consegna alla Corte penale internazionale che aveva spiccato, nei suoi confronti, mandato di cattura per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella prigione di Mitiga (Libia)”.
“Almasri, per scelta politica e nel silenzio del Guardasigilli, il solo deputato a domandare all’autorità giudiziaria una misura coercitiva, è stato infine liberato, e, seppur indagato per atroci crimini, riaccompagnato con volo di Stato in Libia. Tanto va detto per amor di verità”, conclude la nota dell’Associazione nazionale magistrati.
Notizie dal mondo
Sono passati due anni, 11 mesi e 2 giorno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. La Nato – secondo rivelazioni dell’agenzia Bloomberg – ha avviato il processo di scambio informazioni con produttori di armi della Ue, in applicazione della dottrina Mark Rutte per “Il passaggio a una mentalità da tempo di guerra”.
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