Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.

Direttore responsabile Federico Pedrocchi)

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Rassegna anno IV/n. 301 (1188)

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Appello

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Le notizie:

Genocidio a Gaza

“O noi o loro” è la vendetta dei generali israeliani annunciata dal ministro della difesa di Tel Aviv. Annientamento di tutto un popolo. Operazioni a terra e bombardamenti dal cielo, dal mare e con l’artiglieria. Scontri con la resistenza palestinese a Beit Hanoun. Dopo il terzo giorno dell’offensiva a terra, i carri armati israeliani sono avanzati soltanto nelle zone aperte rurali del nord e nord est della Striscia. Il generale Halevi ha parlato alla Tv israeliana di centinaia di morti tra i combattenti palestinesi, ma l’esercito non riesce ad avanzare in quel che rimane del tessuto urbano dei campi profughi rasi al suolo. Il rallentamento dell’avanzata viene spiegato con lo svolgimento per fasi dell’operazione vendetta. Le immagini trasmesse dalle Brigate Qassam sui canali social, invece, evidenziano carri armati bruciati e decine di soldati morti ed i loro corpi distesi per terra.    

Gaza completamente isolata dal mondo perché l’esercito di Tel Aviv ha tagliato comunicazioni cellulari e Internet, per impedire che il mondo sappia dei crimini che i suoi soldati stanno compiendo e compiranno. Di conseguenza tutti i collegamenti tra gli operatori sanitari e le organizzazioni internazionali di assistenza sono stati interrotti. Il governo di Gaza sta tentando, con l’assistenza tecnica del governo del Cairo, di collegare la rete con quella egiziana. La società “X Space”, a quanto dichiarato dallo stesso Musk in un twit, fornirà “una copertura internet satellitare Starlink alle agenzie internazionali riconosciute”.  

Continua nel frattempo il martellamento sulle case e sugli ospedali a Gaza City e Khan Younis. L’esercito israeliano ripete ancora l’ordine di evacuare verso sud nella direzione del confine egiziano, ma nello stesso tempo riversa sulla testa degli sfollati una pioggia di bombe. Una strage nella notte tra venerdì e sabato: oltre 400 vittime e molti altri sono ancora sotto le macerie. Vi invitiamo ad ascoltare questa corrispondenza sulla situazione umanitaria, spedita da una volontaria di Fonti di Pace, bloccata insieme a molti altri volontari internazionali in un centro UNRWA di Rafah al confine con l’Egitto: QUI.

Le operazioni militari non hanno interrotto le trattative indirette tra Hamas e il governo Netanyahu, con la mediazione del Qatar per lo scambio di prigionieri di guerra.

Il capo di Hamas a Gaza, Sinuar, si è detto disponibile allo scambio di prigionieri di guerra: tutti i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane in cambio della liberazione di tutti gli israeliani nelle mani del movimento. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Guterres, è a Doha per aiutare all’avanzamento di questo dossier in collegamento con un eventuale cessate-il-fuoco, la condizione posta da Hamas per lo scambio.

Cisgiordania e Gerusalemme est

Rastrellamenti a Nablus quartiere per quartiere. È una nuova macelleria sistematica dell’esercito israeliano, che mira alla cacciata dei palestinesi dalle loro terre. Per garantire la ritirata di un gruppo di soldati intrappolati dietro gli armati della resistenza, l’esercito di Tel Aviv ha fatto ricorso al bombardamento. Come avvenuto precedentemente a Jenin. Oltre all’azione dei soldati, si aggiunge anche quella dei coloni armati.  

Un contadino palestinese di un villaggio a sud di Nablus è stato ucciso dai coloni mentre raccoglieva le ulive. Si chiamava Bilal Saleh, 40 anni, e si guadagnava da vivere vendendo in città i prodotti della sua terra. Ieri, un colono lo ha freddato con un colpo al petto, mentre era nel suo terreno, nel villaggio di Al-Sawiya, intento a raccogliere le ulive. Lascia la moglie e 4 figli piccoli. È il settimo contadino ucciso per mani dei coloni dal 7 ottobre, portando le vittime della repressione israeliana (coloni e esercito) a 111 persone assassinate e 1950 ferite.

Un intero villaggio vicino a El-Khalil è stato sfollato in seguito agli attacchi armati da parte dei coloni. Sono state incendiati i loro terreni e minacciati nella loro incolumità personale. “250 cittadini palestinesi del villaggio di Zanuta hanno dovuto abbandonare le loro case e fuggire a causa degli incendi nei loro terreni agricoli appiccati dai coloni”, scrive l’agenzia stampa Wafa.

Israele

Le famiglie dei prigionieri israeliani catturati da Hamas il 7 ottobre hanno manifestato ieri davanti alla casa di Netanyahu. Nell’incontro con il premier hanno chiesto esplicitamente che si dia la priorità alla liberazione dei loro parenti prigionieri nelle mani di Hamas e Jihad islamica, prima dell’invasione di terra. In un suo discorso pubblico, Netanyahu ha confermato che sono in corso trattative per la liberazione dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane in cambio del rilascio di tutti i prigionieri israeliani, militari e civili.

Libano

Caccia israeliani hanno compiuto raid nel sud Libano, bombardando diverse località. Media locali accusano Tel Aviv di aver lanciato bombe al fosforo bianco su villaggi libanesi. Sono state pubblicate immagini e video che mostrano gli involucri degli obici vietati dalle norme internazionali.

Colpita anche la sede centrale dell’UNIFIL. Hezbollah ha lanciato razzi contro le postazioni dell’esercito israeliano nella zona centrale di confine. Il governo dii Beirut è in stato di allerta. È stato annunciato un piano di emergenza per eventuale evacuazione dell’aeroporto Al-Hariri, di Beirut.

Russia

La delegazione di Hamas presente a Mosca ha incontrato funzionari del ministero degli esteri. In un’intervista, l’esponente dell’ufficio politico del movimento palestiense, Abu Marzouq, ha confermato che la richiesta di liberare 8 persone di cittadinanza russa sarà verificata dal movimento e appena individuate saranno liberate, “perché la Russia è un paese amico e molto vicino alla nostra causa”.

Turchia

Il macellaio del popolo curdo si fa propaganda col sangue palestinese. Il capo di un paese Nato, che ha forti rapporti economici con Israele, non si disdegna di cavalcare il dramma di Gaza, davanti a centinaia di migliaia di manifestanti, presentandosi come il salvatore della causa. Un bagaglio verbale di proclami, ma finora non ha ritirato l’ambasciatore da Tel Aviv. È stato il governo israeliano a richiamare il personale diplomatico a Ankara, “per valutare le parole di Erdogan”, che per Israele sarebbero inaccettabili.  

Siria

Ancora attacchi contro obiettivi militari statunitensi in Siria. La base di Al-Tanf, al confine con la Giordania, è stata oggetto di due attacchi con droni che hanno causato danni ma non vittime. L’attacco è stato rivendicato dalle fantomatiche “Brigate della resistenza islamica in Iraq”. Il giorno prima è stato registrato un attacco contro le truppe USA nella provincia di Hasaka, con il compito di proteggere il giacimento petrolifero. L’aeronautica USA ha colpito Venerdì le milizie filo iraniane nella provincia di Deir Azzour, dove sarebbero stati uccisi 8 miliziani iraniani e libanesi, secondo un rapporto dell’Osservatorio siriano.

Solidarietà con Gaza

Successo per la manifestazione nazionale di Roma in solidarietà con il popolo palestinese e per chiedere la fine dell’invasione di Gaza e un processo di pace giusta. 50 mila persone, con una vistosa partecipazione delle comunità arabe ed in particolare delle seconde generazioni. Migliaia di studenti e buona presenza dei partiti della sinistra e delle organizzazioni per i diritti umani e della solidarietà. Malgrado il boicottaggio mediatico dei grandi sistemi dell’informazione e malgrado le intimidazioni delle forze di polizia che hanno fermato molti pullman provenienti dal nord Italia, sequestrando striscioni e chiedendo l’elenco dei partecipanti prima di far proseguire i mezzi.

Anche a Parigi, malgrado il divieto della polizia, una grande manifestazione ha attraversato la capitale francese. Vi hanno partecipato diversi deputati del partito dei verdi e dei partiti di sinistra, con addosso la kefia e alzando la bandiera palestinese.  

Iran

Morta la ragazza arrestata e torturata per non essersi adeguata al vestiario imposto dal regime. La 16enne Armita Geravand era finita in coma 29 giorni fa dopo essere stata picchiata dalla sorveglianza della metropolitana di Teheran a causa di un diverbio perché non indossava il velo. Lo scorso 23 ottobre, il padre della ragazza aveva confermato la sua morte cerebrale, dicendo che “non c’è speranza per la sua guarigione”. 

    Garavand era stata ricoverata in coma il 1° di ottobre, dopo avere subito un trauma cranico. Come al solito le autorità di Teheran avevano negato le responsabilità delle forze di sicurezza, affermando che la giovane era svenuta a causa di un calo di pressione. Ad oltre un anno dal caso di Zina Mahsa Amini, si ripetono ancora nel paese degli ayatollah le violenze contro le donne.  

Sudan

Emergency denuncia il rapimento del loro staff a Nyala da parte delle milizie di Pronto intervento (RSF). L’ONG italiana scrive che il 25 ottobre alcuni colleghi dello staff medico sudanese del centro pediatrico di Nyala, sud Darfur, sono stati prelevati da miliziani. Dallo scoppio della guerra lo scorso 15 aprile, il Centro ha continuato a garantire l’assistenza essenziale a una popolazione fortemente colpita dal conflitto.

Nel comunicato Emergency informa che “Nelle ultime tre settimane l’ospedale è rimasto aperto con grandi difficoltà a causa dell’intensificarsi dei combattimenti, ma siamo sempre riusciti a mantenere i contatti con lo staff fino a martedì, quando la situazione sembrava essere in via di miglioramento. Da quel momento abbiamo perso i contatti con il resto dello staff, che dall’inizio della guerra erano possibili solo tramite telefono satellitare.

Non abbiamo quindi certezza sul numero delle persone arrestate né sulla loro identità, se non per quello che abbiamo appreso da un video pubblicato su alcuni social media”.

Nyala è caduta nelle mani delle forze di pronto intervento il 21 ottobre, dopo che le truppe governative assediate avevano finito le munizioni e si sono arrese. È iniziata una sistematica operazione di saccheggi da parte dei miliziani. La città vive nel caos ed è stata bombardata dai caccia governativi. Sono ripresi anche gli scontri interetnici.

Notizie dal Mondo

Sono passati 20 mesi e 4 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Mosca accusa Kiev di aver lanciato missili contro centrale nucleare di Kursk, senza causare danni.

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