di Silvana Barbieri e Luigi Vinci

Alla fine di giugno si è tenuto a Roma un incontro promosso dal governo italiano e da quello statunitense sul contrasto al terrorismo internazionale. Il ritiro francese dal Mali preoccupa Washington che si prepara a creare una coalizione, nella logica questa volta di “Armiamoci e partite!”.

Ciò che qui intendiamo sottolineare sono il cinismo e la miopia della politica estera europea e degli Stati Uniti. Lo stato Islamico (ISIS) si sta ricostruendo alla grande in Africa ed era più che prevedibile, dato l’atteggiamento conciliante che l’Occidente continua a mantenere verso la Turchia. Che questo paese abbia finanziato, armato, ospitato, nutrito, protetto i jihadisti lo si sapeva fin dall’inizio: l’Occidente, quindi, ha sempre fatto finta di non vedere, così come ha finto di non vedere la quantità di giornalisti democratici turchi che hanno documentato le operazioni pro-ISIS del MIT ovvero dei servizi turchi, e che per questo sono finiti in carcere condannati per “terrorismo”. Altri giornalisti turchi sono stati condannati per “terrorismo”, avendo raccontato la lotta di quei curdi a Kobane, nella Siria curda, hanno combattuto, anche a nome dell’Occidente, contro l’ISIS.

Nessuno dei capi dell’Occidente ha voluto denunciare le aggressioni armate turche ai curdi in Siria, in Iraq, nelle stesse aree curde della Turchia; nessuno di essi ha preso in carico le richieste dei curdi del Rojava di un tribunale internazionale che giudichi e porti altrove i 60.000 jihadisti ivi detenuti.

In Africa la nostra Europa non troverà i curdi a combattere e a morire per essa: e prima o poi dovrà mandarci, probabilmente, molti suoi soldati, perché l’ISIS non sta fermo, sta rapidamente espandendosi in quel continente, e perché sta apertamente minacciando il rilancio dei suoi attentati nei paesi europei mediterranei. Come scrive il direttore di Repubblica, Molinari, “nel 2020 gli attacchi ISIS in Africa sono cresciuti del 43 per cento”. Se vi sembra poco…

Silvana Barbieri

Un interessante articolo del 18 luglio a firma del Direttore de La Repubblica, Maurizio Molinari, disegna il disastro creato dagli interventi e dalle ritirate militari delle potenze occidentali, in prima fila Stati Uniti e Francia. Vent’anni dopo avere bombardato a tappeto, distrutto e poi invaso l’Afghanistan talebano, ora esso viene tranquillamente abbandonato, per decisione degli Stati Uniti, ai talebani. L’attenzione dell’articolo di Molinari, tuttavia, è centrata su elementi relativamente recenti, cioè a quanto accada, in termini sempre più vasti e atroci, in Africa, e ciò riguarda soprattutto la Francia.

La Francia, infatti, dopo avere spolpato in tutti i sensi (forze di lavoro, risorse minerarie, risorse naturali), prima nelle sua colonie, poi in finti stati indipendenti, rastrellandovi lavoratori semischiavi, reclutandovi soldati, insediandovi la Legione Straniera, ora questi stati abbandona, colpita dalla pesantissima crisi della sua economia così come dalla sua profonda crisi sociale. Lo Stato islamico, di converso, non ha fatto altro che allargarsi territorialmente, nel Sahara e soprattutto nel Sahel, facendovi stragi di povera gente non islamica, rapendo donne e facendone schiave sessuali, distruggendo anche insediamenti militari. Attorno al Lago Ciad, nel Sahel, è stata creata una cosiddetta “Provincia dell’Africa occidentale dello Stato islamico”, che ha le caratteristiche anche formali di uno Stato: produce, infatti, suoi documenti di identità, produce suoi regolamenti e sue leggi, parimenti fa buona politica sociale, liberando detenuti colpevoli di piccoli reati, tassando le persone più ricche, definendone equamente le aree di pascolo tra famiglie e tribù, migliorando il trattamento di donne e bambini, spesso pesantemente sfruttati, fornendo paghe ai miliziani. Probabilmente le popolazioni viventi dentro a questo “Stato” sono contente.

Dove sta il guaio, dal punto di vista occidentale, essenzialmente egoistico: che lo Stato islamico tende sistematicamente all’espansione territoriale, che essa avviene anche in territori non islamici, o che lo sono solo in parte, e le cui popolazioni, intere o in parte, fuggono, destabilizzando così altri territori. Il guaio, ancora, è che lo Stato islamico minaccia l’Occidente, vi invia fanatici assassini, parimenti danneggia i molteplici affari dell’Occidente, essendo l’Africa da secoli territorio di rapina, un tempo anche di schiavi.

E’ da sottolineare come, più che stupidamente, cioè, anche portando danno agli interessi occidentali, le potenze occidentali hanno fatto del loro meglio, per così dire, per alienarsi l’appoggio di alleati importanti, anzi politicamente e militarmente decisivi, insediati nei territori investiti dallo Stato islamico. Addirittura, questi alleati sono stati abbandonati. Dall’Afghanistan fuggono quanti abbiano cooperato con le presenze militari occidentali, per non essere assassinati dai Talebani. Nel Medio Oriente, una grande popolazione, quella curda, vessata da oltre un secolo a questa parte da Turchia e Iran, e che, attaccata dallo Stato islamico, ha combattuto con tutta la sua gente, armando milizie di donne e di uomini, ha contribuito, perdendo molte migliaia di vite, alla vittoria occidentale sullo Stato islamico, è stata di botto abbandonata da Stati Uniti e Europa, sicché la Turchia ha potuto attaccarla, ha potuto prendersi, in Siria, territori curdi, può bombardarli, farvi incursioni militari, inviarvi jihadisti; inoltre, può permettersi di penetrare in profondità, appoggiata dai residui dello Stato islamico, in territori curdi nel nord dell’Iraq, ecc.

Con cinismo e superficialità ignobili, addirittura, per l’Occidente il popolo curdo è diventato un problema. La Turchia va tenuta buona, minaccia ?, regaliamole la Tripolitania libica, consentiamole di mandarvi militari. Al tempo stesso, i rifugiati curdi in Occidente sono diventati sorvegliati speciali, soprattutto in Germania, dove sono numerosi. L’Italia continua a vendere armi ai governi criminali di Turchia ed Egitto: business is business, che diamine.

Luigi Vinci

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