Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

06 novembre 2021

Rassegna anno II/n. 129

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Nella rubrica Approfondimenti vi proponiamo il reportage da Mazar-e-Sharif di Giuliano Battiston, pubblicato sulle pagine de il manifesto.

Grazie alla redazione del quotidiano comunista per l’autorizzazione.

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I titoli

Iraq: Scontri a Baghdad tra polizia e manifestanti che tentavano di invadere la zona verde, sede del governo e delle ambasciate.

Palestina Occupata: I soldati israeliani hanno ucciso un giovane palestinese, durante una manifestazione contro i coloni, a Beita in Cisgiordania.

Sudan: Nessun accordo. I militari golpisti prendono tempo, per fiaccare le proteste popolari. Confermate le grandi manifestazioni per domani e lunedì.

Etiopia: Nove movimenti armati si uniscono contro il governo Abiy. Addis Abeba richiama i militari in congedo.

Somalia: Espulso il vice capo della missione dell’Unione Africana.

Turchia: L’opposizione accusa il figlio di Erdogan di sfruttare posizioni di potere per favorire il clientelismo.

Arabia Saudita: L’amministrazione Biden approva l’esportazione a Riad di missili aria-aria per 650 milioni di dollari.

Le notizie

Iraq

Sono avvenuti duri scontri ieri tra le forze di sicurezza ed i manifestanti sostenitori delle milizie di Hashd Shaabi, che contestavano i risultati delle elezioni del 10 ottobre. Il tentativo di sfondare il cordone di sicurezza e invadere la zona verde, dove hanno sede le ambasciate e gli uffici governativi, compresa la stessa commissione elettorale, è stato respinto. Il lancio di pietre è stato affrontato con i lacrimogeni, ma poi la polizia ha sparato in aria per disperdere la folla. Secondo fonti mediche ci sono stati due morti e 125 feriti.

I movimenti politici filo-iraniani hanno visto calare il loro consenso, passando da 48 seggi a 15. I manifestanti accusano la commissione indipendente di falsificazione dei risultati. È in corso il riconteggio delle schede in alcune circoscrizioni elettorali, dove ci sono stati dei ricorsi documentati.

Palestina occupata

L’esercito di occupazione israeliano ha ucciso un giovane palestinese e ferito altre decine di persone, durante le manifestazioni di protesta contro la colonizzazione in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Il giovane ucciso era del villaggio di Beita, nei pressi di Nablus, dove un gruppo di circa 50 coloni ha occupato, con dei camper, una collina di proprietà degli abitanti e l’esercito intende confiscare il terreno per stabilizzare la colonia.

La colonizzazione è la politica dei governi israeliani per impedire la costituzione dello Stato di Palestina ed è palesemente un ostacolo alla pace, ma la comunità internazionale usa nei confronti di Tel Aviv i guanti di seta.

Sudan

I golpisti a Khartoum stanno usando le trattative indirette per fiaccare le mobilitazioni popolari e imporre così il fatto compiuto col passare del tempo e il calo dell’attenzione internazionale. L’incontro tra Burhan e Hamdouk, annunciato dalla delegazione di mediazione del Sud Sudan, non c’è stato. I militari non hanno liberato tutti gli arrestati, una delle principali richieste delle forze politiche per una trattativa diretta. Non solo, ma il capo dell’esercto Burhan ha dimesso tutti i consigli di amministrazione delle società statali, per imporre un controllo totale delle forze armate sull’economia del paese. Le forze progressiste ed i sindacati hanno indetto per domani e lunedì manifestazioni di massa, per dire ancora un altro e più chiaro “NO al regime militare!“. Nel frattempo non sono cessati i presidi notturni silenziosi con torce e candele per riaffermare con forza: “Indietro non si torna!”.

Il Consiglio ONU per i diritti umani, riunito a Ginevra, ha chiesto il ritorno del governo civile ed il ritiro dei militari nelle caserme, inoltre ha condannato l’uccisione e il ferimento dei manifestanti e chiesto la liberazione di tutti gli arrestati. È stato nominato un osservatore speciale sul caso sudanese, per monitorare l’andamento della situazione e riferire all’Alta Commissaria ONU per i diritti umani, Bachelet.

Etiopia

Nove movimenti armati di opposizione hanno deciso di coalizzarsi per sconfiggere il governo Abiy. Il portavoce del Fronte del Tigray ha affermato che le avanguardie delle sue truppe sono a 300 km da Addis Abeba e che la presa della capitale è una questione di settimane, non di mesi. I collegamenti terrestri tra Addis Abeba e la provincia di Amhara sono interrotte e questo creerà una difficile crisi umanitaria in caso di intensificazione del conflitto. Il governo ha richiamato in servizio gli ex militari in congedo. Il Consiglio di Sicurezza ha emesso un comunicato nel quale si appella a tutte le parti per raggiungere una tregua e intraprendere trattative. Tutti gli appelli al cessate il fuoco e la visita dell’inviato della Casa Bianca in Corno d’Africa, per tentare di avviare una trattativa, non hanno trovato ascolto. Molte ambasciate hanno cominciato ad evacuare personale e cittadini.

In mancanza di un’iniziativa diplomatica, le prossime settimane vedranno uno sviluppo drammatico delle azioni belliche, con il ricorso dei governativi all’uso dell’aeronautica contro le truppe in marcia verso la capitale.

Somalia

Il governo di Mogadiscio ha dichiarato “persona non grata” il vice capo della missione dell’Unione Africana, Simon Mulongo, intimandogli di lasciare il paese entro 7 giorni. La comunicazione alla commissione dell’UA ha ribadito che Mulongo ha oltrepassato i suoi compiti, impegnandosi in attività che esulano dal mandato dell’Amisom. Il ministero degli esteri somalo non ha spiegato quali siano i motivi reali del provvedimento.

Turchia

Il quotidiano “Cumhuriyet”, organo del partito repubblicano del popolo (opposizione), ha pubblicato un reportage sulle attività sospette dell’organizzazione “Waqf giovanile turco”, nota con la denominazione “Tugva”, nella cui direzione siede il figlio del presidente Erdogan. L’attenzione del quotidiano si è particolarmente soffermata sull’abuso di potere e il clientelismo che sarebbero stati compiuti da Bilal Erdogan. Tra gli scandali rivelati vi è quello dell’affidamento delle proprietà dell’organizzazione di Golen, confiscate dopo il colpo di Stato del 2016. I deputati del partito hanno chiesto che vengano resi pubblici i documenti che inchiodano Tugva, ma il tribunale amministrativo ha secretato l’archivio dell’organizzazione.

Arabia Saudita

Il presidente Biden ha autorizzato l’esportazione verso l’Arabia Saudita di 280 missili aria-aria del valore di 650 milioni di dollari. Il Pentagono ha informato il Congresso e, in caso di approvazione, sarà la prima esportazione di armi offensive verso l’Arabia Saudita da parte dell’amministrazione Biden. Riad è da sei anni impegnata militarmente in una guerra in Yemen che ha assunto dimensioni catastrofiche contro la popolazione civile.

Approfondimenti

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