Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

(testata giornalistica. Direttore responsabile: Federico Pedrocchi)

5 maggio 2022.

Rassegna anno III/n. 124

Per informazioni e contatti manda un messaggio

Per ascoltare l’audio:

Le vignette sono QUI

70 giorni di guerra russa contro l’Ucraina. Mosca chiude gli uffici di Amnesty International. L’UE non si mette d’accordo sulle sanzioni. L’embargo petrolifero a rilento. A Leopoli scarseggiano acqua e elettricità. Una notte di inferno alle acciaierie Azovstal di Mariupol e poi una tregua di tre giorni per l’evacuazione. Secondo Mosca, dentro ci sarebbero mercenari israeliani.

Sostieni Anbamed

Questa rassegna sopravvive grazie ai contributi dei suoi lettori e ascoltatori.

Ricordati che anche il più grande oceano è fatto di gocce!

Ecco i dati per il versamento:

Associazione Anbamed, aps per la Multiculturalità

Iban: IT33U0891382490000000500793

Bic: ICRAITRRPDO

I titoli

Palestina Occupata: I coloni protetti dai militari occupano la spianata delle moschee.

Turchia: In Iraq come in Siria per una striscia di sicurezza occupata militarmente.

Yazidi: L’esercito di Baghdad ha occupato Sinjar e cacciato le unità di autodifesa.

Siria: I parenti dei detenuti aspettano in piazza gli effetti dell’amnistia.

Iraq: Razzi Katiuscia contro l’abitazione di un generale delle forze di sicurezza.

Sudan: Serve una commissione internazionale sulle violenze nel Darfur.

Libia: Un rapporto di Amnesty inchioda una milizia tripolina, ma il governo Dbeiba lascia perdere.

Tunisia-Migranti: Altri 24 corpi di migranti recuperati sulla spiaggia di Sfax.

Le notizie

Palestina Occupata

Le forze di occupazione israeliane hanno ammesso l’entrata di coloni, rabbini e studenti delle scuole religiose ebraiche nelle spianate delle moschee, impedendo l’accesso ai palestinesi. Le due moschee sono state occupate dalle truppe. I coloni hanno svolto le preghiere ebraiche nello spazio di culto islamico, lanciato giochi d’artificio e danzato nella commemorazione del giorno della dichiarazione d’indipendenza (Nakba per i palestinesi), secondo il calendario ebraico. Nei giorni scorsi, i coloni avevano minacciato di portare le bandiere israeliane nel luogo di culto islamico, ma finora questo non è avvenuto. Secondo l’autorità nazionale palestinese, il governo israeliano intende imporre un dato di fatto e dividere gli spazi adiacenti alle moschee tra musulmani e ebrei, come avvenuto alla moschea Ibrahimia di Al-Khaleel (Hebron).

Turchia

La stampa turca svela i piani per l’occupazione di una striscia di confine irachena, come avvenuto in Siria. Gli esperti di Ankara sostengono che ci sia una base giuridica in un accordo del 1926 tra i colonialisti britannici, la monarchia irachena e il governo di Ankara. Sarebbe il riconoscimento di un’occupazione di fatto già esistente. Le truppe dell’esercito turco hanno basi militari in territorio del Kurdistan, compiono incursioni aeree e di truppe di terra, senza neanche avvisare il governo di Baghdad. Il tutto nel nome della foglia di fico della lotta contro il PKK. Le mire territoriali di Erdogan preoccupano gli ambienti politici iracheni che in realtà non sono in grado di opporre ad esse resistenza, né diplomatica, né militare. Le azioni di Ankara hanno l’approvazione di Washington.  

Yazidi

L’esercito iracheno ha comunicato di aver concluso le sue operazioni a Sinjar, cacciando tutti gli elementi armati delle forze di autodifesa. “Non c’è più nessun fenomeno armato nella zona al di fuori del nostro controllo”, scrivono i militari di Baghdad. Non vedono però le basi turche a poche decine di km. La popolazione di molti villaggi yazidi è fuggita cercando riparo nella vicina regione del Kurdistan autonomo. La deputata yazida nel Parlamento di Baghdad, Vian Dakhil, ha chiesto all’esercito di mettere fine alle operazioni militari contro la popolazione, di assistere gli oltre 4000 rifugiati e garantire al più presto il loro ritorno ai luoghi di origine.  

Siria

A Damasco, nella stazione centrale degli autobus, si sono radunati centinaia di familiari di prigionieri politici, in seguito all’annuncio sabato scorso di un’amnistia generale del presidente Assad. Attendono di aver notizie dei loro parenti incarcerati. Alcuni dei detenuti sono in prigione senza processo da oltre 10 anni. Uomini e donne sono ammassati da giorni nelle strade adiacenti e in un giardino in attesa di incontrare i loro cari. Il decreto è generalizzato e comprende tutti coloro che sono stati incarcerati per reati precedenti al 30 aprile 2022 (“senza aver sporcato le mani col sangue dei siriani”), ma è generico e non è stato mai emesso un elenco degli amnistiati. Una speranza che è allo stesso tempo la continuazione della sofferenza, per attivisti e famiglie.

Iraq

La casa di un generale delle forze di sicurezza a Baghdad è stata presa di mira con un razzo, senza fare vittime. Sarebbe stato colpito il muro di cinta della villa. È stata individuata la base di lancio del razzo Katiuscia, ma degli autori per il momento nessuna traccia. In precedenza lanci simili erano diretti contro sedi diplomatiche, basi militari USA oppure contro abitazioni di politici. L’attacco di ieri è legato alla crisi politica ed istituzionale in corso, per impedire le indagini sulle milizie coinvolte nella destabilizzazione del paese.  

Sudan

La crisi nella provincia di Darfur sta scuotendo gli equilibri politici a Khartoum. Un membro civile dell’Ufficio presidenziale, Hadi Idrissi, ha auspicato una commissione internazionale per verificare la verità sui fatti di violenza, delle scorse settimane, che hanno ucciso 176 persone e causato la fuga di 20 mila abitanti verso il confine con il Ciad. La procura generale aveva nominato una commissione locale. Non ci sono, però, le condizioni per un’inchiesta indipendente, perché  le forze statali nella provincia sono costituite dalle truppe di pronto intervento, il nuovo nome delle famigerate milizie Janjaweed, responsabili dei più sanguinosi crimini negli scontri interetnici dei primi anni del secolo. Il governatore del Darfur, Minni Arko Minawi, ha chiesto la consegna dei compiti di sicurezza nelle mani delle forze locali.

Libia

In un rapporto dettagliato, Amnesty International accusa la milizia tripolina denominata “Sostegno alla stabilizzazione”, finanziata dal governo, di essere responsabile di violazioni gravi dei diritti umani. “Uccisioni, arresti ingiustificati, posti di blocco illegittimi, rapimenti e sparizioni coercitive, imprigionamento di migranti sono alcune delle pratiche consuete, compiute con la certezza di sfuggire alla giustizia”.  La milizia, guidata da un civile di nome Abdulghani Kikly, è stata istituita dall’ex premier Sarraj, in contrapposizione alle forze ingaggiate dal ministero dell’Interno, allora tenuto dal suo rivale Basha-Agha. L’instabilità politica ha dato a queste milizie un potere incontrollato e agiscono fuori dalla legge, contro migranti e cittadini libici. Il curriculum criminale di Kikly è noto, ma il suo lavoro sporco è funzionale ai suoi padroni politici del momento. È cambiato il governo, ma restano le milizie ed il loro controllo sul territorio.

Tunisia-Migranti

I corpi di 24 persone sono stati trovati ieri sulla spiaggia nei pressi di Sfax. Sono alcune delle vittime dei naufragi avvenuti nei giorni scorsi, che le onde hanno riportato a riva. Molti altri dispersi sono ancora nei fondali del Mediterraneo. Secondo il portavoce del ministero della Giustizia tunisino, sono 93 i corpi recuperati nel mese di aprile, di persone morte per annegamento durante i tentativi di migrazione.

Approfondimento

Per la giornata mondiale per la libertà di stampa il 3 maggio pubblichiamo l’appello lanciato alla ministra britannica, Patel, per non autorizzare l’estradizione di Julian Assange verso gli Stati Uniti.

Appello dall’Italia per la libertà di Julian Assange

Echi dalla stampa araba n. 15

a cura di Francesca Martino

In questa rubrica riprendiamo in sintesi, ma fedelmente, opinioni, commenti ed editoriali apparsi sulla stampa araba, che valutiamo siano di un certo interesse per il lettore italiano.

La pubblicazione non significa affatto la condivisione delle idee espresse.

Il Sudan sull’orlo del collasso

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un piccolo contributo per noi significa molto. Torna presto a leggerci ed ascoltarci.

==========================================

1 commento

  1. […] Per ascoltare l’audio: clicca qui […]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *