Approfondimenti

19 marzo 2011: Mohammed Nabbous, il giornalista libico assassinato dai cecchini di Ghaddefi

di Farid Adly

19 marzo 2011: ultimo collegamento telefonico di Mohammed Nabbus con la TV Al-Hurra, la morte in diretta audio, poche ore prima del bombardamento dell’aeronautica francese che aveva bloccato l’avanzata della colonna di carri armati delle brigate Gheddafi, che puntavano su Bengasi.  

L’appello lanciato da Mo da Bengasi sotto i bombardamenti delle Brigate Gheddafi, trasmesso in diretta sul canale tv web Livestrem.com:

https://web.archive.org/web/20170113154352/https://www.youtube.com/watch?v=38EXALI60hg

La notizia tv in italiano della sua morte:

Mohammed Nabbous, nato A Bengasi il 27 febbraio 1983 è stato assassinato dai cecchini di Gheddafi, il 19 marzo 2011, alla periferia della sua città mentre stava raccogliendo testimonianze video sulle false dichiarazioni del dittatore sul cessate il fuoco.

Ingegnere informatico laureato in Matematica dall’Università di Bengasi, era noto con il soprannome di “Mo”, fu il fondatore della TV Libya Al-Hurra (Libia Libera), la prima stazione televisiva privata con sede a Bengasi sulla scia della rivoluzione del 17 febbraio in Libia, che ha contribuito alla scintilla della rivoluzione nel paese e alle sommosse popolari in Libia del 2011.

Nabbous è stato ucciso dalle forze fedeli al dittatore libico Muʿammar Gheddafi a Bengasi mentre raccoglieva prove contro le false dichiarazioni di un cessate il fuoco da parte del regime di Gheddafi in risposta alla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

“Ha toccato il cuore di molti con il suo coraggio e spirito indomito. Ci mancherà molto e lascia dietro di sé la sua giovane moglie e un bambino non ancora nato”, ha detto Sharon Lynch, rappresentante di una stazione TV.

Nabbous sarebbe stato colpito alla testa da un cecchino subito dopo aver raccolto evidenze delle false dichiarazioni del regime di Gheddafi relative alla dichiarazione di cessate il fuoco. Nabbous dopo il suo ferimento era rimasto in condizioni critiche, nell’ospedale Al-Jalaa, fino alla sua morte intorno alle 3 del pomeriggio. La moglie di Nabbous, Samraa Naass, ha annunciato la sua tragica morte in un video sulla TV Libya Al-Hurra.

Nel corso degli ultimi giorni e ore della sua vita, Nabbous continuò a raccogliere informazioni attraverso video e fornendo commenti in merito al bombardamento della centrale elettrica di Bengasi e dell’esplosione del serbatoio del carburante del 17 marzo, alle forze di Gheddafi che lanciavano missili su Bengasi dalla vicina cittadina di Sultan il 18 marzo, alla distruzione e agli attacchi contro i civili sempre da parte delle forze di Gheddafi la mattina del 19 marzo, e alla morte delle vittime più giovani di Gheddafi: due bambini uno dell’età di 4 mesi e l’altro di 5 anni uccisi da un missile mentre dormivano nella loro camera da letto la mattina del 19 marzo. Nabbous si domandò: “E se quella fosse stata la nostra casa, e se questa fosse stata la nostra camera da letto?”

Nabbous è stato percepito come il volto della rivoluzione libica e fu una delle prime persone a essere intervistate da giornalisti occidentali subito dopo che Bengasi fu liberata dalle forze del regime, il 22 febbraio 2011, con la fuga rocambolesca in elicottero del figlio del dittatore, Saady, spedito a trattare con i rappresentanti della città. “Non ho paura di morire, ho paura di perdere la battaglia!” è stata una delle prime dichiarazioni di Nabbous dopo aver creato il canale.

Mohammed Nabbous è stato di fatto il primo giornalista a lavorare indipendentemente in Libia dopo il colpo di Stato del ’69 ed il secondo a cadere vittima delle forze del regime, durante la rivolta del 17 febbraio 2011, dopo Ali Hassan al-Jaber, un cameraman di Al-Jazeera.

Ecco cosa ne ha scritto un sito televisivo italiano il 20 marzo 2011:

Mohammad Nabbous è stato il più noto volto del “citizen journalism” libico e firmava i suoi pezzi con il diminutivo “Mo”. È stato lui a fondare, il 19 febbraio, “al-Hurra Tv”, la prima stazione televisiva indipendente, trasmessa su internet e via satellite. Punto di riferimento per i giornalisti stranieri, è stato ucciso proprio mentre raccontava gli sviluppi dell’offensiva delle truppe di Gheddafi sul territorio liberato dalla Rivolta. È stato colpito da un cecchino poco dopo aver trasmesso le immagini filmate con la propria videocamera. La notizia è stata data dalla moglie, Samaraa Naass, attraverso il canale televisivo del marito. La morte di Nabbous segue quella del cameraman di al Jazeera, Ali Hassan al Jaber, ucciso in un’imboscata alle porte di Bengasi. I numerosissimi sostenitori del giornalista ucciso hanno aperto una pagina su Facebook in sua memoria (QUI) che ha già raccolto quasi duemila adesioni, grazie alla disponibilità della moglie, che ha annunciato di voler proseguire nella battaglia a favore dell’informazione e della libertà di stampa, nella quale il marito ha sempre creduto e per la quale è stato vilmente assassinato. E gli stessi sostenitori di Nabbous hanno immediatamente arricchito il suo profilo su Wikipedia, raccontando che era impegnato a raccogliere prove contro le false dichiarazioni di un cessate il fuoco da parte del regime di Gheddafi in risposta alla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La moglie di Nabbous ha annunciato la sua tragica morte in un video sulla TV Libya Al-Hurra. “Voglio far sapere a tutti voi che Muhammed è morto per questa causa e speriamo che la Libia diventerà libera”, ha detto la moglie di Nabbous tra le lacrime. Grazie a tutti. E non smettiamo di fare quello che stiamo facendo finché questo non sarà finito. Quello che ha iniziato deve andare avanti, non importa cosa succede”, ha aggiunto. “Ho bisogno che ognuno faccia tutto quello che può per questa causa. Per favore fate continuare questo canale e mobilitare le vostre autorità. Ci stanno ancora bombardando, stanno ancora sparando e molte persone moriranno. Non lasciate che ciò che Mo iniziato finisca in niente, gente, fate sì che ne valga la pena”, ha esortato tutti coloro che aiutavano la rete e la causa della Libia.

Alla sua morte, Samraa era incinta e il 2 giugno 2011 è nata Mayar Nabbous, che adesso ha quasi 12 anni. Nel dicembre 2012, Matar è stata, insieme alla mamma, presente all’Università di Harvard per ricevere il premio annuale Lewis M. Leon per il giornalismo di coscienza e la trasparenza.

La notizia CNN sulla nascita della figlia, Mayar Nabbous, il 2 giugno 2011: https://web.archive.org/web/20171205143556/http://edition.cnn.com/2011/WORLD/africa/06/05/libya.benghazi.baby/

Ecco un intervento (QUI in arabo) di Smaraa Naass in un convegno sulla libertà di stampa, tenuto a Bengasi il 30 gennaio 2012. Parole profetiche sul tradimento della rivoluzione scippata dalle milizie islamiste e jihadiste, che hanno trascinato il paese in una guerra permanente, saccheggiando gli introiti petroliferi, impoverendo la stragrande maggioranza della popolazione e creando un clima di instabilità.  

La memoria di Mo rimarrà un faro per la battaglia di cambiamento e di libertà, che la stragrande maggioranza dei libici aspira a realizzare in una paese democratico e prospero, lasciando alle spalle queste giorni tristi di contrapposizioni e corruzione.  

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *