Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

(testata giornalistica. Direttore responsabile: Federico Pedrocchi)

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04 maggio 2023

Rassegna anno IV/n. 123 (1010)

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I titoli:

Sudan: I combattimenti continuano malgrado la tregua di 7 giorni annunciata. Attese trattative tecniche indirette in Arabia Saudita.

Palestina Occupata: Un morto e 5 feriti nei bombardamenti israeliani su Gaza.

Libertà di stampa: La regione dei paesi arabi è la più pericolosa per i giornalisti.

Siria-Iran: Firmato da Assad e Raissi un accordo di cooperazione strategica.

Egitto: Un professore universitario detenuto rischia la vita, per il diniego di adeguate cure mediche.

Turchia: I sondaggi danno Erdogan al secondo posto dopo Kilicdaruglo.

Iran: Ancora in carcere le due giornaliste che hanno fatto scoprire al mondo il caso di Zina Mahsa Amini.

Marocco: Una campagna femminile per rivendicare parità e giustizia per le donne.

Le notizie:

Sudan

Una settima tregua inutile. Stamattina Khartoum si è svegliata al suono delle bombe, raffiche e bombardamenti aerei. I generali golpisti trattano con i mediatori internazionali, arabi e africani, ma poi si fanno la guerra sulla pelle dei sudanesi. La tregua virtuale dovrebbe rimanere in vigore per una settimana, durante la quale si dovrebbe organizzare un incontro indiretto “tecnico”, in Arabia Saudita, tra due delegazioni rappresentanti i due belligeranti. Le due delegazioni non si incontreranno, ma si confronteranno a distanza con i mediatori sauditi che si spostano da una sala all’altra per riportare richieste, proposte e risposte.

Il portavoce dell’esercito ha escluso qualsiasi trattativa politica con le forze di pronto intervento, definite “milizie vendute allo straniero”. L’esercito forte della superiorità aerea non intende cedere tempo alle milizie di Hamidati di riorganizzarsi ed ha bloccato tutte le vie di accesso alla capitale per impedire l’arrivo di rinforzi.

Il portavoce delle forze di pronto intervento ha accusato il generale Burhan di essere un golpista al servizio dei gerarchi del vecchio regime. Accuse propagandistiche di tutt’e due le parti, dove il più pulito ha la rogna.

Le milizie stanno compiendo ogni tipo di devastazione in città. Rubano negozi, violano abitazioni private, soprattutto di uomini politici che contrastano questa guerra. Anche l’ufficio culturale saudita, una sede che ha un carattere diplomatico, è stato invaso e devastato da miliziani. Tre camion di aiuti internazionali sono stati sequestrati mentre viaggiavano verso il Darfur. Il Programma alimentare Mondiale ha rivisto la sua decisione precedente di abbandonare il Sudan in seguito all’uccisione di tre operatori; ha mandato una nave di aiuti, ma ha condizionato la distribuzione ad una tregua effettiva e ad un impegno esplicito delle due parti belligeranti di fornire garanzie per il personale internazionale e locale che opera negli aiuti umanitari.

Palestina Occupata

Un morto e 5 feriti, tutti civili, a Gaza in seguito al bombardamento israeliano, poco prima del cessate il fuoco mediato da Egitto, Qatar e ONU. La vendetta limitata di Israele al lancio di razzi verso gli insediamenti israeliani ha causato uno scossone all’interno del governo. Il ministro estremista Bin Gvir ha criticato la linea di Netanyahu che “non è andato fino in fondo” secondo Bin Gvir. Non è mancata la risposta del Likud, che ha invitato il ministro a dimettersi.  Un altro sviluppo non legato alla guerra contro Gaza è il veto di Netanyahu al suo ministro della difesa di visitare Washington, prima che ci sia un invito ufficiale della Casa Bianca allo stesso premier. I rapporti tra Israele e Usa stanno passando una fase delicata, che certamente non incide sulle relazioni strategiche con il totale sostegno economico e militare allo Stato di Israele. L’amministrazione Biden non è soddisfatta della composizione del governo Netanyahu che comprende l’estrema destra. Finora non ha invitato il neo premier di Tel Aviv a visitare ufficialmente Washington, come è stata la consuetudine ogni qualvolta che viene insediato un nuovo governo israeliano dopo le elezioni.

Libertà di Stampa

Il rapporto annuale di Reporters sans Frontieres (RSF) sulla libertà di stampa annovera la zona del nord Africa e il Medio Oriente come quella “più pericolosa per i giornalisti”. Il rapporto si basa su due ricerche, una riguarda l’analisi quantitativa dei casi di violazione dei diritti all’informazione, in tutti i 180 paesi del mondo studiati, e la seconda ricerca qualitativa è un’indagine conoscitiva delle opinioni di centinaia di esperti dell’informazione (accademici, giornalisti e attivisti per i diritti umani) in risposta ad un centinaio di domande.

Siria-Iran

La visita del presidente iraniano Raissi a Damasco prosegue anche oggi in mezzo a dichiarazioni ottimistiche, malgrado i morti e le distruzioni che hano causato le 12 anni di guerra. È stato firmato un accordo di cooperazione strategica che lega la Siria e la sua economia a quella iraniana, con linee di credito speciali e forniture di petrolio. Un indebitamento di Damasco che non sarà senza la contropartita, cedendo un pezzo di sovranità nazionale alle milizie iraniane che sono presenti nel paese e sono state quelle che finora hanno garantito l’equilibrio del terrore nelle zone siriane controllate dagli Assad.

Egitto

51 organizzazioni per i diritti umani hanno rivolto al governo egiziano un appello per garantire cure mediche adeguate al detenuto politico Salah Sultan. In una sua lettera trapelata dal carcere di Badr 1, ad est del Cairo, Sultan si lamenta del maltrattamento subito e del diniego di prestazioni sanitarie specialistiche per curare i suoi malanni. “Si teme per una sua morte improvvisa”, si legge nell’appello lanciato da Human Rights Watch e dalle altre organizzazioni internazionali e egiziane. Sultan è un professore universitario di diritto islamico ed ha insegnato negli Stati Uniti per oltre 10 anni. È stato arrestato nel settembre 2013 al Cairo ed è stato condannato all’ergastolo in un processo collettivo, senza rispetto per la difesa individuale.    

Turchia

I sondaggi elettorali preoccupano il neo sultano Erdogan. Mentre i suoi deputati e organi di stampa affiliati al partito islamista al potere vanno dicendo che la sua elezione è sicura dal primo turno, le analisi degli istituti turchi indipendenti sono unanimi che arriverà al secondo posto dopo Kemal Kılıçdaroğlu: 49,3% contro 42,4%. Nessuno dei due sfidanti arriverà alla vittoria nelle presidenziali del 14 maggio dal primo turno. Gioca a favore del candidato dell’attuale opposizione la forte coalizione di 6 partiti e la rinuncia del Partito Democratico dei Popoli (HDP), che rappresenta le istanze dei curdi, a presentare un proprio candidato. Crisi economica, svalutazione della lira e ritardi nei soccorsi durante il terremoto del 6 febbraio hanno eroso il consenso all’attuale presidente ed al suo partito, da 20 anni al vertice del potere ad Ankara.

Iran

Dall’assassinio di Zina Mahsa Amini in un commissariato di polizia, il 16 settembre 2022, in Iran sono stati arrestati 72 giornalisti, 25 dei quali sono ancora in carcere. Sono tutti arresti coercitivi “per aver fatto il loro lavoro di informazione”, scrive Reporters sans Frontiere nel suo rapporto in occasione della giornata internazionale per la libertà di informazione, il 3 maggio. La maggior parte dei giornalisti arrestati in Iran sono donne e tra di loro vi sono Niloofar Hamedi e Eloheh Mohammadi, le due reporter e fotografa che hanno dato per prime la notizia del ricovero in ospedale e la morte della 22enne curda. Le due giovani giornaliste, insieme alla sorella della seconda, Nerges Mohammadi, hanno vinto il premio dell’UNESCO  Guillermo Cano World #PressFreedom Prize (Vedi).

Marocco

10 organizzazioni femminili marocchine hanno lanciato una campagna per la modifica delle leggi del codice penale e di famiglia per mettere fine alle discriminazioni e violenze subite. La campagna è partita martedì con una conferenza stampa molto partecipata nella quale sono state presentate le idee e le modalità di diffusione capillare dei concetti di uguaglianza di genere. Un clip di una canzone di una giovane rapper e le dichiarazioni di 8 artiste marocchine famose. La campagna ha preso il titolo con l’hashtag in dialetto marocchino: #BghathaLwa9t, che significa “è ora il tempo di cambiare”. Le 8 organizzazioni si dichiarazione deluse dalle determinazioni finora decise dal governo e dal parlamento in materia di uguaglianza ed equità dii genere e soprattutto nel contrasto alla violenza contro le donne. “Per sensibilizzare l’opinione pubblica e creare un consenso popolare alle nostre rivendicazioni ci siamo rivolte a 8 donne dell’arte e dello spettacolo per lanciare il nostro appello”.  (Il comunicato in francese).

Notizie dal mondo Sono passati 14 mesi e 8 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.

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