Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

(testata giornalistica. Direttore responsabile: Federico Pedrocchi)

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04 luglio 2023

Rassegna anno IV/n. 184 (1071)

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I Titoli:

Palestina Occupata: Macelleria israeliana a Jenin. 5000 famiglie cacciate dalle loro case, per radere al suolo il campo profughi. 11 morti palestinesi e 80 feriti in ospedale. Distrutto il pronto soccorso, una moschea e il teatro.

Sudan: Si combatte casa per casa a Khartoum. Pulizia etnica a Niala, in Darfur.

Siria: Il governo giordano tratta con Damasco il ritorno dei profughi siriani ospitati nei campi.

Egitto: 100 deputati britannici chiedono al loro governo di intraprendere iniziative diplomatiche per la liberazione di Alaa Abdel-Fatttah.

Tunisia: Scontri tra cittadini e migranti, sedati dalla polizia a suon di lacrimogeni.

Marocco: Israele ricatta Rabat. “No vertice di Abramo, no  riconoscimento della sovranità sul Sahara Occidentale”.

Le notizie:

Palestina Occupata

La macelleria di Netanyahu. Il premier israeliano ne aveva la necessità, per salvare il suo governo. L’operazione è stata avviata il giorno della grande manifestazione all’aeroporto di Tel Aviv, che così è stata fatta fallire.

A Jenin 10 palestinesi uccisi e un altro vicino a Ramallah. 80 i feriti ricoverarti ma ci sono altre centinaia che non ricevono cure, per la responsabilità dell’esercito israeliano che impedisce i soccorsi. Una guerra guerreggiata contro un popolo che rivendica la libertà. Bombe dagli elicotteri sui quartieri e sul campo profughi, bulldozer che hanno spianato case e il pronto soccorso dell’ospedale. Le ambulanze impedite di raggiungere i feriti. Le famiglie del campo sono state raggiunte dai servizi di sicurezza israeliani, sui telefonini, per imporre l’evacuazione dei civili prima della demolizione delle case sulle loro teste. In modo di isolare i centri della resistenza armata e distruggerli. 5000 famiglie hanno lasciato il campo. La stampa israeliana scrive falsamente che la popolazione è uscita dalle case di propria volontà, nel timore di rimanere intrappolati tra i due fuochi. Dalla furia delle truppe di Tel Aviv non si è salvata neanche la moschea, in parte distrutta. Il teatro della città è stata ridotto in ceneri dalle bombe incendiarie israeliane.

L’impotente Autorità palestinese, collusa con i servizi di sicurezza israeliani, “condanna” inutilmente l’attacco israeliano e chiede inascoltata “la protezione internazionale del popolo palestinese”. I massimalisti di Hamas e Jihad Islamica sparlano, da Gaza, di resistenza con la pelle degli altri. L’Onu timida invita le parti a “ridurre la tensione”, l’UE osserva in silenzio e gli Stati Uniti sostengono Israele e annunciano la fornitura di una terza squadriglia di F35. La Lega araba riunisce oggi un’assemblea dei delegati che sicuramente condannerà ipocritamente l’operazione israeliana, mentre molti paesi arabi e islamici fanno affari con Tel Aviv e collaborano con essa nel settore della sicurezza.

Sudan

Si intensificano gli scontri ad Omdurman, la zona ad ovest del Nilo della capitale sudanese.  I combattimenti si svolgono casa per casa e le truppe di Pronto intervento sono state costrette a ritirarsi alla periferia, da dove colpiscono con l’artiglieria le postazioni dell’esercito a Bahri, la parte nord di Khartoum. Una situazione militare che non promette una fine celere della guerra.

Nel Darfur, le milizie di Hamidati hanno avviato una nuova offensiva a Niala, dove parlano in un loro comunicato di “tribunali militari sul campo, per l’esecuzione dei traditori del popolo”. Uno sviluppo gravissimo che trasformerà il conflitto tra i due generali in pulizia etnica.

Siria

Il ministro degli esteri giordano, Safady, si è incontrato a Damasco con il presidente siriano, Assad, per discutere del rimpatrio dei profughi siriani in Giordania. La guerra civile in Siria ha provocato la fuga di metà della popolazione fuori confini o sfollati interni. Tra questi un milione e trecentomila sono finiti nei campi profughi in Giordania. Il regno teme per la situazione economica e di sicurezza interne e preme su Damasco per il ritorno programmato e condiviso in modo di garantire l’incolumità dei rimpatriati. Il regime degli Assad concentra l’attenzione sul compimento del servizio militare dei giovani maggiorenni e chiede finanziamenti dei paesi della Lega araba per il reinserimento sociale ed economico dei rimpatriati.

La Siria, dopo 12 anni di isolamento diplomatico arabo è stata riammessa nella Lega araba, lo scorso maggio, durante il vertice di Gedda, in Arabia Saudita, al quale ha partecipato lo stesso macellaio di Damasco in persona.

Egitto

100 deputati britannici hanno scritto una lettera al ministro degli esteri di Londra per chiedere un intervento diplomatico a favore di Alaa Abdel-Fattah, l’attivista egiziano imprigionato al Cairo dal 2019. Abdel-Fattah è anche un cittadino britannico. Si è svolta ieri davanti alla sede del governo una manifestazione di Amnesty, con la partecipazione della madre dell’attivista egiziano. I deputati hanno letto il testo della lettera ed hanno stigmatizzato il fatto che finora non ci sia stata nessuna visita al carcere, dov’è detenuto l’attivista, da parte di un diplomatico britannico.

Tunisia

Scontri s Sfax tra cittadini tunisini e migranti subsahariani. La polizia è intervenuta con il lancio di lacrimogeni per separare i due gruppi. Non ci sarebbero feriti, secondo un comunicato della polizia. La rissa sarebbe avvenuta per futili motivi, le avance di un migrante nei confronti di una ragazza tunisina, ma lo sfondo è quello della crisi economica nella quale vive il paese, che scatena la guerra tra poveri. Sfax è il principale porto di partenza dei migranti sulle carrette della morte per tentare di raggiungere le coste italiane. La presenza massiccia di migranti ha provocato reazioni xenofobe da parte della popolazione, soprattutto dopo il discorso del presidente Saied che accusava i migranti subsahariani di portare criminalità e di far parte di un fantomatico piano di “sostituzione etnica”.

Marocco

Il ministro degli esteri israeliano ha ricattato il Marocco sul riconoscimento della sovranità nel Sahara Occidentale. Rabat aveva rinviato il vertice dei paesi cosiddetti dell’accordo di Abramo, “a causa della repressione israeliana nei territori palestinesi occupati”. In una conferenza stampa ha affermato che Israele deciderà la sua posizione durante lo svolgimento del prossimo la riunione in Marocco dei ministri degli esteri del sodalizio del Negev, in riferimento al primo incontro del marzo 2022 dei quattro paesi arabi (Egitto, Bahrein, Emirati e Marocco), Israele e USA. La dichiarazione del ministro israeliano sottintende che senza lo svolgimento del vertice, non ci sarà il riconoscimento israeliano della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale. Un sottile ricatto che rende il riconoscimento di Israele da parte di Rabat un operazione a gratis, anzi molto proficua per i contratti firmati di acquisto di armamenti israeliani da parte del Marocco.

Notizie dal mondo: Sono passati 16 mesi e 9 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Due droni sono stati intercettati e abbattuti nella regione di Mosca, un terzo nella regione di Kaluga, a sudovest della capitale russa. Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Medvedev dice che un’”apocalisse nucleare” è non solo possibile ma “abbastanza probabile”. 

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1 commento

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