Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.

Direttore responsabile Federico Pedrocchi)

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Rassegna anno IV/n. 303 (1190)

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Appello

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Editoriale:

La politica estera della Casa Bianca e la situazione internazionale sembrano assomigliare molto, in questa fase preelettorale, al periodo della presidenza Carter. Nel dicembre 1979 l’Urss ha invaso l’Afghanistan, nel precedente febbraio era caduto il regime dello Scià in Iran e ne era seguita la crisi degli ostaggi, con il fallito blitz del 24 aprile 1980 per liberarli. Il ruolo degli Stati Uniti, come prima potenza mondiale, aveva subito colpi destabilizzanti non indifferenti agli occhi dell’elettore medio. E Carter è passato alla storia della Casa Bianca come il primo presidente (eletto) in carica che non viene rieletto (il suo predecessore Gerald Ford, anche lui non rieletto, era salito alla carica di presidente in sostituzione di Nixon cacciato dalla Casa Bianca per lo scandalo del Watergate). L’ultimo gruppo dei 52 ostaggi statunitensi nelle mani dei pasdaran iraniani sono stati liberati dopo 441 giorni di prigionia, con la mediazione algerina, il giorno di insediamento di Ronald Reagan.

Il clima che si respira alla Casa Bianca in questi giorni rievoca quella debacle: il caustico ritiro dall’Afghanistan, l’invasione russa in Ucraina e la crisi attuale in Medio Oriente, che rischia di allargare il conflitto in

tutta la regione. Gli Stati Uniti non comandano più nel mondo. Malgrado il sostegno bipartisan dei democratici e repubblicani alla politica aggressiva di Israele, le immagini che provengono da Gaza, dove i bambini vengono trucidati con le bombe made in USA, hanno fatto perdere il consenso ai democratici di molti neo elettori tra i giovani.  

Molti analisti arabi spiegano l’accanimento di Biden, nell’ostentare il totale sostegno politico, diplomatico, economico e militare ad Israele, con questa esigenza di garantire la propria rielezione.

Contrariamente all’impressione che si potrebbe ricavare ascoltando la leadership dei partiti democratico e repubblicano, sembra esserci una rottura del consenso a questa politica di totale sostegno acritico nei confronti di Israele. Lo si è visto nelle manifestazioni contro la guerra nelle università e le mobilitazioni per il cessate-il-fuoco dei progressisti nelle comunità ebraiche.  Secondo un sondaggio Cbs/YouGov pubblicato qualche giorno fa, oltre il 55% degli statunitensi disapprova la gestione del conflitto finora adottata da Biden.

Sono segnali premonitori della dipartita dei democratici dalla presidenza degli Stati Uniti ed il ritorno del populismo di destra?

Le molte somiglianze tra il 1980 e oggi, malgrado la conflittualità, la dicono lunga sul mutuo soccorso delle correnti delle destre nel mondo islamico con quelle nei paesi Nato.   

Le notizie:

Genocidio a Gaza

Pulizia etnica. Ancora bombe sui civili a Gaza. I caccia di Tel Aviv hanno bersagliato l’ospedale Sadaka per la cura dei malati di cancro e distrutto decine di case sulla testa delle famiglie che vi abitavano. Minacciata di bombardamento e poi distrutta la casa di una giornalista di AI-Jazeera che trasmette da Khan Younis. I generali di Tel Aviv non vogliono testimoni dei loro crimini a Gaza.

I civili di Gaza sono presi in ostaggio della macchina di guerra di Israele per costringere Hamas alla resa. Ma il movimento islamico non controlla a Gaza neanche la distribuzione del pane. La triste conta delle vite spezzate è sempre più struggente: “Almeno 124 operatori sanitari sono stati uccisi e 25 ambulanze sono fuori servizio a causa degli attacchi israeliani e della mancanza di carburante nell’enclave assediata” ha scritto il ministero della Sanità palestinese. 8.306 palestinesi sono stati uccisi a Gaza, tra cui 3.457 bambini, da quando Israele ha lanciato attacchi aerei il 7 ottobre. Nel frattempo, il bilancio delle vittime nella Cisgiordania occupata è salito a 329 palestinesi da gennaio – 117 dal 7 ottobre.

L’esercito israeliano sostiene di essere entrato nella terza fase dell’operazione via terra: l’avanzamento nell’interno del tessuto urbano di Gaza. Due carri armati sono entrati nella strada Salahuddin, ma poi

sono stati costretti al ritiro. Cosa che la propaganda israeliane non racconta, ma che quella palestinese ha documentato con video lanciati sui social e ripresi dalle emittenti arabe.

Per contrastare gli effetti psicologici del video delle prigioniere sull’opinione pubblica interna israeliana, il governo Netanyahu ha diffuso la dubbia notizia della liberazione di una soldatessa, prigioniera nelle mani di Hamas. Il nome della ragazza non era incluso nell’elenco ufficiale israeliano degli ostaggi ed è stato aggiunto soltanto dopo la notizia della sua liberazione. Inoltre sul suo account social è stato pubblicato un commento il 13 ottobre, una settimana dopo l’irruzione di Hamas nelle colonie israeliane. Molti israeliani sui social hanno messo in dubbio la versione dell’esercito e del governo. “Operazione per sollevare il morale”, hanno commentato. Il movimento palestinese ha smentito l’operazione ed ha negato di averla mai catturata.

La soverchiante forza militare israeliana finirà per rioccupare la striscia di Gaza, con un bilancio di perdite nelle proprie file che l’attuale governo israeliano non potrà supportare. Si tornerà alla fase precedente al 2005, ma per il dopo, Netanyahu non ha nessuna idea su come gestire la fase futura se non quella di cacciare la popolazione nel Sinai, con gravi conseguenze per i rapporti con l’Egitto. Il governo Netanyahu ha chiesto ai governi europei di far pressione su Al-sissi di accettare il passaggio dei profughi di Gaza in Sinai. E quaranta anni del falso “processo di pace” andranno nel dimenticatoio.

Il movimento Hamas alza la voce anche contro i paesi arabi che hanno relazioni con Israele. “è una vergogna che nei cieli delle capitali arabe sventoli ancora la bandiera israeliana. Chiediamo a tutti i paesi arabi che hanno ambasciatori a Tel Aviv di richiamarli”, ha detto un esponente islamista in un video. Ma i vari governi, nel timore dell’ira di Stati Uniti e paesi Nato, fanno orecchi da mercante.    

Prigioniere

Ci rifiutiamo di pubblicare il video delle 3 prigioniere israeliane nelle mani di Hamas, reso noto ieri dal movimento palestinese. Queste donne sono innocenti e non devono essere sottoposte a queste condizioni di prigionia. Comprendiamo il loro stato d’animo dopo 23 giorni dalla cattura, ma sentiamo il peso e la responsabilità di assecondare l’uso dei civili come arma di guerra. La condanna, che abbiamo espresso chiaramente, dei bombardamenti israeliani e dei loro massacri compiuti contro uomini, donne e bambini civili palestinesi, non può offuscare la vista di ogni amante della pace e della convivenza. Abbiamo il coraggio di dire no a questa detenzione dei civili israeliani e di altre nazionalità nelle mani della resistenza palestinese. Chiediamo la loro liberazione.

Lo scambio di prigionieri di guerra si fa tra militari.  

Cisgiordania e Gerusalemme est

La situazione in Cisgiordania occupata si aggrava di giorno in giorno. I rastrellamenti sono quotidiani e sistematici e la chiusura delle città e villaggi è ermetica. La popolazione è rinchiusa all’interno e non può muoversi a causa dell’assedio dell’esercito. Le irruzioni armate dei coloni per occupare case e terreni dei palestinesi nelle vicinanze degli insediamenti illegali non cessano. Gli attacchi militari israeliani più violenti sono avvenuti ieri a Jenin e Nablus. A Gerusalemme est un ragazzo palestinese è stato assassinato dalle forze di occupazione con il pretesto di un tentativo di accoltellamento.

Libano

L’esercito israeliano ha bombardato due cittadine libanesi di confine, Aita Ashab e Blida. Hezbollah ha lanciato missili contro le basi militari israeliane nel nord di Israele.   

Bombardamenti aerei israeliani con bombe incendiarie sui boschi e zone agricole libanesi sulla linea di demarcazione. L’artiglieri di Tel Aviv ha sparato per allontanare le unità della protezione civile libanese che tentavano di spegnere le fiamme divampate nei boschi.

Un’inchiesta di Reporters san Frontiere ha rivelato che i due missili telecomandati, sparati a pochi secondi di distanza contro l’auto dei giornalisti, provenivano dal territorio israeliano e che l’attacco era deliberato contro l’auto della stampa vistosamente segnalata dalle scritte PRESS da tutti i lati e sul tetto. Nell’attacco era stato ucciso l’inviato della Reuters, di nazionalità libanese, Issam Abdallah, e feriti altri sei giornalisti. Il video di RSF.

Il premier Miqati ha detto che il Libano è nell’occhio del ciclone, ma il suo governo sta tentando di evitare il coinvolgimento in una guerra generalizzata. L’esercito libanese ha annunciato di aver individuato 21 rampe di lancio incustodite e le ha sequestrate, per evitare che vengano utilizzate contro il territorio israeliano.

Siria

Lancio di razzi sul campo petrolifero di Coneco nella provincia di Hasaka e sulla base militare statunitense presente a protezione del giacimento. La risposta delle truppe Usa non è tardata e quattro caccia sono decollati nei cieli di Deir Azzour, da dove sono partiti i razzi, e hanno bombardato le basi delle milizie iraniane filo governative. Non si conoscono le perdite delle due parti. Questi attacchi sono collegati alla guerra israeliana contro la popolazione di Gaza, per la quale il cosiddetto “Fronte della Resistenza” (cioè Hezbollah libanese, Siria, Iran, Houthi yemeniti e milizie sciite irachene) accusa gli Stati Uniti di essere i principali responsabili.

ONU

Una seduta straordinaria del Consiglio di Sicurezza su richiesta degli Emirati arabi uniti, uno dei paesi arabi che dal 2020 hanno rapporti diplomatici con Israele. La relazione del rappresentante dell’UNRWA è esplicita nello spiegare il sistematico attacco contro ospedali, strutture umanitarie e giornalisti. “Metà della popolazione è stata costretta a sfollare ed è sottoposta di continuo a bombardamenti per fuggire altrove. Nessun posto a Gaza è sicuro”. Il dipartimento di Stato USA si è espresso contro qualsiasi cessate-il-fuoco a Gaza e la dichiarazione è stata pronunciata dopo la visita del ministro della difesa saudita, Khaled Bin Salman, a Washington, che aveva chiesto una tregua umanitaria.  

Sud Africa

Il presidente sudafricano ha chiesto all’ONU di garantire la protezione della popolazione civile di Gaza. In particolare ha chiesto alle Nazioni Unite l’invio e il dispiegamento nella Striscia di Gaza di un contingente militare dell’ONU al fine di proteggere la popolazione civile, accusando Israele di violare il diritto internazionale con i suoi bombardamenti indiscriminati e il blocco dell’acqua, del cibo e del carburante.

Sudan

Continua l’offensiva delle forze di pronto intervento (RSF) ad ovest della capitale. Dopo la conquista do Niyala, capoluogo del Darfur meridionale e seconda città sudanese, il portavoce delle milizie ha sostenuto che è stato occupato l’aeroporto di Baleela, a sud ovest della capitale Khartoum. L’aeroporto militare ha un’importanza strategica per il controllo di Darfur e Kordofan e la sua perdita rappresenterebbe una debacle non indifferente per le forze armate. I lavoratori del vicino campo petrolifero sono stati evacuati a causa dei duri combattimenti. Questi sviluppi avvengono mentre a Gedda sono riprese le trattative indirette con la mediazione di Arabia Saudita e Stati Uniti.

 Notizie dal Mondo

Sono passati 20 mesi e 6 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.

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