di Luigi Vinci


Ho conosciuto Massimo Gorla nel 1962, fu Silvana Barbieri a presentarmelo. Ricoprivo, su proposta di Michelangelo Notarianni, il ruolo di Segretario della FGCI di Sesto San Giovanni, allora conosciuta come la Stalingrado italiana, era, infatti, un concentrato di grandi fabbriche: Magneti Marelli, Falck, Breda. Il massimo di felicità, per me. Da qualche tempo frequentavo alcuni giovani operai di Sesto e, ogni tanto, partecipavo alle loro riunioni e, come ex studente, mi trattavano all’inizio come fossi Lenin; poi, un po’ alla volta, siamo diventati amicissimi.
Mi buttai a lavorare coprendo di volantini tutt’e quattro i turni di lavoro (mattina presto, mattina ore otto, pomeriggio e sera), mi impegnai continuamente in riunioni, propaganda, manifestazioni di avvicinamento di massa alle grandi fabbriche, e, incontro dopo incontro, siamo diventati amicissimi. Con il Partito comunista, sebbene facessi parte della Segreteria milanese, non c’era la stessa sintonia d’intenti. Ero in una grossa crisi: non mi convincevano l’approccio del partito alle fabbriche, non mi piaceva la politica rivendicativa della Cgil, perché, secondo me, non riusciva a tenere conto dei profondi mutamenti in senso fordista
avvenuti nell’organizzazione del lavoro, né del grande ringiovanimento della classe operaia connessa al boom industriale.
Dell’esistenza di trotzkisti in quel di Milano, o altrove nel mondo, nessuna cognizione o supposizione. Solo qualche incontro casuale con compagni vicini ai Quaderni Rossi, venuti a trovarmi a Sesto, molto intelligenti e interessanti, molto in sospetto da parte dalle componenti PCI più rudi e settarie. Ricordo con grande simpatia Sergio Bologna. Non era facile individuarli, i compagni della IV Internazionale, in Italia e in molti altri paesi, avevano deciso di iscriversi ai partiti della sinistra, (il famoso “entrismo”), soprattutto nel Pci, ma
anche nel Psi, ma senza mai dichiararsi, essendo considerati dal partito degli eretici o peggio, dei provocatori. Il loro obbiettivo era, attraverso la presenza nei grandi partiti della sinistra, sviluppare correnti di sinistra anticapitalista, emancipate dalla concezione dello stalinismo senza, però, derive socialdemocratiche.
A Milano, all’epoca, i trotzkisti erano un centinaio di persone, più o meno attive. Erano quadri politici, quasi clandestini, molto interessati a quello che stava accadendo dentro le fabbriche. Massimo Gorla era uno dei massimi dirigenti, faceva parte della Segreteria della IV insieme a Livio Maitan e a personalità prestigiose come Ernest Mandel e Pierre Frank, quest’ultimo era stato tra i segretari di Lev Trotzkij. Il suo impegno era concentrato sulle fabbriche, in modo particolare la Sit Siemens, una fabbrica moderna dove lavoravano migliaia di giovane operaie, e dove Silvana, la mia compagna, era una combattiva delegata sindacale. Fu lei
a parlarmi della IV Internazionale e a presentarmi Massimo. Una figura notevole di intellettuale, un militante preparato e determinato. Non era solo un teorico, ma andava davanti alle fabbriche a parlare con gli operai, ad ascoltare i loro problemi e a cercare di affrontarli. Era anche un bell’uomo, affascinante ed allegro, sapeva parlare in meneghino e cantare le canzoni di Jannacci. Ma soprattutto era una brava persona. La qual cosa, non è così facile in politica.
Anche io e Silvana eravamo critici sulle posizioni del Partito, soprattutto nei riguardi della Federazione milanese, troppo condizionata dall’amendolismo, incapace di cogliere le novità che arrivavano dalla Cuba di Fidel Castro, dal Che e dalla Cina. Eravamo insoddisfatti anche delle posizioni attendiste e rinunciatarie dal sindacato e decidemmo di tentare un percorso rivoluzionario insieme ai compagni della IV.
Fu Silvana a parlarmi di loro e a farmi decidere ad incontrarli. Prima “Rebo” (Giovanni Rabotti NdR) e immediatamente dopo Massimo. Dapprima incerto, ma pure curioso, ne ascoltai interessanti ragionamenti di cui non sapevo nulla, ma che mi colpirono, avendo già un po’ toccato con mano il comportamento frequentemente burocratico-autoritario, oppure manovriero, oppure settario, di pezzi d’apparato del PCI di vario livello. Un incontro
casuale con Sergio Bologna mi porterà ad approfondire un mio disagio, il fatto, cioè, del modo facilmente gerarchico di rapporti tra gruppi dirigenti e base sociale giovanile e operaia. Lessi i neonati Quaderni Rossi, un’ulteriore interessante eresia. Ulteriori discussioni con Silvana Barbieri, e poi con lei più Massimo e Maitan. Infine, decisi di aderire, neo-entrista, alla Quarta Internazionale.
Ingenuamente, parlerò con simpatia, nella Segreteria milanese della FGCI, della necessità di alzare vieppiù il tiro dello scontro sociale, della valorizzazione politica superiore di una gioventù operaia che esprimeva una volontà propria, e di riflettere sulla tragedia ungherese del 1956. Mi licenziarono in tronco. Fu allora che, assieme a parecchi compagni fuoriusciti dal Pci anche perché basiti del trattamento che mi era stato riservato dal partito, a Massimo Gorla e Mario Mosca della Pirelli costruimmo un’Associazione politico-culturale portatrice di normali compagni comunisti, di cattolici di sinistra, trotzkisti, socialisti di sinistra,
sindacalisti CGIL e CISL. L’Associazione poi dovrà essere rapidissimamente trasformata in associazione politica tendenzialmente partitica, essendo esploso improvvisamente il ’68. Da qui nasce, il mini-partito Avanguardia Operaia, rapidissimamente cresciuto e come tale diventato, nel nord, la maggiore organizzazione rivoluzionaria di nuova sinistra a livello nazionale, la seconda, prevalendo Lotta Continua.
Purtroppo, alcuni compagni trotzkisti preferirono rimanere gruppo specifico mentre il grosso
dell’Associazione, Massino Gorla in primis, creò l’Organizzazione Comunista Avanguardia Operaia. Una separazione che fu, al tempo stesso, civile e dolorosa.
Costituimmo, e Massimo ne fu la figura di maggior rilievo, un circolo politico-culturale indipendente, il Manifesto (niente a che vedere con la futura omonima rivista) che riuscì a intercettare, come Tendenza, una notevole quantità di quadri di fabbrica e studenti universitari. Contribuimmo, sia io che Massimo, alla nascita della bella rivista la Sinistra, direzione Lucio Colletti. E, grazia a Silvana, con l’appoggio esterno di Massimo, durante la vertenza per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, fummo gli artefici
del primo Consiglio di fabbrica del ciclo in corso di lotta di classe, quel Comitato di sciopero che fu il punto di partenza per la nascita dei CUB. La reazione del Pci fu decidere la nostra “eliminazione” politica. In preparazione del Congresso il partito mandò da Roma a Milano Mario Alicata che ci impallinò. L’unico a cui fu concesso intervenire durante il congresso di federazione fu Massimo.


L’entrismo aveva dato il massimo, adesso bisognava capire cosa fare. Nell’aria c’erano segni che qualcosa stava per succedere, e infatti arrivarono prima il 1968 degli studenti e poi il biennio rosso operaio. Era arrivato il momento di costruire organizzazione. Nacque così Avanguardia operaia. Non tutti i compagni della IV ci seguirono in questa impresa, Massimo sì e, in particolare a lui e a Mario Mosca, si deve la creazione alla Pirelli del primo CUB, Comitato Unitario di Base. Massimo non era d’accordo a chiamarlo così: “Perché unitario? Unitario con chi?”, si chiedeva e aggiungeva. “Questa è un’azione di rottura”.
“Unitario con i lavoratori”, gli aveva risposto Mario. E così fu. Ciclostilammo il volantino e, l’indomani mattina, congelati, eravamo tutte e tre davanti ai cancelli della fabbrica a distribuirlo al primo turno. Fu un successo, era quello che gli operai attendevano, volevano lottare. Fu un esempio contagioso, in pochi mesi i Cub si moltiplicarono nelle aziende di Milano.
Molto deve Avanguardia operaia alla cultura, all’esperienza politica, alla costanza e determinazione di Massimo. Ricordo discussioni accanite e appassionate, i suoi contatti internazionali e le sue visioni ampie del fare politica e anche alla sua fermezza e gentilezza, da autentico gentiluomo. Abbiamo lavorato nella stessa direzione per molti anni, anche dopo la dissoluzione di Ao con la nascita di Dp. Le nostre strade si separeranno quando, allo scioglimento di Dp, io decisi di continuare con Rifondazione comunista, Massimo
no.
Continuo a pensare che sia sempre stato una brava persona.

Milano, gennaio 2024.

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