Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

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Direttore responsabile Federico Pedrocchi)

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Rassegna anno IV/n. 351 (1238)

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Le notizie:

Genocidio a Gaza

Bombardamenti su tutte le città e i campi profughi di Gaza. Combattimenti in diverse località, in particolare a Khan Younis, Jebalia e Sheja’ie. 170 corpi sono stati estratti da sotto le macerie, ma molti rimangono ancora sotto. Almeno 100 sono sotto le macerie a Jebalia, che non è stato possibile raggiungere con le ambulanze, perché la zona è accerchiata dalle truppe.

In una casa bombardata a Jebalia la scorsa notte sono rimaste uccise 35 persone assassinate nel loro letto. La maggioranza erano donne e bambini, alcuni neonati. I soccorsi sono avvenuti a mani nude per mancanza di attrezzi meccanici.

A Khan Younis, 17 perone sono morte in un bombardamento su una casa abitata da una famiglia allargata.

A Nuseirat, sono 25 i morti sotto le macerie di una serie di palazzine rase al suolo dalle bombe israeliane, poco prima della mezzanotte.

È stato preso di mira anche l’ospedale Nasr, dove è stato colpito il reparto di pediatria. Una bambina, ferita in un precedente bombardamento, è morta e decine di altri feriti tra i ricoverati.

Intanto, continua il blackout delle comunicazioni telefoniche e dei servizi internet a Gaza in quello che, finora, è il periodo più prolungato dall’inizio della guerra. Le due compagnie principali della Striscia, Paltel e Jawall, hanno annunciato la fine dei servizi “a causa dell’aggressione” israeliana all’enclave palestinese lo scorso giovedì pomeriggio e da allora è scattata l’interruzione. 

L’esercito israeliano ha scoperto un tunnel lungo 4 km nella zona del nord della Striscia.

Sepolti vivi

L’autorità nazionale palestinese chiede alla CPI di indagare sulle operazioni israeliane nell’ospedale “Kamal Adwan”, di Beit Lahia, dove oltre alla distruzione di alcuni reparti, sono state spazzate via le tende degli sfollati nel cortile e nei giardini dell’ospedale seppellendo vivi alcuni sfollati feriti, che non si potevano muovere e fuggire. Ci sono immagini e testimonianze che avvalorano questa accusa e inchiodano le truppe dell’occupazione alle loro responsabilità.

Attacco alla Chiesa

La Chiesa cattolica della Santa Famiglia, a Gaza city, è stata presa di mira dai cecchini dell’esercito israeliano. 2 donne assassinate e altre sette ferite. Nahida e Samar, madre e figlia, sono state colpite dai cecchini che circondano la chiesa, luogo di ricovero di centinaia di sfollati. Il parroco, Padre Gabriel Romanelli, ha detto che la situazione era particolarmente pericolosa dopo il ferimento il giorno prima di tre persone nella chiesa latina. “Le persone uccise le conosco molto bene, sono cattoliche impegnate nel lavoro sociale della chiesa”. Il parroco spiega alla Radio Vaticana che le altre sette persone ferite sono in condizioni critiche perché non ci sono cure nella chiesa, e non è stato possibile trasferirle in ospedale. “La Croce rossa – dice padre Romanelli– ha risposto che la strada per la chiesa è pericolosa a causa della presenza di cecchini dell’esercito, che non risparmiano neanche le ambulanze”.

Il ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani, ha rivolto un appello ad Israele di non colpire le chiese. Una posizione assurda, perché discriminatoria sulla base della fede, anche perché il ministro non aveva fatto nessun appello simile quando sono state colpite moschee, ospedali, scuole e quartieri residenziali. Leggi la critica della relatrice speciale dell’ONU, Francesca Albanese (Qui)

Prigionieri

Il leader politico palestinese Marwan Barghouti è stato trasferito ma non si sa in quale carcere israeliano si trovi attualmente. Lo denunciano l’organizzazione per i diritti dei prigionieri politici palestinesi, un ong indipendente, insieme all’ente pubblico per gli affari dei detenuti (ANP). Scrivono: “è stato trasferito da Ofer, ma non è stata comunicata la sua destinazione”. Barghouti è in isolamento da diversi mesi, molto prima dell’inizio dell’invasione israeliana di Gaza. Ai suoi legali è stato detto che era stato trasferito ad Ayalon-Ramla, ma lì la direzione del carcere ha negato di fornire qualsiasi informazione.

I parenti dei prigionieri israeliani in mano palestinese hanno compiuto una grande manifestazione a Tel Aviv, sostenuti da migliaia di persone solidali che chiedono un cessate il fuoco e dare priorità alla trattativa per riportare a casa i loro cari. “Li vogliamo indietro vivi, non nelle bare”, hanno gridato. I manifestanti hanno bloccato la strada principale che collega Tel Aviv con Gerusalemme. La loro protesta sarà permanente con un presidio fisso davanti alla sede del governo.

Il governo israeliano è diviso sulla trattativa. Netanyahu vuole proseguire la guerra. Nella riunione di ieri ha letto una lettera scritta dai familiari dei soldati morti in combattimento a Gaza che incitano a continuare fino in fondo la battaglia e a non tradire il sacrificio dei loro figli. Galant e Gantz invece propendono per una trattativa che riporti a casa i militari prigionieri in mano di Hamas e Jihad islamica. La missione del capo del Mossad a Oslo, dove si è incontrato due giorni fa con il premier del Qatar, non sembra abbia portato risultati concreti.

Il vice presidente di Hamas a Gaza, Yahia, ha dichiarato che non ci sarà nessuna trattativa con il governo Netanyahu prima di una tregua definitiva e fine dell’aggressione.

Cisgiordania e Gerusalemme est

Nel campo Nour Shams, a Tulkarem, 5 assassinati che portano il numero totale delle vittime in Cisgiordania nella giornata di ieri a 9 giovani.

A Rantees, a nord ovest di Ramallah, un palestinese ha accoltellato un soldato in un supermercato.

A Hawwara, un giovane palestinese è stato colpito da una pallottola di guerra esplosa dai soldati.

Libano

I caccia israeliani hanno bombardato diversi villaggi e città del Libano meridionale. Tre combattenti di Hezbollah sono rimasti uccisi. Dal sud Libano sono partiti 6 missili teleguidati che hanno colpito diversi obiettivi militari israeliani nel nord Galilea e Golan occupato.

Il ministro della guerra di Tel Aviv, Galant, ha minacciato il Libano di aspettarsi la stessa sorte di Gaza, se non smetteranno gli attacchi di Hezbollah.

Diplomazia

La ministra degli esteri francese, Catherine Colonna, è stata ieri in visita in Israele per chiedere il cessate il fuoco permanente. Ha sentito parole dure di un’arroganza senza pari dal ministro israeliano Kohen, che si è eretto a maestro di diplomazia e di politica internazionale, denigrando le istituzioni internazionali come l’ONU e le sue agenzie. “Chi chiede il cessate il fuoco è amico di Hamas”, ha sentenziato.

Il massimo dell’ipocrisia invece lo hanno raggiunto i due ministri degli esteri di Germania, Annalena Baerbock, e di Gran Bretagna, David Cameron. Hanno scritto un articolo a quattro mani per The Times (QUI), nel quale parlano della necessità di un cessate il fuoco permanente a Gaza, “anche di fronte al numero elevato di bambini uccisi che duole il cuore”. Aggiungono anche che “si deve assolutamente mettere le basi per una soluzione della questione palestinese, con la prospettiva dei due stati”, dove però Hamas non dovrà avere un ruolo. Per concludere alla fine che “non è possibile proporre nell’immediato un cessate il fuoco umanitario prima della disfatta di Hamas”.

Per mantenere rapporti con i paesi arabi e musulmani, sparano un titolo per il cessate il fuoco permanente, ma sottintendono che ciò avverrà soltanto dopo la definitiva conclusione della guerra israeliana contro la popolazione di Gaza. Guerra alla quale hanno dato un forte contributo in armi e in sostegno politico al macellaio Netanyahu. Lacrime di coccodrillo.

Sudan

Si sono rinnovati per il terzo giorno consecutivo i combattimenti tra esercito e milizie a Wadi Madany, a sud di Khartoum, capoluogo della provincia di Al-Jazira. Le milizie stanno conquistando terreno e sono all’offensiva. L’esercito che ha tuttora il controllo della città sta compiendo raids aerei sulle zone orientali occupate dalle milizie. Secondo testimoni locali, tra le due parti sono in corso furiosi combattimenti con l’artiglieria. La città è stata nei mesi passati meta di migliaia di sfollati da Khartoum, che adesso si devono incamminare di nuovo verso sud.

Solidarietà Internazionale

Global Strike 18 dicembre 2023 in sostegno della popolazione e per un cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza. Anche in Italia ci saranno molte iniziative: Qui.

Notizie dal Mondo

Sono passati 21 mesi e 24 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.

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