La musica e la censura hanno una lunga e travagliata storia. Potere politico e religioso hanno condizionato la morale pubblica in senso ristrettivo, una sorta di cappa che avvolge le menti degli ascoltatori spettatori. Negli anni settanta , anche una canzone d’amore poteva essere censurata, come successe a Mina per la canzone “L’importante è finire” (1975), per i contenuti ritenuti “proibiti” del testo. Censura a radio e tv Rai che non hanno impedito, il successo del brano.

Di un altro tipo di censura è stato il caso del concerto della PFM a favore della Palestina, l’8 gennaio 1976, al Palasport di Roma. Una censura economica e di blocco della carriera artistica sulla scena internazionale. Nobile gesto quello della PFM, ma la band – in procinto di effettuare un grande tour nel Nord America con artisti del calibro di Peter Frampton, Santana, Chicago -, si vide “revocato” il contratto, perché molti manager americani di origine israeliana non videro di buon occhio questo schierarsi a favore del popolo Palestinese. Chapeau agli artisti della Premiata per la loro coerenza! La loro grandezza musicale non è stata scalfita da quella censura vergognosa.

Al Festival di Sanremo attualmente in corso il cantane Ghali ha presentato una canzone dal titolo “Casa mia” (Ascoltala da QUI) . Lui l’ha presentata in un’intervista a “Canzoni e Sorrisi” come un dialogo immaginario con un extraterrestre. Le parole di una strofa dicono:

“Adesso c’è una sparatoria
Baby scappa via dal dancefloor
Sempre stessa storia
Di alzare un polverone non mi va (va)
Ma, come fate a dire che qui è tutto normale
Per tracciare un confine
Con linee immaginarie bombardate un ospedale
Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane”.

Il senso di colpa di qualche ipocrita gli ha fatto leggere nelle parole “bombardate un ospedale” un riferimento diretto al genocidio in corso a Gaza e, quindi, una critica ad Israele.

Un certo signore di Milano si è preso la briga di scrivere un comunicato-delirio che non manca di accusare che questa canzone incita all’antisemitismo. Dove l’ha letto? E poi come al solito la richiesta alla RAI di censurare. Leggiamo sul Manifesto di oggi:

“In un festival dove si fa molta attenzione a non toccare temi «sensibili», la guerra entra attraverso l’appello per il cessate il fuoco pronunciato dopo la sua esibizione da Dargen D’Amico. Un tema a cui si riferisce anche Ghali, parlando dei «bombardamenti sugli ospedali per un pezzo di terra», frase contenuta nella sua canzone Casa mia”. (vedi anche l’appello degli artisti a Sanremo pubblicato sulla nostra testata: (QUI)

Alle critiche da parte filo israeliana, il cantante italiano di origine araba risponde pacatamente riaffermando il ruolo della Cultura a fianco degli ultimi. Ecco quanto riportato dal Manifesto:
“GHALI risponde all’accusa: «Sto leggendo in rete appelli, commenti, rispetto al testo della mia canzone. Sono venuto a Sanremo per portare un messaggio, non ho né il ruolo né l’ambizione di risolvere una questione internazionale. Ma se la mia esibizione porta a ragionare sull’irragionabile, se la mia canzone porta luce su quello che si finge di
non vedere allora ben venga. Non si può andare oltre. È necessario prendere una posizione
perché il silenzio non suoni come un assenso».

Nella polemica – scrive il Manifesto – entra anche Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, coordinamento di Unione Popolare: «inaccettabile la richiesta di censura. Non vi è nulla di antisemita nel denunciare i crimini che sta commettendo l’esercito israeliano. Forse i detrattori di Ghali non se ne sono accorti ma la stessa Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha ritenuto plausibile l’accusa
di genocidio nei confronti di Israele».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *