di Antonino d’Esposito

Benché l’arabo e i suoi dialetti echeggino dalle rive marocchine dell’oceano Atlantico fino a quelle del Golfo Persico, passando ovviamente per tutta la costa meridionale del Mediterraneo, nella letteratura araba contemporanea il mare fa capolino poche volte, specialmente nei testi disponibili in italiano. Finiti i tempi di Sindbad il marinaio, delle glorie navali dell’impero ottomano – di cui, loro malgrado, la maggioranza degli arabofoni erano sudditi – e le scorribande dei pirati algerini, le lettere arabe sembrano aver voltato un attimo le spalle alle rive per impegnarsi altrove.

Hanna Mina (1924-2018), uno degli scrittori siriani del ‘900 più importanti, deve probabilmente alla sua città natale, la costiera Latakia, l’attenzione che riserva al mare nei suoi scritti. Dopo gli esordi realisti, Mina raggiunge la notorietà con La vela e la tempesta (tr. Italiana di M. A. Aprile, Jouvence, 2002): le vicende del porto della città e dell’umanità che lo abita vengono narrate sullo sfondo dei grandi sconvolgimenti storici della metà del secolo, la Seconda Guerra mondiale, l’indipendenza del paese e la nascita del nazionalismo. Grande protagonista resta però il mare, descritto con intensa liricità che diventa metafora della vita; “una bella storia di pescatori che ingaggiano contro la furia del mare una continua lotta per la sopravvivenza”, così lo descrive Isabella Camera d’Afflitto nel suo importantissimo testo sulla letteratura araba contemporanea (Letteratura araba contemporanea, Carocci, 2007). Seguiranno poi altri tre romanzi a tema marittimo (L’ancora nel 1975, Storia di un marinaio nel 1981 e L’albero maestro nel 1982), non tradotti, in cui la gente di Latakia, legata al mare, è lo specchio di un paese multietnico e multi religioso che sfida le forze della natura.

La crociera, nel senso originario di questa tipologia di vacanza, ossia quella fatta a bordo di eleganti navi frequentata solo dall’alta borghesia, e non l’attuale modello consumistico di città galleggianti, è lo spunto narrativo di due romanzi di due autori molto diversi. La nave (tr. italiana di M. Falsi, Jouvence, 2002) esce nel 1969 dalla penna di Giabra Ibrahim Giabra (1919-1994), palestinese naturalizzato iracheno, scrittore, ma anche artista figurativo. La crociera, partita da Beirut e poi, via via, approdata in diversi porti del Mediterraneo, e il mare diventano una metafora per parlare della terra che tutti i crocieristi, in un modo o nell’altro, hanno perso e portano dentro di sé. In giro per i caffè del Mediterraneo (tr. italiana di I. Camera d’Afflitto, Abramo Editore, 1996) è invece opera del tunisino Ali al-Du’agi (1909-1949), uno degli autori arabi più originali e anticonformisti. Siamo qui di fronte a una sorta di diario di viaggio autobiografico, riferito a una crociera fatta dallo scrittore nel 1933, che prende vita sotto forma di appunti sparsi delle città visitate, soprattutto site nel Mediterraneo occidentali, tra le quali figura anche Napoli. Due crociere che seguono linee vettoriali opposte, insomma, ma che ci restituiscono un’immagine coeva di un mar Mediterraneo solcato da un’umanità in cerca di se stessa a bordo di piroscafi che non abbiamo più la fortuna di ammirare.

Più recentemente, nel 2022, è toccato alle rive del Golfo Persico giungere fino a noi con un romanzo particolarmente struggente che è un inno d’amore al mare e al passato marinaresco del Kuwait, spazzato via dall’industrializzazione seguita alla scoperta dei giacimenti di petrolio. al-Najdi, storia di un marinaio (tr. italiana di Antonino d’Esposito, MReditori) di Taleb Alrefai ricostruisce, romanzandolo, l’ultimo giorno di vita di Ali al-Najdi, personaggio realmente esistito, uno degli ultimi capitani della marina mercantile del piccolo stato. Lungo i capitoli, scanditi dal passare delle ore di questa giornata fatale che al-Najdi trascorre con due amici in una battuta di pesca, i continui flash back ci permettono di seguire la vita dell’eroe dalla più tenera infanzia, da quando, bambino, sentì la voce del mare chiamarlo con imperativo, al pari di una sirena: “Vieni!”. al-Najdi legherà indissolubilmente la sua esistenza al mare e quindi lo vedremo salpare alla volta dei traffici commerciali verso l’Africa orientale o l’India, oppure al seguito delle navi dei pescatori di perle. Un romanzo che è al contempo un inno d’amore e un attacco di archeologia e di salvaguardia di una memoria culturale kuwaitiana, offuscata, se non cancellata, ormai da decenni a causa dell’industria petrolchimica.

Questo breve excursus marittimo, sulle onde dei romanzi arabi che hanno come protagonista il mondo marino, oltre a essere un invito alla lettura per la stagione balneare alle porte, ci mostra ancora una volta quanto poco sia rappresentata in Italia una delle letterature più sconfinate al mondo. Nella speranza di poter leggere sempre di più, si segnala, per chi vuole approfondire, il volume 2 – summer 2019 – della rivista inglese specializzata in letteratura araba Arablit Quarterly, interamente dedicato al tema The sea.

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