Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

31 ottobre 2021

Rassegna anno II/n. 123

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I titoli

Sudan: َQuattro milioni per le strade e le piazze di molte città per protestare contro il golpe del generale Burhan. 3 morti e un centinaio di feriti per le pallottole dell’esercito .

Siria: Erdogan prepara l’invasione della zona curdo-siriana per prendere Kobane, simbolo della lotta contro il fu falso califfato.

Yemen: Un’auto imbottita di tritolo è esplosa davanti all’aeroporto di Aden.

Afghanistan: La guerra silenziosa tra taliban e Daiesh-Khorasan.

Libano: Le monarchie del Golfo espellono gli ambasciatori libanesi.

Le notizie

Sudan

Milioni di persone sono scese nelle piazze e per le strade delle principali città sudanesi per dire no al golpe militare. “Indietro non si torna!”, “Burhan dimettiti!”, queste sono le parole d’ordine più pronunciate. Le misure restrittive intraprese dall’esercito e della polizia, come la chiusura di tutti i ponti sul Nilo e il blocco di internet e telefonia cellulare, non hanno inibito la gente dal partecipare. Le immagini riprese dai droni mostrano un fiume di gente in piena che ha rispettato le direttive del sindacato e dei partiti progressisti, per rivendicare pacificamente il ritorno alla democrazia. La polizia e l’esercito hanno sparato, malgrado le rassicurazioni del generale Burhan. Secondo fonti mediche ci sono stati tre morti e un centinaio di feriti colpiti da armi da fuoco militari.

Le comunità sudanesi nel mondo hanno organizzato manifestazioni di solidarietà con i democratici e di condanna del colpo di Stato.

Il popolo sudanese vuole “Pace, libertà e giustizia” e si è stretto attorno al sindacato ed ai partiti democratici e progressisti, scendendo in piazza in massa e con il massimo di autocontrollo.

I golpisti sono stati sconfitti politicamente e non hanno altri pretesti per continuare la loro arrogante azione di disprezzo degli interessi generali, nel nome dei quali dicono di aver agito. Devono liberare tutti i politici e gli attivisti arrestati e tornare nelle caserme. La loro narrazione è miseramente scaduta. Sono stati smascherati di fronte alle diplomazie internazionali, alle Nazioni Unite ed alle organizzazioni per i diritti umani. Ma trovano ancora sostegni segreti da parte di potenze regionali, Egitto e Arabia Saudita in primo luogo.

Non lasciamo le forze democratiche sudanesi sole. Il momento della solidarietà è ora!

Siria

L’esercito turco sta preparando un’offensiva su larga scala nel nord est della Siria, regione sotto l’amministrazione curda. Ankara avrebbe già fatto affluire 30 mila soldati turchi e miliziani islamisti siriani per un’operazione che mira alla presa di controllo della zona ad est dell’Eufrate e di Kobane, città simbolo della lotta contro il fu falso califfato. Dal valico di frontiera di Bab Al-Hawa sono transitate in questi giorni colonne di mezzi militari che trasportavano carri armati e artiglieria pesante. Due giorni fa il Parlamento di Ankara ha approvato la proroga dell’autorizzazione al presidente Erdogan di usare l’esercito in missioni militari nel nord della Siria e Iraq. Il governo di Damasco ha condannato duramente – a parole – le decisioni turche, “perché minacciano la pace nella regione”, secondo quanto ha riportato l’agenzia stampa SUNA, citando il comunicato del ministero degli esteri siriano.

Nel pomeriggio di ieri, missili israeliani lanciati dal Golan siriano occupato hanno colpito alcune postazioni nella provincia di Damasco. Secondo fonti dell’esercito sarebbero stati feriti 6 soldati e che la maggior parte dei missili sarebbe stata intercettata e distrutta prima di raggiungere terra.

Yemen

Un’auto imbottita di dinamite e bombole di gas è esplosa davanti all’ingresso principale dell’aeroporto di Aden: 12 morti e decine di feriti tutti civili, secondo quanto riportato in un comunicato del ministero dell’interno. Il governo accusa i ribelli Houthi che hanno respinto ogni addebito. La stampa locale sostiene che dietro questo attacco terroristico potrebbero esserci gli autonomisti sud yemeniti che si battono per la secessione.

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Afghanistan

Una manifestazione di donne afghane si è svolta ieri per le strade di Kabul. Col volto scoperto ed i capelli avvolti in un foulard hanno attraversato il centro della capitale, per protestare contro la povertà dilagante e per rivendicare il ritorno al lavoro.

Nell’est del paese, nella provincia di Nangarhar, si assiste ad una carneficina silenziosa. Tutti i giorni vengono ritrovati corpi di persone uccise con una pallottola in testa, per impiccagione oppure sgozzate. Vengono buttati sul ciglio della strada da ignoti, senza rivendicazione, ma con in tasca un biglietto scritto a mano che li accusa di essere appartenenti a Daiesh (Isis). Molti pensano che dietro questi efferati delitti ci sia la mano dei taliban. Il capo dei servizi di sicurezza della città di Jalalabad, capoluogo della provincia, Dottor Rasheed, respinge ogni responsabilità ed arriva addirittura a negare l’esistenza di Daiesh in Afghanistan. In un’intervista ha affermato: “Daiesh è nata in Siria ed in Iraq. Non esiste in Afghanistan. Abbiamo vinto contro una coalizione di 53 nazioni, non ci preoccupiamo per un piccolo gruppo di traditori”. In realtà Daiesh-Khorasan è nato nel 2015 ed era formato da fuoriusciti dei taliban afghani e pakistani ed ha compiuto in diverse zone del paese attacchi terroristici contro la comunità Hazar di confessione sciita.

Libano

Il Kuwait ha seguito le orme di Arabia Saudita e Bahrein, ha richiamato il proprio ambasciatore a Beirut ed espulso quello libanese. Gli Emirati, invece, si sono limitati a ritirare il proprio rappresentante diplomatico. La crisi con i paesi del Golfo è scaturita da alcune affermazioni rilasciate in televisione, nel mese di agosto, dall’attuale ministro libanese dell’informazione, George Kardahi. Aveva detto che in Yemen i ribelli Houthi difendono il loro paese e che le truppe saudite avrebbero dovuto ritirarsi. Kardahi è stato nominato ministro soltanto all’inizio di questo mese. Il premier Miqati ha preso le distanze dalle parole del suo ministro, che “non rappresentano la posizione del governo” e ha sottolineato che sono state pronunciate da cittadino, molto prima dell’incarico pubblico. L’uragano messo in campo dalle monarchie del Golfo in realtà ha una funzione politica ben precisa: indebolire Hezbollah nella politica interna libanese e colpire l’egemonia iraniana.

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