Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
31 Luglio 2021
Rassegna anno II/n. 31
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I titoli
Afghanistan: Si combatte a Herat ormai assediata dai taliban. Era la sede del contingente italiano.
Siria: Una mediazione dei militari russi riporta la calma a Daraa, capoluogo della regione meridionale.
Tunisia: È ancora lontano un governo in carica. Arrestati per incitamento alla violenza 4 esponenti islamisti.
Libia: Aperta al traffico civile la strada costiera, chiusa dal 2019.
Golfo: Colpita da un drone nel Golfo una petroliera noleggiata da una società israeliana.
Palestina Occupata: A Beita, proiettili dell’esercito israeliano contro il lancio di pietre dei giovani palestinesi.
Le notizie
Afghanistan
Si inasprisce lo scontro in Afghanistan. I miliziani taliban hanno attaccato a Herat, uccidendo un agente e 5 civili. Tra gli obiettivi dove si sono svolti i combattimenti c’è anche una sede dell’ONU. Decine di famiglie sono fuggite dalle zone degli scontri e secondo il racconto di testimoni oculari, raggiunti per telefono, i jihadisti stanno chiudendo il cerchio d’assedio attorno alla città. Herat è il capoluogo della provincia presidiata dalle truppe italiane, prima del loro ritiro lo scorso giugno.
Siria
A Daraa, nel sud al confine con la Giordania, è entrata in vigore una tregua non dichiarata dopo la mediazione dei militari russi, che hanno intavolato incontri non diretti con l’esercito siriano e i capi delle milizie. Gli scontri nella mattinata di ieri avevano provocato la morte di 5 persone tutti civili, caduti nei reciproci bombardamenti con l’artiglieria sui quartieri abitati. La strada che collega Damasco al confine con la Giordania, che si sarebbe dovuta inaugurare oggi, è stata occupata da miliziani armati per diverse ore. Il conflitto nelle province meridionali covava da tempo sotto le ceneri. Dopo la conferma della rielezione del presidente Bashar Assad, Damasco si è rimangiata le promesse di una tregua che mantenesse lo status quo con il centro della città, capoluogo autogestito da un comitato popolare, e le periferie sotto il controllo dell’esercito. Malgrado le immagini e i video postati sui social, la TV di Stato smentisce le notizie sull’instabilità nelle province meridionali.
Tunisia
A sei giorni dal congelamento del Parlamento e la cacciata del governo, non c’è ancora un nuovo esecutivo. Il presidente Saied ha nominato un suo consigliere a ministro dell’Interno ed ha rimosso un funzionario capo responsabile dei servizi di sicurezza nominato dal governo Msheishi. In un discorso televisivo, Saied ha assicurato che il suo non è un colpo di Stato e che lui non si trasformerà in dittatore: “Nessuno è stato arrestato. Esercito e polizia sono lì a difendere le istituzioni e non a reprimere”. Nel suo discorso ha ribadito che la ripresa economica del paese passa dalla lotta contro la corruzione, per garantire risorse agli investimenti e all’occupazione. Un tasto sensibile per ottenere consenso popolare, ma in mancanza di un governo in carica non è chiaro come il presidente con tutti i tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario, concentrati nelle mani di un solo uomo, possa trasformare le parole in realtà. Il partito islamista Ennahda sembra adeguarsi alla nuova fase; il leader Ghannouchi in un’intervista ha espresso la disponibilità a trovare un compromesso con il presidente. Ieri quattro esponenti del partito, compreso un deputato, sono stati arrestati con l’accusa di incitamento alla violenza davanti alla sede del Parlamento. L’azione giudiziaria è stata intrapresa dopo la diffusione di video che mostravano i 4 alla testa dei gruppi di protesta. In base al decreto presidenziale, i parlamentari sono stati privati per un mese dell’immunità.
Libia
La commissione “5+5”, costituita da militari libici dell’LNA (Haftar) e del GNA (governo di unità nazionale), ha affermato che da oggi la strada costiera che collega Tripoli e Bengasi è aperta anche nel tratto tra Misurata e Sirte, chiuso al traffico civile dal 2019. Il percorso tra Abugrain (ad ovest di Sirte) e il posto di blocco km 30, ad est, sarà gestito da una commissione mista e verrà vietato il passaggio di veicoli militari. La Commissione ha raccomandato al governo unitario di “accelerare la partenza dei mercenari e delle truppe straniere presenti sul territorio nazionale”. Sia il premier Dbeiba, sia il generale Haftar hanno salutato con soddisfazione l’evento, rimarcando sul concetto che l’unità tra i libici garantirà lo sviluppo pacifico del percorso istituzionale che prevede le elezioni politiche e presidenziali il prossimo 24 dicembre. Non sfugge a nessuna delle parti libiche che il ritorno alla normalità non potrà avvenire se rimarranno 20 mila mercenari stranieri, ingaggiati dalle due parti.
In un altro sviluppo, si è registrata ieri l’uscita della prima intervista di Seif Islam Gheddafi, figlio dell’ex dittatore libico. Il New York Times ha pubblicato un reportage sulla Libia nel quale presenta l’incontro a Zintan, nell’Ovest della Libia, del giornalista statunitense, Robert F. Worth (fotografie di Jehad Nga) con quello che doveva essere l’erede del colonnello. Nell’intervista Seif Islam allude alla possibilità di una sua candidatura a guidare il paese “per riunificarlo”. La Corte Penale Internazionale ha reagito all’intervista smentendo le dichiarazioni dello stesso Seif, nelle quali sosteneva di aver ripianato la propria posizione con la giustizia internazionale: “Seif Islam è ancora ricercato e nei suoi confronti è in vigore un mandato di cattura internazionale”. Secondo diversi esperti libici l’intervista è avvolta in un mistero, perché le foto che la corredano sembrano non di Seif Islam, ma del fratello Saady che dovrebbe trovarsi in carcere nelle mani delle milizie tripoline.
Golfo
La guerra segreta tra Iran e Israele è diventata una sfida aperta. Una petroliera gestita da una società israeliana è stata colpita da un drone, che ha provocato la morte di due persone, un britannico e un rumeno. L’attacco è avvenuto giovedì sera mentre la nave si trovava al largo dell’Oman. La tv iraniana Al-Aalam ha detto che “l’attacco è la risposta all’aggressione contro l’aeroporto di Dhabaa”, in Siria, compiuto dagli israeliani una settimana fa e dove sono rimasti uccisi due miliziani iraniani. Secondo la società marittima israeliana, che aveva in affitto la petroliera, la nave stava viaggiando da Zanzibar a Fujaira, per il carico di greggio, quindi al momento dell’attacco era vuota. Questa è la quinta nave, che ha un qualche collegamento con Israele, che viene colpita nella zona del Golfo. Almeno una decina di navi iraniane nel Golfo, nel Mediterraneo e nel Mar Rosso sono state colpite da droni o da siluri e si ipotizza che dietro quegli attacchi ci sia la marina di Tel Aviv. È la prima volta che c’è una rivendicazione esplicita benché fatta dai media e non dalle autorità iraniane. Si attendono le reazioni di Israele, Gran Bretagna e Romania.
Palestina Occupata
Gli scontri tra i manifestanti e le truppe di occupazione israeliane in Cisgiordania sono praticamente quotidiani. 270 palestinesi sono rimasti feriti in due episodi: a Beita, nei pressi di Nablus, mentre manifestavano contro un insediamento di coloni ebrei israeliani su terreni del villaggio; a Beit Amer durante i funerali del giovane ventenne ucciso dai soldati di Tel Aviv giovedì. La Mezzaluna Rossa informa che sette feriti sono stati colpiti da pallottole militari, 50 da quelle coperte di gomma e gli altri da lacrimogeni lanciati ad altezza d’uomo.