Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

18 ottobre 2021

Rassegna anno II/n. 110

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I titoli

Migranti: Ventuno dispersi nel Mediterraneo al largo delle coste tunisine.

Algeria: Commemorazione per le vittime della strage di Parigi di 60 anni fa.

Libano: A due anni dalla nascita del Movimento, la gente torna in piazza contro la corruzione e per rivendicare il lavoro.

Sudan: Un golpe strisciante contro il governo Hamdouk.

Yemen: Rischio fame per 16 milioni di yemeniti.

Siria: Riprendono oggi a Ginevra le riunioni per la nuova Costituzione.

Le notizie

Migranti

Malgrado le condizioni meteorologiche non favorevoli, le carrette della morte continuano a salpare sia sulla rotta mediterranea sia su quella atlantica. In Tunisia, la Guardia Costiera ha recuperato due corpi e salvato 7 persone al largo delle coste di Al-Mahdie. I dispersi sono 21 e le ricerche finora condotte non hanno portato buone notizie per la loro sorte. Secondo il racconto dei superstiti, i migranti sono tutti cittadini tunisini e tra di loro ci sono anche dei minori. Il Ministero dell’Interno ha comunicato che nei primi 9 mesi del 2021 sono stati riportati in Tunisia 22 mila migranti fermati in mare, mentre tentavano di raggiungere le coste italiane.

Sulla spiaggia di El Aaiun, nel Sahara Occidentale, la polizia marocchina ha bloccato tre barche con a bordo 35 persone, provenienti da altri paesi africani, nel tentativo di raggiungere le isole spagnole delle Canarie.

Algeria

È stato osservato un minuto di silenzio in tutte le città e villaggi algerini, per commemorare le vittime dell’eccidio di Parigi del 17 ottobre di sessant’anni fa. In quella data del 1961, L’FLN aveva indetto a Parigi una manifestazione contro il colonialismo e per l’indipendenza dell’Algeria. La polizia, sotto la guida del prefetto Maurice Papon, sparò sulla folla provocando una strage. Almeno 200 algerini furono uccisi ed i loro corpi gettati nella Senna. Un crimine contro l’umanità per il quale la Francia non ha ancora chiesto scusa. Il presidente algerino Tabboun ha dichiarato che questo minuto di silenzio sarà rispettato ogni 17 ottobre. I rapporti diplomatici tra Parigi ed Algeri sono in fase di tensione, proprio sulla questione storica e sulle colpe del colonialismo. Il presidente Macron ha posto una corona di fiori nel luogo della strage, ma non ha chiesto scusa, parlando di una carneficina inopportuna.

Libano

Si sono svolte ieri a Beirut ed in altre città libanesi delle manifestazioni per commemorare l’inizio del Movimento contro la corruzione, nato il 17 ottobre del 2019. Il Movimento rivendica una legge elettorale che garantisca ad ogni persona un voto su base nazionale e non etnico-confessionale. Il tema che si è imposto è quello dello Stato di diritto, dopo le pressioni politiche per l’allontanamento del giudice Bitar, incaricato dell’inchiesta sulla strage del porto. La sparatoria di giovedì scorso, contro i manifestanti sciiti davanti al Palazzo di Giustizia, ha condizionato la partecipazione alla protesta di ieri; infatti non c’erano folle oceaniche come nella prima fase precedente alla pandemia. La determinazione e la grinta, però, sono sempre le stesse, espresse nello slogan: “Tutti vuol dire tutti, siete corrotti!”.

Sudan

Continuano le proteste in Sudan contro il governo guidato dal premier Hamdouk. Nella capitale, un sit-in permanente davanti al Palazzo presidenziale esprime esplicitamente le sue simpatie per l’ala militare e chiede le dimissioni di Hamdouk “per allargare la maggioranza”. La stessa parola d’ordine è stata espressa dal generale Burhan, nel suo incontro di due giorni fa con il premier. In Darfur e in Port Sudan invece i manifestanti avanzano rivendicazioni autonomiste locali e protestano contro il carovita. Hamdouk ha fatto sapere che non intende dimettersi e che spetta alla “Coalizione delle Forze per il Cambiamento” decidere il futuro del governo, sottintendo che i militari non possono dettare l’agenda politica. La proposta dell’ala militare, che ha rovesciato la dittatura di Omar Bashir dopo i moti di protesta di due anni fa, è quella di far ritornare al governo i partiti ex alleati del deposto dittatore.

Yemen

L’Ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) ha emanato un comunicato sulla situazione della fame in Yemen. Secondo l’OCHA, 16,2 milioni di persone sono in stato di insicurezza alimentare, fase che precede la fame. È la conseguenza diretta della perdurante guerra e della svalutazione della moneta locale. A causa dell’aumento dei prezzi molta gente non ha la possibilità di acquistare il cibo. Lo scorso luglio, l’ONU ha lanciato un appello ai paesi donatori per la raccolta di 3,85 miliardi di dollari, così da garantire l’assistenza a quasi due terzi della popolazione. Quella yemenita è una tra le più gravi crisi umanitarie a livello mondiale, ma il conflitto, per l’implicazione dell’Arabia Saudita e dell’Iran, non gode l’attenzione necessaria delle cancellerie internazionali per silenziare le armi.

Siria

Riprendono oggi a Ginevra le riunioni delle delegazioni siriane per la nuova Costituzione. Lo ha annunciato l’inviato speciale ONU, Pedersen, il quale si è incontrato ieri con i capi delle delegazioni: governativa e opposizione. Il negoziato per stilare la nuova Costituzione prevede la partecipazione anche di una delegazione della società civile. Il governo ha bloccato da luglio l’attività di riforma, dopo i successi militari. Il negoziato è ripreso dopo una visita di Andersen a Mosca. Lo stesso inviato speciale dell’ONU è convinto che questo negoziato, anche se necessario, non è sufficiente per far uscire il paese dalla crisi: invasioni militari straniere, embargo economico occidentale e rifiuto dei jihadisti di un processo negoziale sono gli elementi che rendono questo percorso costituzionale superfluo agli occhi della gente, che non sa come garantire il pane per i figli, cioè metà della popolazione.

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