Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

02 novembre 2021

Rassegna anno II/n. 125

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I titoli

Siria: Imminente operazione militare turca nel nord est della Siria sotto il controllo dei combattenti curdi.

Sudan: La disobbedienza civile rafforza la posizione delle forze progressiste nella trattativa per la “ritirata” dei golpisti.َ

Israele: Per una decisione di Trump sono disponibili sul web le foto delle centrali nucleari di Tel Aviv.

Iraq: Condannato alla pena capitale l’assassino di due giornalisti a Bassora.

Etiopia: Appello alla popolazione da parte del presidente Abiy a prendere le armi per resistere all’avanzata del Fronte tigrino.

Libano: Il governo rimane in carica, malgrado il ricatto saudita.

Algeria: il canale televisivo internazionale all news ha iniziato le trasmissioni.

Le notizie

Siria

Fonti delle milizie siriane filo turche hanno anticipato notizie sull’imminente attacco delle truppe di Ankara contro la zona curda nel nord est del paese. Le milizie islamiste sono state messe in allerta per partecipare all’offensiva. L’esercito turco mira a svuotare dalla popolazione curda una striscia di 30 km lungo il confine, per creare posto alla colonizzazione del territorio con i profughi siriani attualmente rifugiati in Turchia. Il neo sultano ha già barattato il silenzio di Mosca con un atteggiamento passivo di fronte all’offensiva di Damasco nella provincia di Idlib. È stato registrato inoltre il ritiro delle truppe governative di Ain Issa, sulla linea di una delle due direttrici del possibile attacco turco. Dopo l’incontro di Erdogan con Biden a Roma, sembra che ci sia anche un disimpegno di Washington dal rispetto degli accordi che avevano portato alla partecipazione attiva dei curdi nella battaglia contro Daiesh. Già nel 2018 e 2019, l’amministrazione Trump aveva scaricato i curdi ritirando le proprie unità speciali che presidiavano i confini della provincia di Hasaka, permettendo all’esercito di Ankara di compiere le sue tre operazioni militari precedenti.

Sudan

Continuano, ad una settimana dal golpe, le manifestazioni di protesta e gli scioperi. Sono in corso anche le mediazioni per trovare una via d’uscita, ma c’è un forte timore tra i partiti progressisti. La disponibilità alla trattativa indiretta da parte dei militari si pensa che sia una tattica per imporre il fatto compiuto. I segnali lanciati dal generale Burhan sono ambigui: da una parte mostra determinazione con le dichiarazioni sulla formazione di un nuovo governo entro una settimana e dall’altra si registrano passi confusi, come il rilascio e poi l’arresto degli uomini dell’ex dittatore Omar Bashir. Due i fatti positivi della giornata di ieri: non ci sono stati morti nelle manifestazioni e la parziale apertura del porto di Port Sudan, occupato in precedenza dalle forze autonomiste locali.

Il premier Hamdouk è ancora sotto gli arresti domiciliari, ma non cede alle pressioni dei militari. Per il ritorno alla testa del governo chiede, secondo quanto dichiarato dal suo ufficio: 1) la liberazione di tutti gli arrestati; 2) il ristabilimento delle condizioni precedenti al golpe; 3) l’applicazione degli accordi per la fase transitoria. Quest’ultima condizione equivale alla consegna della presidenza ad una personalità civile e le dimissioni del generale Burhan che copre attualmente la carica.

È una fase critica che richiede una grande capacità di manovra e unità delle forze progressiste, al di là delle divergenze di valutazione. Il Partito Comunista Sudanese, che era all’opposizione del governo Hamdouk, si è schierato nettamente contro i golpisti e ha chiesto il ritorno dei militari nelle caserme per la fine della disobbedienza civile.

Israele

Paradossalmente a causa di una decisione dell’ex presidente Trump, da ieri sono pubbliche su Internet le foto satellitari, ad alta risoluzione, dei siti nucleari israeliani. Grazie al sito Mapbox e diverse App è possibile osservare gratuitamente le immagini della centrale di Dimona e la base dove sono stoccati i missili balistici. Per saperne di più

La decisione di Trump del 2020 era stata presa per motivi prettamente commerciali, senza consultare Tel Aviv.

Iraq

È stato condannato alla pena capitale per impiccagione l’assassino di due giornalisti a Bassora, avvenuto nel gennaio 2020. I due giornalisti, Ahmed Abdelsamad (37 anni) e Safaa Ghali (26 anni) erano famosi per i loro reportage televisivi, da Bassora, sul movimento di lotta popolare contro la corruzione. Prima di essere assassinati avevano denunciato di aver ricevuto sui loro cellulari minacce di morte. Secondo un comunicato del tribunale, l’assassino ha ammesso il crimine. L’inchiesta è stata reticente perché non sono stati scoperti e processati i mandanti politici.

Etiopia

Il presidente Abiy Ahmed ha lanciato un appello alla popolazione nelle zone di combattimento ad Amhara di prendere le armi e resistere, per fermare l’avanzata dei ribelli. Il Fronte di Liberazione del Tigray (TPLF) ha sostenuto due giorni fa di aver conquistato le due città Dessie e Kombolcha, situate a 300 km a nord di Addis Abeba. Il governo etiopico accusa i ribelli di aver ucciso 100 giovani dopo essersi arresi. A causa del blocco delle telecomunicazioni telefoniche ed Internet non è possibile verificare le affermazioni delle parti belligeranti. Il conflitto ha causato un’emergenza umanitaria per l’alto numero degli sfollati e per il pericolo di carestia. L’ONU ha chiesto un cessate il fuoco e l’avvio di trattative, ma il tutto è stato inutile.

Libano

Il ministro degli esteri, Abdalla Bouhabeeb, ha informato che il governo rimane in carica con la sua attuale composizione e che le relazioni con Raid si risolveranno con il dialogo. La crisi diplomatica è stata provocata dalla pubblicazione delle dichiarazioni del ministro George Kardahi sulla guerra in Yemen. Una reazione spropositata e strumentale dell’Arabia Saudita ha messo in discussione i rapporti commerciali e finanziari tra i due paesi, con il rischio di ritorsioni contro i lavoratori libanesi nei paesi del Golfo. La scelta del premier Miqati e del presidente Aoun è stata quella di salvaguardare l’unità interna e il mantenimento di un equilibrio politico difficile, raggiunto dopo oltre un anno senza un governo in carica.

Algeria

Il governo algerino ha lanciato ieri un canale televisivo internazionale satellitare all news in tre lingue: arabo, francese e inglese. L’avvio delle trasmissioni è stato programmato per il 1° novembre, anniversario dell’inizio della guerra di liberazione nel 1954. L’intento è quello di rilanciare il ruolo dell’Algeria sulla scena araba, africana e internazionale, dopo un lungo letargo diplomatico a causa dell’assenza di una reale guida politica durante l’ultimo periodo della presidenza Boutefliqa. Una sfida alle due emittenti del Golfo, Al-Arabiya-Hadath e Aljazeera. Per saperne di più e contatti: QUI

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