a cura di Francesca Martino

In questa rubrica riprendiamo in sintesi, ma fedelmente, opinioni, commenti ed editoriali apparsi sulla stampa araba, che valutiamo siano di un certo interesse per il lettore italiano.

La pubblicazione non significa affatto la condivisione delle idee espresse.

Iraq. Cent’anni al livello zero

Autore: Falah Almashal ‒

Testata: Sotaliraq (La Voce dell’Iraq)

data di pubblicazione: 13/12/2021

Paese: Iraq

Nel primo centenario della sua fondazione (1921-2021), l’Iraq è un paese sull’orlo del collasso, schiacciato da una sfilza di minacce, le meno pericolose delle quali sono la corruzione e la bancarotta. Cent’anni e un bilancio pari a zero, che l’Iraq può celebrare solo con ‘’misere formule istituzionali […] e spettacoli musicali e poetici presi sfacciatamente in prestito dai tempi di Gilgamesh e da un passato lontano come fossero prelevati da una banca chiusa’’. Un centenario che cade in mezzo a ripetute occupazioni, gruppi islamisti dai numerosi volti, un’arretratezza sociale senza precedenti, un pericoloso declino culturale e lo spettro di un ennesimo scontro armato.

La dolorosa ironia di questo dramma è che i primi cinquant’anni del moderno Stato iracheno iniziano sotto gli auspici di una folta élite, in un contesto di crescita vigorosa ‒ nel campo delle arti, della letteratura, della filosofia, ma anche della medicina, della tecnologia, dell’industria, del commercio, dell’architettura… ‒ fino a raggiungere l’apice negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Tutto ciò che l’Iraq ha realizzato in quei cinquant’anni è andato perduto nei successivi cinquanta, quando i poteri si sono concentrati nelle mani di un ‘’dittatore, del suo regime totalitario e della sua sanguinaria tendenza a giustiziare gli oppositori e a chiudere le finestre della diversità, del pluralismo’’ che costituivano probabilmente i tratti distintivi del ‘’rinascimento’’ iracheno.

Al contrario, si è imposta la fedeltà alla persona [del dittatore] e al partito, con la perpetuazione della cultura tribale e la nascita di un modello sociale che promuove l’ipocrisia e la doppiezza politica ‘’finché non si è arrivati a una società dominata da comportamenti violenti, idonea ad accogliere il settarismo e la cultura dell’odio seminata dai partiti dell’Islam politico’’.

Mezzo secolo in cui si sono alternati e sovrapposti dittatura, guerre, migrazioni forzate, settarismo, oscurantismo e conflitti armati tra i mercanti della guerra è bastato per compiere, in modo anomalo ed eccezionale nella Storia, la completa distruzione dell’Iraq.

In una società frammentata dal punto di vista etnico e confessionale come quella irachena, la perdita più grande è la distruzione dell’essere umano. In questa società ‘’malata, separata dal suo passato e cioè affetta da schizofrenia’’, l’autore ‒ riprendendo un’immagine cara a Mahmoud Darwish* ‒ vede gli iracheni entrare nel secondo centenario del loro paese come fossero “ospiti dell’umanità”.

Articolo originale in arabo:

Articolo originale

  • Per conoscere meglio la poetica di Mahmoud Darwish, consigliamo “Il Giocatore d’Azzardo” tradotto da Ramona Ciucami (edizione Mesogea)
  • e questo articolo di Iula Marzullo:

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