A cura di Francesca Martino

In questa rubrica riprendiamo in sintesi, ma fedelmente, opinioni, commenti ed editoriali apparsi sulla stampa araba, che valutiamo siano di un certo interesse per il lettore italiano.

La pubblicazione non significa affatto la condivisione delle idee espresse.

Una parola nei tempi morti

Rafid Ali – Al-Wasat (13/01/2022)

Lo spettro del caos continua ad aleggiare sulla Libia e sul suo popolo nonostante le proteste di piazza reclamino da mesi le elezioni nella speranza di voltare questa pagina miserevole della storia politica nazionale. E invece, con l’arrivo del nuovo anno si rinnova la frustrazione generale, suscitata dal rinvio delle presidenziali (previste lo scorso 24 dicembre) per cause ‘’di forza maggiore’’, secondo il noto termine legale col quale vengono indicati gli ostacoli giuridici, securitari e politici. Presentate come il risultato di un processo di pace condotto sotto l’egida dell’ONU, le elezioni si sono scontrate con una realtà fatta di ‘’ostracismo, ingerenze e sabotaggio politicizzato’’.

La comunità internazionale cerca intanto di capire chi sono gli uomini forti in questa fase confusa di nuove alleanze nascenti. L’incontro tra Haftar, Bashagha e Maiteeq, avvenuto a Bengasi alla fine di dicembre, punta proprio in questa direzione.

’Le elezioni non dovrebbero essere percepite come il risultato sperato in sé, ma piuttosto come il mezzo per raggiungere il risultato’’ afferma il giornalista Rafid Ali. ‘’In quanto libici ‒ continua ‒ dobbiamo schierarci, per lo meno moralmente, a favore delle elezioni e insistere affinché le nostre istituzioni attuali oppongano una resistenza nonviolenta in questi tempi morti, […] in modo da dimostrare al mondo che siamo esseri umani degni di rispetto nonostante gli anni di erranza, ridicolaggine e impoverimento […] e che siamo stufi di tutti coloro che hanno bevuto dal suo seno e si sono inebriati. […] In quanto libici dobbiamo, ovunque noi siamo, alzare la nostra voce pacifica […] Basta con la vergogna, l’assenteismo e la passività. Siamo diventati tutti dei brutali spettatori dello spargimento di sangue umano e del saccheggio di una patria, e in questa passività gli unici perdenti siamo noi’’.

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