Figli dello stesso mare

Francesco e la nuova alleanza per il Mediterraneo

di Riccardo Cristiano

ed. Caselvecchi

Introduzione

In molte parti del mondo, le città sono scenari di proteste di massa dove migliaia di abitanti reclamano libertà, partecipazione, giustizia e varie rivendicazioni che, se non vengono adeguatamente interpretate, non si potranno mettere a tacere con la forza. papa francesco, Evangelii Gaudium, 2013, n. 74

La frase di papa Francesco appena citata è il filo rosso che spiega questo libro. Rifiutandone il significato evidente il Mediterraneo potrebbe conoscere quel naufragio di civiltà̀ di cui Francesco ha parlato a Lesbo, l’isola greca dove è voluto tornare, nel terrificante “campo profughi” europeo di Moira, il 5 dicembre 2021. È bene dunque prenderne buona nota: non solo respinge lo scontro di civiltà̀, ma anche un certo anti-imperialismo selettivo per cui ad alcuni non è consentito anelare alla libertà. Alla guerra che devasta il Mediterraneo per combattere il tempo, la Storia, con l’espulsione dell’altro – una guerra che dagli anni Ottanta flagella le coste sud-orientali del Mediterraneo e che ora l’Europa spera di poter ignorare chiudendosi in una fortezza dalle porte girevoli che consentono di uscirne ma non di entrarvi – Francesco oppone la “Nuova Santa Alleanza”, che è l’alleanza con l’altro. Un’alleanza che parte dalla comprensione che il nostro pensiero è incompleto, a differenza di Dio. Il pensiero dell’altro aiuta il nostro a procedere. Questa alleanza per essere capita ci impone una domanda: cosa sarebbe questa “tolleranza” che appare così nobile e bella?

Gli antichi romani ammettevano nel loro Pantheon tutte le divinità̀ dei popoli sottomessi, ma chiedevano anche il culto del loro imperatore, considerato un dio. I cristiani furono perseguitati perché́ si rifiutarono di farlo. Monoteisti, avevano capito che la religione viene da Dio, non è opera umana. Ma un conto è la fede, un altro i fedeli e molti monoteisti hanno creduto che se c’è un solo Dio ci può essere solo una religione, guerreggiando con gli altri monoteismi e, ovviamente, con tutti gli “eretici”. Di recente però si è capito che tutte le strade portano a Dio, che è lo stesso, per tutti i monoteisti: hanno aiutato in questo anche i “philosophes” che indicarono una loro “religione naturale”, fondata sulla Ragione, e opposta a quelle positive, fondate sulla Rivelazione. Anche in questo campo non si è lesinata violenza e, nel nome dell’evoluzionismo, assai più logico del creazionismo, qualcuno però ha cercato l’anello mancante tra l’uomo e la scimmia.

Se ovunque ci sono state magagne, si è arrivati comunque a vedere la necessità di uno Stato che fosse di tutti, ma dotato di una legge civile indipendente dai dogmi di fede. Non si condannano più all’inferno gli adepti delle altre religioni e, come hanno scritto due autorevoli teologi cristiani del Levante – Joseph e Paul Khoury1 –, si arriva a distinguere tra fede e religione. La fede è l’intenzione di assoluto che alberga in ogni essere umano e informa i sistemi religiosi e, dunque, è comune a tutti gli esseri umani, mentre le religioni sono espressioni culturali della fede. Questa intenzione di assoluto significa “desiderio naturale di Dio”, e possiamo arrivare a capire uno dei padri dell’umanesimo, il cardinale Nicola Cusano che, dopo la conquista islamica di Costantinopoli, parlò di «una religio in rituum varietate», cioè una religione secondo riti diversi, che noi potremmo capire come “una fede che si articola in tante religioni”.

Con questi uomini, diversi ma dal comune desiderio naturale di Dio, che alcuni possono anche non riconoscere pur rispettandolo, Francesco a mio avviso ricerca la “Nuova Santa Alleanza” (si capirà presto cosa si intende qui con questa espressione). Per riuscirci chiede di fare i conti con la propria violenza, per ricomporre la disputa familiare che oppone i figli di Abramo e liberarsi dal vero male: il tribalismo confessionale che, soprattutto nel decisivo Levante ma non solo lì, prolunga nell’oggi un sistema feudale di élite dai modi sovente mafiosi.

La frase del papa da cui siamo partiti non ci induce a capire il 2011 arabo come un moto liberale che chiede quella mutazione economico-sociale che ha portato a Stati dotati di leggi civili indipendenti dai dogmi di fede?

1 Cfr. Joseph Khoury, Paul Khoury, Les islamistes et les autres, Beyrouth, 2004, in particolare pp. 46-47. 

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