Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

(testata giornalistica. Direttore responsabile: Federico Pedrocchi)

3 ottobre 2022.

Rassegna anno III/n. 271

Per informazioni e contatti, manda un messaggio: anbamedaps@gmail.com

Per ascoltare l’audio:                                                         

Le vignette sono QUI

Sono passati sette mesi e 8 giorni di guerra russa in Ucraina.

Alaa Abdel Fattah ha iniziato lo sciopero della fame il 2 aprile, nel carcere egiziano di Wadi Natroun. Sono passati sei mesi e il regime di Al-Sissi è sordo agli appelli e nelle cancellerie internazionali prevale l’insensibilità. In Italia dal 28 maggio è in corso un digiuno solidale a staffetta per chiedere la sua liberazione.

Oggi, lunedì 3 ottobre, digiuna  ancora una volta Francesca Corbo di Amnesty International.

Appello della redazione di Anbamed ai lettori ed ascoltatori di aderire alla staffetta solidale di sciopero della fame per un giorno. Urge una vostra adesione.

Per maggiori info: http://www.invisiblearabs.com

Lo scorso 30 giugno, Anbamed ha spento la seconda candelina. Due anni fa è iniziata questa maratona dell’informazione quotidiana sul Grande Vicino Oriente. Puntuale, completa e senza interruzioni. Agli abbonati del 2022 andranno due quadri donati da Silvia Lotti e Giuseppe Di Giacinto.

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I titoli

Libia: Scoperta una fossa comune dell’Isis con 42 cadaveri.

Palestina occupata: Dopo gli spari palestinesi contro i coloni, mobilitazione dell’esercito israeliano nel nord della Cisgiordania occupata.

Libano-Israele: Soddisfazione del premier Lapid per la proposta USA sulla delimitazione dei confini maittimi.

Iran: La polizia irrompe nell’università Sharif di Teheran.

Turchia: Il tribunale processa un’associazione di difesa delle donne contro la violenza.

Siria: Una guerra di bassa intensità nel nord di Aleppo.

Le notizie

Libia

L’ente per la ricerca dei dispersi ha rinvenuto a Sirte, nel cortile di una scuola, 42 cadaveri di ignoti. La scuola era una prigione durante il dominio dell’Isis sulla città. Sono stati prelevati campioni dei corpi per l’identificazione con l DNA. La città nel centro della Libia era stata occupata dai jihadisti del fu falso califfato, in prevalenza stranieri, dal 2015 al 2017, quando sono stati sconfitti dalle milizie di Misurata con il sostegno dell’aviazione statunitense, britannica e francese. Durante il loro dominio, i criminali di Daiesh (Isis) hanno compiuto diversi massacri di massa, soprattutto contro lavoratori stranieri di religione cristiana, copti egiziani e ortodossi etiopi.

Palestina occupata

Dopo gli spari contro i coloni di ieri nei pressi di Nablus, l’esercito israeliano ha rafforzato le operazioni di rastrellamento per individuare ed arrestare i militanti palestinesi. La stampa di Tel Aviv scrive che i coloni non si sentono sicuri e chiedono all’esercito di compiere una chiusura totale del nord della Cisgiordania. Secondo Yedioth Ahronoth sarebbero stati compiuti a settembre 212 attacchi palestinesi contro i coloni, 41 dei quali compiuti con arme da fuoco. L’agenzia palestinese Maan sostiene che la statistica israeliana considera attacchi palestinesi anche la difesa, con il lancio di pietre, delle terre che i coloni e l’esercito israeliano intendono confiscare. La situazione sotto l’occupazione israeliana non è più supportabile per gli oltre 3 milioni di palestinesi. Il fallimento degli accordi di Oslo, la divisione del movimento di resistenza e le continue confische di terre, per la creazione di nuove colonie ebraiche, hanno chiuso ogni prospettiva di liberazione. La fuga in avanti verso la lotta armata è contrastata dall’ANP, ma che non può dichiaralo esplicitamente per motivi di immagine. Secondo rivelazioni dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano, ufficiali palestinesi stanno trattando con un gruppo armato di Nablus denominato “La Fossa dei Leoni”, per ridurre la tensione o almeno evitare le manifestazioni pubbliche con i mitra in mano. Da Ramallah non ci sono stati commenti alle insinuazioni israeliane. Per lo più, la velina viene considerata come una mossa della guerra psicologica, per indebolire il governo del presidente Abbas di fronte al nazionalismo palestinese.  

Libano-Israele

Uno spiraglio per la conclusione pacifica del contenzioso sui confini marittimi. Il premier israeliano Lapid ha espresso soddisfazione per la proposta di mediazione statunitense avanzata alla presidenza libanese nei giorni scorsi. Anche a Beirut l’accoglienza del documento USA è stata positiva. Lo stesso leader di Hezbollah ha affermato che questo sviluppo delle trattative indirette è un passo in avanti e si è attribuito il merito di aver mosso le acque del negoziato, con il lancio dei droni sulla piattaforma israeliana nel campo conteso di Karish. L’ex premier israeliano e capo dell’opposizione, Netanyahu invece si è opposto all’ipotesi di accordo e ha anticipato che quando sarà al governo non si sentirà impegnato dalle clausole. Le elezioni in Israele si terranno il prossimo 6 novembre.

Iran

Secondo fonti dell’opposizione all’estero, il regime è passato alla fase due della repressione con l’occupazione militare dell’università Sharif a Teheran e l’arresto di centinaia di studenti. L’Ong Iran Human Rights (IHR) ha postato sui social video dall’interno del campus dove si sentivano spari di arma da fuoco. L’emittente “Iran International”, che trasmette dall’estero (Oslo), ha affermato che le manifestazioni in diverse città vanno avanti, malgrado la repressione dura e l’uso dei proiettili da guerra da parte della polizia e dei Basiji, le milizie studentesche del regime. Nelle comunicazioni dell’emettente si sostiene che le vittime della repressione sono state finora 133. Il presidente Raissi ha accusato “forze straniere di fomentare la rivolta per indebolire il paese, mentre stiamo svolgendo un’inchiesta per stabilire le responsabilità per la morte della giovane Mahsa Amini”. Un’inchiesta alla rovescia, infatti, la polizia ha arrestato le due giornaliste che hanno dato per prima la notizia della morte della 22enne curda, ed è stata arrestata anche la cantante Mona Borzouei, per le sue liriche in ricordo di Mahsa. Il regime dall’altra parte cerca di attenuare le reazioni internazionali, concedendo la libertà vigilata a un imprenditore statunitense di origine iraniana detenuto in Iran dal 2015. Secondo l’agenzia semi ufficiale Nour, le trattative tra Washington e Teheran per la liberazione dei detenuti statunitensi in Iran sono state condotte da un paese arabo del Golfo (Il Qatar?). La proposta sul tavolo è il baratto tra il gesto di clemenza iraniano e il pagamento dei capitali iraniani trattenuti in Giappone, in seguito alle sanzioni USA.

Turchia

Un tribunale turco ha fissato per il 5 ottobre il processo per lo scioglimento dell’organizzazione di difesa contro il femminicidio “We Will Stop Femicide Platform”. Il processo è intentato da un deputato del partito islamista al governo, con le pretestuose accuse di diffusione di notizie false e di destabilizzazione della quiete familiare. L’organizzazione antiviolenza è impegnata dal 2010 nel denunciare le morti violente, soprattutto in ambito familiare. Secondo Femicide Platform, in Turchia nel 2022 sono state uccise 280 donne per mano di mariti, padri, fratelli o fidanzati. Questi crimini il più delle volte vengono presentati dalle famiglie come casi di suicidio. La Turchia di Erdogan si è ritirata lo scorso anno dalla Convenzione di Istanbul, per la difesa delle donne dalle violenze.

Siria

È una guerra di logoramento quotidiana nella provincia di Aleppo, attorno alla città di Afrin, una volta sotto il controllo dei combattenti curdi, ma dal 2019 occupata dall’esercito di Ankara. Dal 26 settembre è in corso uno scambio di artiglieria e mitragliatrici tra le postazioni dei curdi, sostenuti dai carri armati governativi siriani, e quelle dell’esercito turco e le milizie islamiste siriane affilate. Non ci sono comunicati ufficiali sulle perdite delle due parti, ma l’intensità dello scontro è alta, secondo quanto riferito dalla popolazione locale, contattata dall’Osservatorio Siriano. L’intento della Turchia è quello di compiere una pulizia etnica nella zona di confine, sloggiando la popolazione curda per sostituirla con profughi siriani attualmente rifugiati in Turchia. Prima delle elezioni turche, il prossimo giugno 2023, Erdogan intende realizzare il trasferimento di un milione di profughi siriani fuori dal paese. Il razzismo contro gli arabi siriani sta montando nella società turca e il partito di governo teme ripercussioni nelle urne.

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Approfondimento

Quattro anni fa l’assassinio di Khashoggi.

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