Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

(testata giornalistica. Direttore responsabile: Federico Pedrocchi)

14 ottobre 2022.

Rassegna anno III/n. 282

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I titoli

Iraq: Eletto il nuovo presidente della Repubblica, ad un anno dalle elezioni politiche.

Palestina Occupata: È di nuovo Intifada in tutta la Cisgiordania occupata.  

Sudan: La gente torna in piazza contro la giunta golpista.

Libano: Niente quorum per la seduta del Parlamento a due settimane dalla scadenza dell’incarico del capo dello Stato.

Iran: Il capo della magistratura ordina ai giudici di comminare il massimo di pena per i manifestanti.

Tunisia: Mancano i carburanti e la gente è costretta ad andare a piedi per raggiungere il posto di lavoro.

Le notizie

Iraq

Il Parlamento iracheno ha eletto, in seconda votazione, Abdellatif Rasheed, alla carica di presidente della Repubblica. In prima votazione nessuno dei candidati aveva ottenuto i due terzi richiesti. La presidenza è assegnata per costituzione alla componente curda. Rasheed ha ottenuto 162 voti contro i 99 andati all’uscente, Barham Saleh. Appena eletto, il neo presidente ha giurato nelle mani del presidente del Parlamento e poi ha subito incaricato Mohammed Shia’ Soudany a formare il governo. Rasheed è il candidato dell’Unione Patriottica del Kurdistan, nato nel 1944 a Sulaymaniyya. È stato in passato ministro dell’irrigazione. È la prima volta nella quale non si raggiunge un accordo sul nome del presidente prima del voto. Il primo ministro incaricato è espressione dell’ala filo iraniana dei partiti sciiti. La frattura nel campo sciita, ha fatto ritardare la votazione per un anno dalle ultime elezioni del 10 ottobre 2021. In questo periodo di vuoto istituzionale sono avvenuti momenti di tensione tra i seguaci dell’Imam Mouqtada Sadr e i miliziani dei partiti filo iraniani. Poco prima della seduta del Parlamento di ieri sono caduti sulla zona verde 9 razzi Katiuscia, che hanno causato il ferimento di 9 persone tra civili e agenti. Nessuna rivendicazione.

Palestina Occupata

Assedio militare di intere città e quartieri da parte delle forze di occupazione e disobbedienza civile come risposta di massa della popolazione palestinese. Nablus è una città chiusa per ordine del comando militare israeliani in Cisgiordania. Tutte le strade sono chiuse al traffico sia in entrata che in uscita e l’unica strada aperta è sottoposta ad un minuzioso controllo e il passaggio è ammesso soltanto per i casi di estrema necessità. Una misura dimostrata inutile a fermare l’intifada in corso. Nei quartieri e campi profughi a nord di Gerusalemme è stata dichiarata la disobbedienza civile contro le misure repressive, considerate di punizione collettiva, in seguito all’assassinio di una soldatessa. Le scuole sono chiuse, le saracinesche dei negozi sono abbassate e il traffico dei mezzi ridotto ai casi di necessità. Gli operai non si recano più a lavorare in Israele. La protesta si sta espandendo a tutta la comunità palestinese di Gerusalemme e nei centri e villaggi della Cisgiordania. In particolare la situazione torna esplosiva a Sheikh Jarrah, il quartiere palestinese sotto attacco dei coloni, che vogliono imporre una sostituzione etnica con occupazioni forzate di case e possesso per via giudiziaria. Secondo la Mezzaluna rossa, negli scontri di ieri, in tutti i territori occupati, sono stati feriti oltre cento giovani e arrestati altrettanti.

Questa situazione difficile per la popolazione palestinese ha convinto la leadership politica, riunita ad Algeri, a raggiungere un accordo per un governo di unità nazionale. È stata firmata nella capitale algerina la “Carta di Algeri”, frutto della paziente mediazione del presidente Tabboune che ha riunito attorno ad un tavolo i rappresentanti di 14 organizzazioni palestinesi, per riportare il dialogo tra Hamas e Fatah.

Sudan

Sono riprese le manifestazioni di piazza contro la giunta militare golpista. Migliaia di manifestanti hanno tentato di arrivare al palazzo presidenziale, per chiedere le dimissioni del generale Burhan e la consegna del potere ad un governo civile. Due giorni fa è stato rivelato il raggiungimento di un accordo per la costituzione di un governo tecnico, con ampi poteri, mantenendo il generale Burhan alla guida dell’esercito, ma non del Consiglio presidenziale. La coalizione per la libertà e il cambiamento ha chiarito che la bozza pubblicata è frutto di incontri informali con i militari, che malgrado le precedenti dichiarazioni di ritiro dalla vita politica, sono lì abbarbicati al potere e non mollano le poltrone. Dopo questi chiarimenti, la gente è scesa in piazza. La polizia ha bloccato le strade che portano al palazzo presidenziale e chiuso i ponti che collegano le tre realtà urbane di cui è formata la capitale Khartoum. Per fortuna sono stati registrati soltanto casi di feriti.

Libano

Alla seduta del Parlamento di ieri non è stato raggiunto il quorum dei due terzi, per procedere alle elezioni presidenziali. L’incarico dell’attuale presidente Aoun scade il 31 ottobre ed entro il 30 novembre si dovrebbe insediare il nuovo eletto. Non c’è al momento attuale nessun accordo tra i gruppi parlamentari su un nome. La consuetudine costituzionale, non scritta, prevede l’elezione di un presidente cristiano maronita. La coalizione sciita però ha il gruppo parlamentare più consistente e non potrà mai essere eletto un presidente non gradito ai due partiti sciiti: Amal e Hezbollah.

Iran

Per la seconda volta l’ayatollah Khaminei interviene sulle manifestazioni in corso definendole “azioni di disordine alimentate dai nemici esteri”. La stampa di regime ha sbandierato queste dichiarazioni, in una sorta di lavaggio del cervello per l’opinione pubblica interna. Ad un mese dalla morte di Mahsa Amini nel commissariato di polizia, le forze di sicurezza non sono riuscite a soffocare le proteste, soprattutto nel Kurdistan iraniano. Nella capitale, sono scesi in piazza anche gli studenti delle scuole superiori e nella repressione sono stati feriti e arrestati decine di minorenni. Il regime è ancora forte e non sarà abbattuto da questa ondata di proteste, ma segni di sgomento e incertezze hanno assalito i suoi rappresentanti. A pochi giorni dalle sue dichiarazioni concilianti con le proteste, il capo della magistratura si è contraddetto e ha ordinato ai giudici di non avere pietà nei confronti dei fomentatori di disordini: “applicate le più severe condanne!”, ha ordinato.     

Tunisia

Il carburante comincia a scarseggiare e davanti alle stazioni di distribuzione si ammassano lunghe file. Anche il trasporto pubblico è entrato in tilt. Gli autobus sono fermi senza gasolio e migliaia di persone nella capitale sono state costrette a raggiungere i posti di lavoro a piedi.  

Il governo accusa le società di distribuzione di nascondere le riserve, per metterle in vendita sul mercato nero, ma la reale motivazione risiede nella crisi finanziaria che rende lo stato inadempiente verso i pagamenti alle società estere fornitrici di carburanti. A due mesi dalle controverse elezioni politiche, la Tunisia si trova ad affrontare anche una crisi alimentare, per la mancanza sul mercato di molti prodotti di prima necessità, come la farina e il pane. Le trattative con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale sono in panne, a causa delle draconiane condizioni imposte per la concessione di un prestito di 4 miliardi di dollari.

Approfondimento

24hAssange: una maratona mondiale per salvare Julian Assange

Mondo

  • Sono passati sette mesi e 19 giorni di guerra russa in Ucraina.
  • Alaa Abdel Fattah ha iniziato lo sciopero della fame il 2 aprile, nel carcere egiziano di Wadi Natroun. Sono passati sei mesi e il regime di Al-Sissi è sordo agli appelli e nelle cancellerie internazionali prevale l’insensibilità. In Italia, dal 28 maggio, è in corso un digiuno solidale a staffetta per chiedere la sua liberazione.

Oggi 14 ottobre digiuna, ancora una volta, Simona Brambilla.

Appelli:

Appello della redazione di Anbamed ai lettori ed ascoltatori di aderire alla staffetta solidale di sciopero della fame per un giorno. Urge una vostra adesione.

Per maggiori info: http://www.invisiblearabs.com

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