Il governo italiano ha fino al 2 novembre 2022 p poter non bloccare il rinnovo automatico del Memorandum Italia-Libia. In fondo un articolo di Avvenire del febbraio 2020 con la bozza del Memorandum.

Lo scorso 26 ottobre si sono tenute in almeno 50 piazze in tutta Italia manifestazioni per la raccolta firme contro il rinnovo. La campagna è intitolata “#Non sono d’accordo” ed è promossa da moltissime organizzazioni tra le quali Arci, CGIL, Amnesty, ASGI e molte altre.

Gli organizzatori hanno scritto:
Le conseguenze del Memorandum sulle persone trattenute in Libia tra abusi, sfruttamento, detenzione arbitraria e torture e fare luce sulla gestione dei fondi europei che finanziano la Guardia costiera libica. Sono i principali temi della conferenza stampa, organizzata da 40 organizzazioni, il prossimo mercoledì 26 ottobre a Roma, alle ore 14.30 presso la Sala Cristallo dell’hotel Nazionale in Piazza di Monte Citorio 131, per chiedere all’Italia e all’Europa di riconoscere le proprie responsabilità e non rinnovare gli accordi con la Libia.

Dopo la conferenza stampa, le organizzazioni invitano la società civile a scendere in piazza durante la manifestazione organizzata alle 17,30 in Piazza dell’Esquilino. 

100.000 persone respinte in Libia in 5 anni, #NONSONODACCORDO 

Se entro il 2 novembre il governo italiano non deciderà per la sua revoca, il Memorandum Italia–Libia verrà automaticamente rinnovato per altri 3 anni. Si tratta di un accordo che da ormai 5 anni ha conseguenze drammatiche sulla vita di migliaia di donne, uomini e bambini migranti e rifugiati. Dal 2017 ad ottobre 2022 quasi 100.000 persone sono state intercettate in mare dalla guardia costiera libica e riportate forzatamente in Libia, un paese che non può essere considerato sicuro. Le organizzazioni chiedono al governo italiano di riconoscere le proprie responsabilità e di non rinnovare gli accordi con la Libia. 

L’elenco completo delle organizzazioni firmatarie:

Le organizzazioni firmatarie:

A Buon Diritto, ACAT Italia, ACLI, ActionAid, Agenzia Habeshia, Alarm Phone, Amnesty International Italia, AOI, ARCI, ASGI, Centro Astalli, CGIL, CIES, CINI, CNCA, Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos, Comunità Papa Giovanni XXIII, CoNNGI, FCEI, Focus Casa dei Diritti Sociali, Fondazione Migrantes, Emergency, Euro-Med Rights, Europasilo, Intersos, Mani Rosse Antirazziste, Medici del Mondo Italia, Mediterranea, Medici Senza Frontiere, Movimento Italiani Senza Cittadinanza, Open Arms, Oxfam Italia, Refugees Welcome Italia, ResQ – People Saving People, Save the Children, Sea-Watch, Senza Confine, SIMM, UIL, UNIRE (Unione Nazionale Italiana dei Rifugiati ed Esuli).

Vedi: https://www.arci.it/con-i-migranti/

Nei giorni 25 e 26 ottobre 2022 a Messina, il Circolo Arci “Sankara” ha organizzato un convegno sul tema. Ecco il COMUNICATO STAMPA

CIMITERO MEDITERRANEO

NO AL MEMORANDUM: MORTE, TORTURA, PRIGIONIA, SCHIAVITU’

Martedì 25 e mercoledì 26 ottobre a Messina il Circolo ARCI Thomas Sankara, ente di tutela delle persone straniere, ha ideato delle azioni di contrasto e approfondimento al Memorandum Italia – Libia, ultimo appuntamento della campagna promossa insieme alla Tenda della Pace,  in cui i relativi governi si impegnano in processi di cooperazione, contrasto all’immigrazione illegale e rafforzamento della sicurezza delle frontiere. In realtà l’accordo prevede respingimenti, uccisioni, torture, richieste di riscatto ai familiari, detenzione ed arresti arbitrari, sfruttamento, lavoro forzato, schiavitu’, tutte gravissime violazioni dei diritti umani, condannate ripetutamente dall’ONU e dalle sue agenzie, da Amnesty International, e da tutte le organizzazioni più rappresentative per i diritti umani. Tali violazioni e i loro effetti sono state ampiamente documentati dalla stampa internazionale,  sono state oggetto anche di decisioni da parte  di Tribunali, e continuano a far parte della quotidianità della popolazione straniera presente in Libia. Abdul Rahman al Milad, più noto con il nome de guerre Bija, uno dei trafficanti più potente della Libia, è da giugno 2018,  nella lista dei sanzionati dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, ricercato dalla Corte Penale Internazionale, arrestato in Libia, e rilasciato con la promozione a maggiore della guardia costiera libica. Ecco perché qualsiasi accordo con il governo libico è, attualmente, un accordo con i trafficanti di esseri umani. Il Memorandum, siglato dai i due governi nel 2017, è figlio degli accordi Italia-Libia precedenti e della politica europea che noi definiamo Fortezza Europa perché, nella sua guerra contro le migrazioni, impedisce di fatto un accesso protetto e sicuro all’asilo ed esternalizza le proprie frontiere, costruendo campi di detenzione e smistamento in altri continenti. La Libia è un Paese instabile, con milizie armate e una violenza che continua a crescere senza controllo.  Il Memorandum Italia – Libia, quindi, produce violazioni dei diritti umani in maniera sistematica  tali da costituire crimini contro l’umanità, così come definito dalla Missione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite.Per questo si chiede al governo italiano di non rinnovare il memorandum ,che scadrà nel 2023 ma necessita di un atto di annullamento entro il 2 novembre prossimo, in assonanza con la richiesta del tavolo asilo e immigrazione di cui l’ARCI fa parte.

Per una maggiore comprensione della cornice in cui si innesta il Memorandum  martedì 25 ottobre, alle ore 18:30 alla Libreria Colapesce in Via Mario Giurba,8 , è stato presentato il rapporto Dal mare al carcere, redatto dal Circolo ARCI Porco Rosso di Palermo, sulla costruzione della figura giuridica dello scafista e la sua applicazione in Sicilia, se ne è discusso con le/i curatrici/tori Richard Braude, Sara Trayor, Bakary Charm  con il contributo dell’antropologa Giuliana Sanò, della mediatrice Renè Abu Rub, dell’avvocata Carmela Maria Cordaro e dell’Avv. Carmelo Picciotto. Hanno coordinato Patrizia Maiorana dello Sportello SOS diritti e Venera Leto della libreria Colapesce. Sono intervenuti rappresentanti della Tenda della Pace e della CGIL componente del Tavolo Asilo.

Il giorno seguente, mercoledì 26 alle 17:30, nello stesso orario della manifestazione nazionale promossa da oltre 40 organizzazioni, si è realizzato una azione simbolica con un quadro vivente, realizzato dalle attiviste ed attivisti, per chiedere alla Prefetta il non rinnovo del memorandum  e l’inoltro del documento del tavolo asilo al governo.

L’azione realizzata di fronte la Prefettura è stato possibile seguirla sui social.

Circolo ARCI Thomas Sankara

sede operativa Via Campo delle Vettovaglie, snc 98122 Messina

tel 090.6413919 (dopo le 18:00)

arcisankara@pec.it

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Dall’ultimo numero giunto in redazione della rivista “Le Siciliane-Casablanca” n. settembre-ottobre 2022, abbiamo scelto questo articolo:

CAMINANTES

il loro futuro è il nostro

Maria Francesca Lucanto

Le semplici proteste non bastano, ecco perché un anno fa è stata creata una

associazione, LE VEGLIE CONTRO LE MORTI A MARE, nata appositamente per fare

pressione sulla responsabilità delle autorità competenti ogni qual volta c’è un allarme

per il soccorso di migranti nel Mare Mediterraneo. E per concretizzare una o più

iniziative nazionali che possano riuscire a scongiurare un prossimo rifinanziamento

degli orrori libici è stato creato il Gruppo dei Gruppi.

L’associazione “Le Veglie contro le morti in mare” affinché possa esserci un’unica voce

per un unico grido “no alla violenza” ha chiamato a raccolta nell’Assemblea Permanente

“Diritto di migrare, diritto di restare”, tanti gruppi, associazioni, movimenti piccoli

e grandi, per concretizzare una o più iniziative nazionali che possano riuscire a scongiurare

un prossimo rifinanziamento degli orrori libici. Un rifinanziamento della cosiddetta

Guardia Costiera Libica che nasce dalla logica della violenza in tutte le sue declinazioni.

Violenza è la guerra, in ogni parte del mondo. Violenza è la rete di lager di tortura, stupro e

morte alle frontiere europee, le stragi in mare per negato soccorso, le morti sul lavoro, il

lavoro da schiavi, le vite negate. Violenza è quella perpetrata sulle donne. Violenza è quella consumata

sul nostro meraviglioso pianeta. All’appello delle Veglie hanno risposto organizzazioni, gruppi,

movimenti e persone singole da molte città italiane da nord a sud, è nato il “Gruppo dei gruppi”.

“Il movimento delle veglie è un giovanissimo movimento nazionale”, ha spiegato al

primo incontro Sergio Genini che, oltre a presentare il movimento ha definito con chiarezza le finalità

dell’incontro con le altre associazioni. “Un movimento – ha sottolineato – sbocciato da poco più di un anno, un movimento trasversale nato dalla società civile e diffuso in tante città d’Italia” e oltre, aggiungiamo.

Ogni qual volta c’è un allarme per il soccorso di migranti nel Mare Mediterraneo, le Veglie

scendono contemporaneamente nelle piazze, chiedendo a gran voce il dovuto soccorso.

“Abbiamo messo al centro la sofferenza delle persone – continua Sergio Genini –

sollecitando la partecipazione attiva dei cittadini non indifferenti e abbiamo

fortemente voluto questo incontro con voi associazioni portatrici di enorme esperienza

per due importanti finalità: disegnare insieme un evento nazionale o più eventi contro il

rifinanziamento in Libia; iniziare a costruire una rete duratura delle associazioni per

fare un percorso comune, protagonisti e promotori insieme alle Veglie. Per poter

dire con le parole di Vittorio Arrigoni: Restiamo umani”.

Insomma la nascita del Gruppo dei Gruppi nascerebbe dalla necessità – ma è anche una

opportunità – di andare oltre la frammentazione delle azioni locali, tessere reti e realizzare

forme “visibili” di manifestazioni comuni. “I corpi dei migranti ci chiedono di re-agire e intervenire”,

afferma Gian Andrea Franchi, ex professore di filosofia e vicepresidente della

associazione Linea d’Ombra ODV. Assieme alla moglie Lorena Fornasir, presidente

della stessa associazione e psicoterapeuta, a Trieste, laddove finisce la rotta balcanica, hanno creato un

piccolo presidio medico e offrono la prima assistenza e curano le ferite delle torture ai

migranti che arrivano attraverso la Croazia.

VISIBILITÀ PER SCUOTERE L’INDIFFERENZA

“Ci chiedono di intervenire – continua Franchi – non in forme di contrapposizione o di

lotta, che diventano sterili se non producono posizioni e forme vitali di socialità

alternativa. C’è bisogno di costruire collettività alternative stabili che pure esistono anche

se poco visibili. Occorre tirar fuori questa ‘visibilità’ e poi scuotere l’indifferenza”.

Dalla prima e dalla quarta assemblea, il Gruppo di Servizio che si è costituito ha

raggruppato in una sintesi le proposte emerse e i soggetti proponenti. Fra le tante

proposte la necessità di manifestazioni locali e nazionali; intervenire a livello

giuridico/politico; aggregazioni a grandi associazioni e a campagne. Importante

continuare coinvolgere le scuole; stabilire contatti con parlamentari, per indurli a

prendere posizioni chiare e decise e premere sul governo affinché modifichi totalmente le

attuali politiche sulla immigrazione. In molti si sono offerti per la produzione di

materiale documentario e informativo allo scopo di allestire una comunicazione

efficace che possa giungere al cuore e alla mente delle persone.

Durante un seminario svoltosi il 6 luglio scorso il professore Fulvio Vassallo Paleologo ha

sostenuto che “Occorre una grande risposta di mobilitazione civile sul rinnovo

del memorandum d’intesa Italia/Libia e sul ruolo della società civile. Soprattutto in un

momento in cui si sceglie il regime di guerra con tutti i poteri affidati all’esecutivo, e

con un Parlamento ridotto a organo di mera ratifica, per affrontare tutte le questioni di

politica estera. Un regime di guerra che è stato alimentato per anni dalla diffusione

sistematica della paura dei migranti, paura dell’invasione di chi cerca soltanto un rifugio,

una possibilità di sopravvivenza”.

E sempre durante quel seminario del luglio scorso il professore esperto in diritto dei

migranti aggiungeva: “Il governo Draghi è rimasto nel solco della narrazione tossica

delle migrazioni attraverso il Mediterraneo centrale che nel 2019 portava al Decreto

sicurezza bis, n.53/2019, imposto dall’ex ministro dell’Interno Salvini. Per la ex ministra dell’interno

Lamorgese e per i comandi della Guardia costiera i soccorsi nelle acque internazionali non sono eventi

SAR di ricerca e soccorso, ma soltanto eventi di immigrazione irregolare, per i quali non

ricorrerebbero situazioni di distress (pericolo) ed obblighi di intervento immediato degli Stati

che ne vengono informati. Anche se tutti dovrebbero riconoscere che le imbarcazioni sulle

quali sono caricati i migranti spediti verso l’Italia sono sovraccariche e possono affondare al

minimo imprevisto”.  

POLITICA PER GLI ESSERI UMANI OPPURE CONTRO?

“Non sappiamo davvero – aggiunge – quanto nell’attuale contesto politico possano valere gli appelli al

Parlamento. Forse occorre promuovere iniziative dal basso, di segno diverso e maggiormente incisive per il

coinvolgimento diretto dei cittadini solidali”. Eravamo in piena estate e ancora nulla si si sapeva della

crisi di governo e delle immediate elezioni e Fulvio Vassallo così continuava: “Non

si può prevedere oggi – incalza ancora il professore – quanto i cittadini solidali possano

incidere sulle prossime scadenze elettorali, ma, un vasto fronte di opposizione agli

accordi che non rispettano i diritti umani, se sarà capace di aggregazione e di comunicazione, potrà fare

cadere alibi ed ipocrisia, dentro e fuori il Parlamento. È tempo di fare pagare il prezzo che

merita, in termini di caduta di consenso – aggiunge – a chi vota per il rinnovo di accordi

che finora hanno significato il rafforzamento della corruzione e delle milizie colluse con i

trafficanti in Libia, morte per omissione di soccorso in mare e per abbandono nel deserto o

nei centri di detenzione libici, che tutte le principali istituzioni internazionali definiscono

come lager. Accordi che nel nostro paese hanno avuto un gravissimo effetto

‘(de)costituente’, con lo smottamento sempre più irreversibile dei principi basilari

di uno Stato democratico, verso la cancellazione sostanziale di valori fondamentali sanciti dalla

Costituzione, con lo svuotamento della portata degli articoli 3,10,11,13,24 e 32”.

Il sentiero che si sta attraversando oggi, con la costituzione di questo cerchio di gruppi che operano con e

per i migranti, è forse ancora stretto e ombroso, ma si intravede una potenzialità di

orizzonti vasti, se non si interrompe il cammino. Forse avremo le ferite ai piedi,

come i migranti che attraversano le frontiere, ma gioiremo se riusciremo a realizzare quella

“pedagogia della normalità” di cui parla Mimmo Lucano, che consiste nel considerare i migranti e le

migranti come nostri fratelli e sorelle, traendo ricchezza dalle nostre relazioni con loro.

E con le parole del “fuorilegge” Mimmo Lucano affermiamo che non è normale quella “sindrome da

fastidio degli esseri umani” che oggi tanto si riscontra nella nostra società: tu arrivi e mi dai

fastidio, come se il territorio e il cielo potessero appartenere solo a noi. È invece bello

questo fastidio degli esseri umani, perché apre orizzonti e permette di capire meglio gli

altri ma anche noi stessi. Alla fine l’arrivo dei migranti ti mette con le spalle al muro: una

politica per gli esseri umani oppure contro.

INTERVISTA A LUCIANA EUGENIA NEGRO

M.F.L.

La mia personale esperienza nel movimento delle Veglie contro le morti in mare?

Ho ottantaquattro anni, amore per il mondo e rifiuto per la crudeltà; e ho poco tempo.

Ho cercato e cerco le strade per fare qualcosa di buono. Le Veglie sono nate da questa mia ricerca. Dove

non ho molto da mettere se non l’ostinazione e la pazienza dei vecchi e il fuoco che cova sotto la cenere.

Le Veglie sono nate a maggio del 2021.

L’idea era quella di cogliere un momento di evidenza assoluta del processo di degenerazione del sistema.

I naufragi provocati, il protrarsi delle agonie nell’indifferenza di chi è preposto a soccorrere testimoniano

la natura nazista delle cosiddette politiche migratorie europee.

La finalità era quella di ottenere il soccorso dei migranti in pericolo e parallelamente aiutare un risveglio

delle coscienze.

La speranza era quella di ritrovarci in molte e molti nelle piazze…

Chi sono gli uomini e le donne del movimento delle Veglie contro le morti in Mare? Quali azioni

produce questo movimento?

Il gruppo è composto da persone di base, l’aggregazione è nata su Facebook, dalle risposte che l’idea delle

Veglie riceveva. Poi il gruppo si è allargato con il passaparola.

L’ipotesi originaria, ossia uscire nelle piazze durante i negati soccorsi, alla prova dei fatti si è realizzata

limitatamente. La difficoltà generica di uscire si è combinata con la difficoltà delle convocazioni improvvise.

Attualmente la nostra azione si limita a momenti di presenza digitale:

In base alle segnalazioni di Alarm Phone, noi diamo vita a delle “fotoazioni”, inviando sui social le nostre foto con la richiesta di soccorso.

Però nel frattempo le Veglie sono diventate attive in tantissime città italiane. E anche a Madrid.

Ci sono persone delle Veglie che hanno stabilito contatti organici con altre associazioni cittadine e

portano avanti con loro attività in difesa dei migranti.

Attualmente portiamo avanti un’iniziativa contro il rinnovo del Memorandum Minniti, dove tentiamo

di coinvolgere altre associazioni e portare avanti il “gruppo dei gruppi”.

Quali sono le possibilità di sviluppo del movimento che lei prevede o spera?

La speranza è di contribuire alla rivoluzione, a un mutamento profondo del sistema.

La previsione è molto più modesta: essere nel flusso positivo della storia, quello che comunque sussiste

sotto tutta la schiuma delle brutture e aiutarlo per quanto la realtà consente.

In questo senso le Veglie sono promettenti: varie persone che ne fanno parte si sono attivate, uscendo

dalla dimensione di una vita solo privata e strappando con le unghie e coi denti il tempo per l’impegno,

si battono per i diritti di tutti, con sensibilità e amore.

Pubblichiamo qui sotto un rapporto dell’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) sul diritto d’asilo in Italia:

Diritto di asilo in Italia tra violazioni e mancanza di risorse
 L’Asylum Information Database (AIDA) è un progetto che offre ogni anno una panoramica sul diritto d’asilo in Europa,  promosso dal Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE). Si tratta di un importante strumento di analisi per capire cosa  incontra chi cerca protezione in Europa nei diversi Stati – 23 Paesi, 19 UE e 4 non appartenenti all’Unione europea – per i quali vengono realizzati i monitoraggi. Il Rapporto sull’Italia, appena pubblicato, è curato dall’ASGI e delinea un quadro aggiornato sull’accesso alla protezione in Italia attraverso le segnalazioni raccolte nel corso del 2021 e nei primi mesi del 2022.  Permangono le difficoltà di accesso al territorio italiano da parte di quanti fuggono da situazioni di rischio, bloccati in mare dai pattugliamenti delle motovedette libiche, finanziate dall’Italia attraverso il memorandum e via terra, dove si continuano a registrare respingimenti alle frontiere. Una volta in Italia risulta difficile chiedere protezione a causa delle prassi non uniformi nelle diverse questure e delle lunghe attese per la formalizzazione della domanda di asilo. La gestione straordinaria dell’accoglienza rimane prevalente visto che ogni 10 richiedenti asilo, 7 vengono ospitati nei Centri di Accoglienza straordinaria.L’uso delle navi quarantena, accanto alle difficoltà di accesso delle associazioni di tutela ai centri di detenzione e agli hotspot limita la libertà dei cittadini stranieri e le possibilità di tutela da parte delle ONG, che vedono, però archiviare diversi procedimenti penali in cui erano imputate per aver soccorso e aiutato i migranti . Qui una sintesi del Rapporto in italiano
 Respingimenti illegali alle frontiere dell’Europa: quasi duemila dall’inizio del 2022
  Una conferma delle difficoltà di ingresso in Unione europea e delle prassi illegittime presso le frontiere arriva dal monitoraggio effettuato da parte di nove associazioni, tra cui ASGI, per verificare il rispetto dei diritti dei migranti nei primi 3 mesi del 2022.L’iniziativa congiunta Protecting Rights at Borders (Prab), infatti,  ha registrato quasi duemila casi di “respingimenti” alle varie frontiere in Italia, Grecia, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia settentrionale e Ungheria, confermando come la cooperazione informale tra Stati abbia impedito a migliaia di donne, uomini e bambini di cercare protezione in Europa.Se la guerra in Ucraina ha costretto migliaia di persone a cercare protezione in Europa, con una solidarietà senza precedenti da parte degli Stati membri, per migliaia di “altri” la protezione nell’UE rimane per lo più irraggiungibile.  
  La riforma del Codice Schengen rischia di peggiorare la situazione : la nostra analisi assieme al Border Violence Monitoring NetworkNel dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica del Codice frontiere Schengen (CFS) allo scopo di riformare le regole per controllare i confini interni ed esterni dell’Unione.Tuttavia pensiamo che questa riforma potrebbe avere gravi conseguenze sui diritti fondamentali delle persone migranti presenti alle frontiere .La riforma, infatti, utilizza un discorso securitario, contribuendo a giustificare le condotte statali volte alla tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico anche a scapito della tutela dei diritti fondamentali.Preocupa nella proposta  l’uso delle tecnologie e la profilazione etnica ed i loro effetti sia alle frontiere esterne che a quelle interne.Per fare luce sull’impatto che la riforma avrebbe sulle vite delle persone in movimento che attraversano le frontiere europee, ASGI e Border Violence Monitoring Network hanno elaborato congiuntamente un’analisi giuridica e politica pubblicata oggi.
Abolire il Memorandum Italia-Libia entro il 2 novembre 2022: l’obiettivo della società civileGarantire a tutte le persone il diritto di fuggire dal proprio paese e dal paese in cui subiscono violazioni per cercare protezione. Queste le conclusioni a cui sono giunte le organizzazioni a seguito di un intenso dibattito durante la conferenza del 16 maggio 2022 sul tema “A cinque anni dalla firma del Memorandum: quale accesso alla protezione per le persone migranti in Libia?”, organizzata da Amnesty International Italia e da ASGI, con la partecipazione di organizzazioni della società civile italiana, libica e internazionale, organizzazioni di rifugiati e rappresentanti del Parlamento italiano ed europeo.”Se quest’anno passerà alla storia per la guerra in Ucraina e l’apertura europea ai rifugiati in fuga da quel paese dobbiamo fare in modo che questa apertura offra spiragli di cambiamento anche ad altre umanità, come quelle che tanti governi stanno cercando di dimenticare dall’altra parte del Mediterraneo.” Così Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International, a margine dell’incontro in cui si è concluso con l’impegno a chiedere che non vengano rifinanziate le operazioni in Libia previste dal Decreto missioni internazionali e che il Governo italiano non rinnovi l’adesione al Memorandum alla prossima scadenza del 2 novembre 2022.“I corridoi umanitari e le misure emergenziali di evacuazione, per quanto importanti, sono misure discrezionali e di natura concessoria che non sono idonee ad escludere la responsabilità dello Stato italiano per le violazioni subite dalle persone migranti in conseguenza del blocco delle partenze reso possibile dai finanziamenti elargiti alle autorità libiche e non sono idonee in alcun modo a garantire il diritto d’asilo.” ha concluso l’avv. Cristina Cecchini di ASGI.Guarda il video  
 Regolarizzazione 2020: dopo due anni, più di centomila persone ancora in attesa dei documenti A richiedere canali di ingresso razionali e realmente accessibili troviamo anche la campagna Ero Straniero che ha ribadito la richiesta  in occasione dell’uscita dell’ultimo monitoraggio sull’attuazione della regolarizzazione straordinaria del 2020 . Con decine di migliaia le pratiche da finalizzare, a due anni dall’avvio della procedura di emersione, domande che riguardano cittadini stranieri in attesa di un permesso di soggiorno per poter lavorare e vivere regolarmente sul territorio italiano,  appare sempre più urgente la necessità di superare il sistema illogico delle sanatorie, con l’introduzione di un meccanismo sempre accessibile per rientrare nell’economia legale.
Sui tempi inaccettabili dell’esame delle pratiche è intervenuta la condanna del Tribunale regionale della Lombardia, che ha ricordato quanto prevede la Costituzione rispetto ai tempi certi dei procedimenti amministrativi.

I 10 anni di residenza per avere il reddito di cittadinanza potrebbero essere incostituzionali

Lo deciderà la Corte costituzionale a cui ha rinviato la questione la Corte d’appello di Milano .

La causa è stata avviata da un gruppo di cittadini europei con il sostegno di ASGI e della Comunità di Sant’Egidio di Milano.

Ad oggi la questione riguarda molte persone in difficoltà economiche, che,  senza la residenza di almeno 10 anni in Italia, vengono al momento escluse dall’aiuto economico.

In particolare, però, ne sono investiti anche molti Tribunali ai quali si sono rivolti i cittadini stranieri, comunitari ed italiani  perché l’INPS, dopo aver erogato loro il beneficio per alcuni anni, lo ha revocato chiedendone la restituzione, in quanto, pur avendo tutti i requisiti di reddito, non avevano quello di residenza decennale.

Qui l’articolo di Nello Sclavo su Avvenire del febbraio 2020:

Esclusiva. Memorandum Italia-Libia, la bozza integrale: la partita dei fondi a Tripoli


Nello Scavo mercoledì 12 febbraio 2020

Resta intatto il ruolo della Guardia costiera libica e si offre un “reddito alternativo” a chi vive di traffici illeciti. Dubbi sui diritti umani

La bozza integrale della proposta di rinegoziazione del memorandum libico, ottenuta in esclusiva da Avvenire, suggerisce una lettura tra luci e molte ombre. Si parla di diritti, ma con la lingua dei soldi.
Se a parole non mancano i buoni propositi e alcune richieste apprezzabili, come il «rilascio di donne, bambini e altri individui vulnerabili dai centri e alla chiusura di quei centri che, in caso di ostilità, siano più direttamente esposti al rischio di essere coinvolti nelle operazioni militari», per altro verso si nota subito come questa la liberazione di donne è bambini non è invocata come «immediata».

Già nel lessico si capisce come Roma non intenda chiamare le cose con il loro nome. E per non offendere la controparte libica tocca leggere per ben due volte la definizione di «centri d’accoglienza» riferita a strutture per le quali sempre il governo italiano invoca «il superamento». Mai si parla di detenzione o campi di prigionia. Così come mai ricorrono parole come «tortura», «abusi», «stupri», «riduzione in schiavitù», «vendita di migranti», invece adoperate dai dossier delle Nazioni Unite e dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che più volte ha accusato le autorità libiche si essere direttamente coinvolte negli «orrori indicibili» a danno dei migranti.

Come a riconoscere che il traffico di esseri umani sia una fonte di entrate per intere aree, viene proposto di «avviare programmi di sviluppo, attraverso iniziative capaci di creare opportunità lavorative “sostitutrici di reddito” nelle regioni libiche colpite dai fenomeni dell’immigrazione irregolare, traffico di esseri umani e contrabbando».
L’Italia chiede «il pieno e incondizionato accesso agli operatori umanitari, che potranno rafforzare l’attività di assistenza umanitaria a favore dei migranti e delle comunità ospitanti». E chiede anche la «progressiva», e anche qui non “immediata”, «chiusura dei centri non ufficiali in cui sono trattenuti i migranti irregolari». Campi di prigionia, beninteso, gestiti direttamente dalle milizie e dai trafficanti di uomini e di cui non si conosce la dislocazione esatta, che evidentemente Roma ritiene sia invece nota alle autorità di Tripoli. E probabilmente alludendo a figure come il comandante al-MIlad, nome di guerra “Bija”, che viene anche chiesta “l’esclusione dai centri del personale che non abbia adeguate credenziali in materia di diritti umani”. Certo, occorre essere «consapevoli della sensibilità dell’attuale fase in Libia e della necessità di continuare a sostenere gli sforzi miranti alla pace e alla riconciliazione nazionale, in vista di una stabilizzazione che permetta l’edificazione di uno Stato pienamente democratico», si legge ancora. E per rassicurare il governo riconosciuto del premier al-Sarraj viene ribadito che non sarà messo in discussione il Trattato di amicizia firmato da Berlusconi e Gheddafi a Bengasi il 30 agosto 2008, nonché la Dichiarazione di Tripoli del 21 gennaio 2012 (governo Monti).

Su un punto Roma sembra insistere: «Rispetto dei trattati e delle norme internazionali consuetudinarie di diritto umanitario e sui diritti umani, inclusi i principi e gli scopi della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo statuto dei rifugiati». La Libia, però, non ha mai firmato la Convenzione sui Diritti dell’Uomo. Ma l’Italia si impegna a «elaborare, con il supporto della Parte italiana e attraverso l’assistenza tecnica e il sostegno delle Nazioni Unite e della comunità internazionale, una normativa nazionale settoriale che garantisca il rispetto dei diritti di migranti e rifugiati».
Nessuno di questi propositi ha trovato un compimento negli anni precedenti, quando la situazione libica appariva relativamente meno conflittuale ed è davvero difficile immaginare che possa accadere adesso, quando perfino la tregua raggiunta tra i negoziatori del premier al-Sarraj e del generale Haftar, viene regolarmente violata.

Su altri punti, però, si concentrerà l’attenzione dei libici. L’Italia si impegna a sostenere finanziariamente, con corsi di formazione e con equipaggiamento la «guardia costiera del Ministero della Difesa», definizione che di fatto esclude le altre “polizie marittime”, pur lasciando aperta la porta al supporto degli «organi e dipartimenti competenti del Ministero dell’Interno», che a sua volta guida una propria milizia navale che nei giorni scorsi aveva ospitato un vertice con un rappresentante del nostro governo.
«La Parte italiana si impegna a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della prevenzione e del contrasto all’immigrazione irregolare e delle attività di ricerca e soccorso in mare e nel deserto», si legge ancora. In questo contesto «le Parti si impegnano a sostenere le misure adottate dall’Unhcr-Acnur e dall’Oim (le agenzie umanitarie dell’Onu sul campo, ndr) nel quadro del piano d’azione per l’assistenza ai migranti in Libia e la Parte libica assumerà ogni utile iniziativa per facilitarne l’attuazione». Di tutto questo, però, le agenzie Onu non sono state messe al corrente né hanno potuto offrire osservazioni e suggerimenti.

LA BOZZA INTEGRALE DEL MEMORANDUM ITALIA-LIBIA

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