“I bambini” di Ghassān Kanafānī

di Alessandra Amorello

Ghassān Kanafānī è ritenuto uno dei più importanti autori nel panorama della letteratura araba moderna.

Scrittore e giornalista nato ad Acri nel 1936, all’età di dodici anni è costretto a lasciare la Palestina con la famiglia durante la nakba del 1948: “Nel pomeriggio, giunti a Sidone, eravamo diventati profughi”[1].

Nel 1972 rimane ucciso con la nipote Lamis in un attentato dei servizi israeliani mentre è portavoce del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina.

La vita dell’autore, che si intreccia con le vicende palestinesi, si riflette nella produzione letteraria: l’espropriazione dalla terra, la diaspora e la condizione del rifugiato palestinese sono i temi costanti di tutta l’opera di Kanafani. Sebbene egli sia noto al grande pubblico per aver scritto opere rivolte agli adulti, fra cui si annoverano romanzi, racconti brevi, articoli[2] e opere teatrali, Kanafani pubblicò altresì opere dedicate all’infanzia.

Si tratta di due opere postume pubblicate dalla casa editrice Dār al-Fatā al-ʿ⁠Arabī: “Aṭfāl Ghassān Kanafānī” I bambini di Ghassān Kanafānī, una raccolta di racconti che mettono in luce le difficili condizioni di vita dei bambini o dei giovani protagonisti e “al-Qandīl al-ṣaghīr”, La Piccola lanterna, una fiaba creata per la nipotina Lamis.

Edizione di Dār al-Fatā al-ʿ⁠Arabī del 1979 e della Dar Al-Mada del 2002

I bambini di Ghassan Kanafani è una raccolta di sei racconti illustrati dall’artista siriano Burhan Karkutli (Damasco 1932 – Bonn 2003): “al-Munzalaq” – La scarpata, Beirut, 1961; “Waraqa min al-Ramla” – Una lettera da Ramla, Damasco, 1956; “al-Ṣaġīr yaḏhab ilà al-muḫayyam” – Il piccolo va al campo, Marzo, 1967; “Haddiyyat al-ʿīd” – Il regalo per la festa, 1° gennaio 1968; Kāna yawmadat ṭiflan – Era un bambino quel giorno, Beirut, maggio 1969; “Al-banadiq fi-l-muḫayyam” – Fucili nel campo, Beirut, 1969.

La raccolta viene pubblicata nel 1979 dalla Dār al-Fatā al-ʿ⁠Arabī, prima casa editrice araba destinata alla letteratura per l’infanzia. Dopo il 1967, negli anni Settanta, la contingenza sociale e politica stimola in autori e illustratori l’interesse per tematiche legate all’impegno politico e ideologico. Dār al-Fatā al-ʿ⁠Arabī viene creata nel 1974 in Libano allo scopo di dar voce alla causa palestinese attraverso opere per l’infanzia che “invitano apertamente alla lotta armata per riappropriarsi della casa, della terra, della dignità dei palestinesi, e quindi di tutti gli arabi”[3].

Il piccolo va al campo è un racconto ambientato in un campo e il narratore è un bambino di dieci anni costretto a lottare contro fame e ostilità in un periodo in cui i valori morali non hanno più alcuna rilevanza. Ne La scarpata un ragazzino racconta la storia del padre, un calzolaio impegnato nel lavoro giorno e notte per garantire un’istruzione ai figli.

“Non sono matto. Andate dal riccone nel suo palazzo, guardategli le scarpe e ci vedrete appiccicati sopra i pezzetti di carne di mio padre. Forse troverete addirittura i suoi occhi o il suo naso nella suola di una scarpa…”[4]

In Un regalo per la festa un giornalista insonne riceve una telefonata in cui gli viene chiesto di scrivere un articolo sulla raccolta di giocattoli da destinare ai bambini di un campo profughi in Giordania. La proposta gli fa tornare in mente il 1949, quando la Croce Rossa distribuiva i regali per l’Eid:

“Probabilmente la scatola conteneva anche splendidi giocattoli per bambini, ma quelli non si potevano mangiare e così non prestai loro attenzione, e si persero. Tenni invece il barattolo di minestra per una settimana, e ogni giorno ne davo un po’ a mia madre in un bicchiere di vetro, perché ce la potesse preparare. Non ricordo nient’altro che il freddo, il ghiaccio che mi ammanettava le dita, e il barattolo di minestra”[5].

In tutte queste storie il protagonista o il narratore è sempre un bambino e la narrazione si snoda in un’atmosfera cupa che include scene di violenza, povertà e sofferenza, con una logica e un linguaggio che rispecchiano il punto di vista del narratore-scrittore Ghassan, piuttosto che di un bambino. L’autore mette in luce il trauma dell’esilio e racconta la complessità quotidiana dei piccoli protagonisti, sradicati dal proprio mondo. Per l’accuratezza dei particolari, lo stile dei racconti sembra esser stato influenzato dall’attività giornalistica dello scrittore, che comunque non manca di rappresentarne la dimensione umana.

In opere come Era un bambino quel giorno la narrazione fornisce un resoconto storico della Palestina, ma anche una documentazione topografica dei campi costruiti nel 1950 per ospitare i primi rifugiati.

Fucili nel campo ha come ambientazione i campi profughi palestinesi e descrive il processo di trasformazione all’interno della vita dei campi, motivato dall’emergere di un nascente movimento di resistenza. La storia fa parte di una serie di episodi che raccontano la storia di Umm Saad, una madre che diventerà un simbolo per la lotta palestinese.

Alcuni di questi racconti si ritrovano in altre pubblicazioni, come a esempio Una lettera da Ramla, che già compare nella raccolta del 1962 “Arḍ al-burtuqāl al-ḥazīn” La terra degli aranci tristi,dove un bambino di nove anni descrive la tragica morte di alcuni abitanti di Ramla, consumata sotto i propri occhi per mano di soldati ebrei[6]. In un altro racconto, dal titolo Lettera da Gaza, si narra del rapporto tra zio e nipote, Nadia, una bambina a cui è stata amputata la gamba a causa di un bombardamento israeliano. 

“Non posso dimenticare la gamba amputata di Nadia, no, e non dimentico che quell’immensa tristezza le resterà impressa sul viso e farà parte dei suoi lineamenti…Il sole splendeva inondando le strade del colore del sangue. Gaza, Mustafa, era completamente nuova…era qualcosa di nuovo questa Gaza in cui abbiamo vissuto con la sua brava gente per sette anni dopo la nakba[7].

Il cambiamento di Nadia riflette il cambiamento di Gaza: il bambino, in questo caso una ragazzina di tredici anni, è vittima degli eventi politici e delle circostanze, ma comunque partecipa nella lotta al cambiamento:

“Ogni cosa a Gaza fremeva di indignazione per la gamba di Nadia amputata fin dalla coscia; un’indignazione che andava oltre il pianto, che era una sfida…Nadia avrebbe potuto scappare…avrebbe potuto salvare la gamba e non lo ha fatto. Perché?”[8]

Nella fase post nakba i bambini svolgono un ruolo cruciale nel processo di documentazione e ricostruzione della memoria collettiva. Sottoposti ai viaggi familiari e ai travagli dell’esilio e del dislocamento, essi vengono a occupare anche nuove mansioni all’interno della famiglia. Le circostanze impongono loro un’accelerazione forzata del processo di crescita e quindi sono costretti “a diventare grandi” e ad assumersi maggiori responsabilità per il sostentamento della famiglia[9].

Palestine’s children, Returning to Haifa and Other Stories è una pubblicazione in lingua inglese che raccogliequindici racconti, alcuni già citati, sul mondo dei bambini[10].

In Ritorno ad Haifa, del 1969, centrale è il coinvolgimento di un bambino innocente nel conflitto arabo-israeliano. Kanafani racconta la storia dei coniugi Said e Safiya, palestinesi di Haifa, che dopo vent’anni di esilio ritornano nella città natale per rivedere la casa ormai abitata da una famiglia di ebrei polacchi scampati ad Auschwitz. “L’incontro tra i palestinesi vittime della Nakba e la nuova inquilina della casa che essi hanno dovuto abbandonare, una donna ebrea polacca scampata allo sterminio di Auschwitz, rende il romanzo epico luogo di confronto tra le due grandi tragedie umane”.

Il dramma dell’esilio è reso ancora più tragico dall’abbandono di un infante nel momento della fuga repentina dalla città. Said intende ritrovare il figlio Khaldoun, che è stato allevato dalla famiglia di ebrei, adesso si chiama Dov e si è arruolato nell’esercito israeliano. Le dure parole del ragazzo perduto e ritrovato servono da monito per i due genitori, che non si sono adoperati per cercarlo:

«Non ve ne dovevate andare da Haifa. Se questo non fosse stato possibile, non dovevate a nessun costo abbandonare un lattante nella culla…Sono passati vent’anni, signore, vent’anni! Che ha fatto in tutto questo tempo per riavere suo figlio?»[11]

Il figlio Khaldun/Dov rappresenta la memoria degli eventi del 1948 e del 1967, mentre Khaled, l’altro figlio di Said che sta per arruolarsi tra i fidayyin, rappresenta il futuro. È alle nuove generazioni che Kanafani affida le sue speranze: “al-aṭfāl hum mustaqbalu-nā” (I bambini sono il nostro futuro).

Dopo l’esperienza di Dār al-Fatā al-ʿ⁠Arabī, la tendenza a produrre opere in cui vengono narrate le vicende martoriate di un bambino-ragazzo coinvolto nelle tristi dinamiche di un conflitto ha avuto un recente sviluppo nella letteratura araba per ragazzi. Tale sviluppo rientra in una più ampia diffusione di opere basate su tematiche sociali e in un certo senso lo stile di Kanafani anticipa tale tendenza. Ancora una volta, è la contingenza storica a fornire materiale agli autori: La storia del segreto dell’olio, del palestinese Walid Daqqa o il romanzo Contro corrente dell’autrice giordano-palestinese Taghred Najjar, ne sono un esempio. Nel romanzo Papaveri selvatici, dell’autrice giordana Haya Saleh due fratelli vengono separati dalla guerra civile siriana (maggiori dettagli in un articolo di riveArabe).

Per quanto riguarda invece l’epoca di Kanafani, altri palestinesi hanno affrontato il tema dell’infanzia nelle proprie opere: Emile Habibi nel racconto Di come Ma’sud conobbe la felicità grazie e a suo cugino[12] o quelle opere autobiografiche scritte con l’intento di rafforzare la memoria collettiva del popolo palestinese[13], come quella di Jabra Ibrahim Jabra, dove lo scrittore racconta di se stesso bambino e giovinetto in Palestina[14]

Tuttavia, nelle citate opere di Kanafani il bambino – palestinese o residente in campi profughi – sembra essere il fulcro principale della storia; il bambino è sia personaggio che tema centrale e ogni storia esprime il bisogno di rimediare al passato attraverso un’azione per il futuro.

A testimonianza dell’interesse particolare di Kanafani nel rappresentare il mondo dei bambini e dell’infanzia va menzionata l’amicizia con il vignettista Nājī al-ʿ⁠Alī, che egli stesso ha scoperto. Il fumettista è il creatore del personaggio Ḥanẓalah, un bambino scalzo di dieci anni ritratto sempre di spalle che simboleggia i bambini dei campi profughi. Nājī è anche autore di una vignetta che ritrae due uomini che si giocano a scacchi il destino della Palestina in una partita impari. La stessa metafora è utilizzata da Kanafani nel racconto breve Solo dieci metri in cui due potenti si giocano il destino di un bambino che simboleggia la Palestina.[15]

La piccola lanterna è un racconto scritto dall’autore nel 1967 in occasione dell’ottavo compleanno dell’amata nipotina Lamis.

Del libro esistono due edizioni: la prima pubblicata dalla casa editrice Dār al-Fatā al-ʿ⁠Arabī nel 1975, e la seconda, in versione bilingue Arabo e Inglese del 2005 edita dalla Ghassān Kanafānī Cultural Foundation, un’organizzazione non governativa fondata da Anni Kanafani l’8 luglio 1974, in occasione del secondo anniversario della morte dello scrittore. In lingua italiana sono disponibili l’edizione pubblicata dall’Associazione Culturale Amicizia Sardegna Palestina[16] e il libro-gioco di Edizioni Q[17].

“Ogni anno Ghassan era solito scrivere e illustrare un libro dedicato a sua nipote Lamis per il suo compleanno. Ricordo le sue mani delicate quando disegnava e ritagliava le belle illustrazioni per la storia che aveva appena scritto per Lamis, in occasione del suo ottavo compleanno. Sedevamo insieme nella nostra casa a Beirut, nel gennaio del 1963, mentre Ghassan mi traduceva La piccola lanterna. Ghassan aveva dodici anni nel 1948 quando venne forzato a lasciare la sua terra con tutta la sua famiglia. Divennero profughi e in seguito si stabilirono a Damasco dove i bambini poterono andare a scuola. Quando Ghassan aveva vent’anni si trasferì in Kuwait per stare con la sorella, madre di Lamis, e lavorare come insegnante di educazione artistica. Lamis nacque nel 1955 (…) Ghassan l’adorava (…) Tra i suoi primi scritti letterari un libro è dedicato a lei. In seguito divenne il più famoso scrittore palestinese del suo tempo, e Lamis ammirava lo zio (…). Il loro era un rapporto molto genuino, come se ci fosse un sottile filo che li univa l’uno con l’altra… anche nella morte. Vennero uccisi dalla stessa bomba un sabato mattina a Beirut, nel luglio del 1972. Ghassan e Lamis sono sepolti all’ombra degli alberi dove la terra è rossa come il suolo in Palestina. Hanno lasciato il loro libro, La piccola lanterna, per voi, per poterlo leggere”[18].

Cara Lamis, nipotina mia carissima,

dopo anti anni ho trovato la strada e ho capito dove fermarmi. Non sono un poeta e perciò non ti scriverò una poesia. Non sono nemmeno un sapiente e perciò non ti scriverò un trattato…così, per mantenere la promessa del regalo scriverò un racconto per te: scrivere racconti è il mio mestiere.

Ti scriverò un racconto dal titolo “La piccola lanterna”. Una lanterna piccola, ma che crescerà con te.

Ghassan[19]

Il racconto narra la storia di una principessa destinata a ereditare il regno alla morte del padre. Kanafani mescola alcuni elementi tradizionali della fiaba con elementi simbolici che acquisiscono una valenza universale. Uno di questi elementi è il sole, che è presente sin dalla prima illustrazione dove si annuncia la morte del re.

Per testare le doti della giovane figlia, il saggio re le lascia un enigma da risolvere: per poter diventare regina, dovrà portare il sole nel palazzo.

«Se non riesci a portare il sole nel castello per punizione passerai il resto della vita rinchiusa in una cassa di legno».

La principessa, in preda alla disperazione per il quesito irrisolvibile, cerca una soluzione nel significato letterale delle istruzioni del padre.  

“Il giorno dopo, di buon mattino, la principessa decise di scalare l’alta montagna, dove il sole passava tutti giorni…solo quando raggiunse la cima, la principessa si rese conto di quanto il sole fosse ancora molto lontano. Capì che mai nessuno avrebbe potuto afferrare il sole…Così, tutta triste, fece ritorno al castello e si chiuse nella sua stanza a piangere”[20].

L’autore illustra la scalata della principessa alla montagna e si nota che al cambio di prospettiva rispetto alla distanza del sole, dalle pendici e dalla vetta, corrisponde la svolta: in cima alla vetta, la principessa si renderà conto di trovarsi davanti a un’impresa impossibile.

La principessa intuisce che, per risolvere l’enigma necessita dell’aiuto del popolo, così fa affiggere sui muri esterni un annuncio.

Un giorno, un uomo con una lanterna si presenta ai cancelli. Ancora una volta, ricorrendo all’illustrazione, Kanafani enfatizza lo stato d’animo della principessa con una rappresentazione prospettica che ne sottolinea la distanza.

“Mentre lei era immersa nella sua tristezza, un uomo vecchissimo cercava di entrare nel castello, ma le guardie gli impedivano di entrare e provavano a cacciarlo via in tutti i modi”.

Da un lato abbiamo l’uomo misterioso, “l’aiutante” tipico delle fiabe tradizionali con la lanterna “magica”, dall’altro il capo delle guardie che, nel tentativo di bloccarlo, sembra svolgere il ruolo di “cattivo” e antagonista.

La principessa ordina di raggruppare tutti gli uomini con una lanterna all’interno del castello.

Man mano che gli uomini con le lanterne aumentano, l’accesso al castello diventa sempre più difficile, così la principessa fa abbattere le mura per allargare l’ingresso del castello e consentire il passaggio di tutti. È allora che una luce accecante si intrufola nel castello, la luce prodotta da tutte le piccole lanterne che ogni uomo porta con sé per trovare la strada.

Come tutte le fiabe, anche La piccola lanterna si conclude con un lieto fine: la principessa è diventata una regina, ha superato gli ostacoli iniziali e la sua trasformazione è completa.

Il sole simboleggia la luce della speranza: Kanafani ci insegna a guardare all’Altro, a collaborare per un obiettivo comune, abbattendo i muri dell’indifferenza e della paura.

La piccola lanterna è un’opera intrisa d’amore e magia che assume particolare rilevanza nella storia della letteratura araba per l’infanzia, sia dal punto di vista storico e letterario – visto il profondo legame tra zio e nipote, uniti dal tragico destino nell’attentato del 1972 – sia dal punto di vista delle tecniche artistiche utilizzate. Kanafani, infatti, era anche un abile illustratore. I disegni sono realizzati con pastelli e inchiostro di china e la particolarità sta nell’aver inglobato il testo nelle illustrazioni.

“Scrivendo questo racconto nel 1963, Kanafani diviene di fatto il precursore della letteratura per l’infanzia palestinese contemporanea, considerando che la rivista Dar al-Fata al-Arabi vede la luce solo undici anni dopo. Uno dei maggiori autori e illustratori arabi per l’infanzia, l’egiziano Mohieddin Ellabad, co-fondatore di Dar al-Fata al-Arabi, pubblicherà anni dopo dei libri usando la stessa scelta stilistica di Kanafani, cioè del testo scritto nelle illustrazioni”[21]. 

La letteratura araba per ragazzi deve molto alla Palestina, sia per quanto riguarda l’attività pionieristica di Dār al-Fatā al-ʿ⁠Arabī, sia per l’importante contributo di autori come Kanafani, nella cui opera il tema dell’infanzia occupa una posizione centrale.

La vita dell’autore si intreccia con le vicende politiche della Palestina sin dalla sua più tenera infanzia. Nel lavoro autobiografico “Arḍ al-burtuqāl al-ḥazīn”, La terra degli aranci tristi[22] del 1958, Kanafani ripercorre le tappe dell’esodo da Giaffa nel 1948 con la famiglia, quando aveva solo 12 anni.  

È come se lo scrittore avesse tenuto dentro di sé il piccolo Ghassan per dar voce a quel bambino che ha vissuto gli eventi traumatici del 1948, che ha perduto la possibilità di vivere l’infanzia nell’amata terra, nel tentativo di rappresentare le paure e le speranze di tutti i bambini e le bambine che, come lui, hanno vissuto e ancora oggi continuano a vivere la tragedia della guerra.

Per le immagini:

Copertina credit Hussein Alazaat

La piccola lanterna si ringrazia l’Associazione Amicizia Sardegna Palestina


[1] G. Kanafani, La terra degli aranci tristi e altri racconti, Associazione Culturale di amicizia Sardegna – Palestina, Cagliari 2019, traduzione di Chiara Brancaccio, p. 75.

[2] «Kanafani ci ha lasciato un’originale raccolta di testi satirici pubblicata sotto lo pseudonimo di Faris Faris…» Cfr. I. Camera D’Afflitto, Cento anni di cultura palestinese, Carocci, Roma 2007, p. 92.

[3] M. Chèvre, Il pulcino non è un cane. L’editoria araba per l’infanzia come specchio della società, Astarte, Pisa 2023, traduzione di E. Battista e Mariagrazia Decente, pp. 135 – 136.

[4] W. Dahmash, T. Di Francesco, P. Blasone, (a cura di) La terra più amata. Voci della letteratura palestinese, Roma, manifestolibri srl, 2002, traduzione di B. Scarcia Amoretti, p. 114.

[5] Ivi, p. 117.

[6] G. Kanafani, La terra degli aranci tristi e altri racconti, op. cit., p. 45.

[7] Ivi, pp. 62-63

[8] Ivi, p. 63

[9] Cfr. I. Nashef (2023). Ghassān Kanafānī’s Children: Agency and Contingency, Journal of Arabic Literature54(1-2), 158-188. doi: https://doi.org/10.1163/1570064x-12341476

[10] L’edizione è del 2000, pubblicata dalla Lynne Rienner Publishers Inc con la traduzione di K. E. Riley e B. Harlow. Introduction—K.E. Riley and B. Harlow. The Slope.

Paper from Ramleh; A Present for the Holiday; The Child Borrows His Uncle’s Gun and Goes East to Safad.; Doctor Qassim Talks to Eva About Mansur Who Has Arrived in Safad; Abu al-Hassan Ambushes an English Car; The Child, His Father, and the Gun Go to the Citadel at Jaddin; The Child Goes to the Camp; The Child Discovers that the Key Looks Like an Axe; Suliman’s Friend Learns Many Things in One Night; Hamid Stops Listening to the Uncles’ Stories.

Guns in the Camp; He Was a Child That Day; Six Eagles and a Child; Returning to Haifa. Un’altra edizione è del 1984 Palestine’s children. Short stories by Ghassan Kanafani, London – Cairo – Washington.

[11] G. Kanafani, Ritorno ad Haifa, Ripostes, Roma- Salerno 1985, p. 59

[12] Cfr. E. Habibi, Di come Ma’sud conobbe la felicità grazie e a suo cugino, in I. Camera d’Afflitto (a cura di), Palestina. Tre racconti, Ripostes, Salerno-Roma 1984, pp. 100, 102-3. 

[13] I. Camera D’Afflitto, Cento anni di cultura palestinese, op. cit., p. 169. 

[14] Cfr. J. I. Jabra, I pozzi di Betlemme, Jouvence, Roma 2015, traduzione di Wasim Dahmash.

[15] I. Camera D’Afflitto, Cento anni di cultura palestinese, op. cit., p. 206.

[16] L’edizione del 2014 realizzata dall’Associazione Amicizia Sardegna Palestina, comprende i 27 disegni con il testo in arabo di Kanafani, è a cura di G. Pusceddu, con la prefazione di Anni Kanafani.

[17] G. Kanafani, La piccola lanterna. Libro-gioco, a cura di S. Lambertini, Edizioni Q, Roma 2016, traduzione di W. Dahmash.

[18] Dalla Prefazione di Anni Kanafani a La piccola lanterna a cura di G. Pusceddu, op. cit.

[19] G. Kanafani, La piccola lanterna, libro-gioco, op. cit. p. 7.

[20] G. Kanafani, La piccola lanterna, libro-gioco, op. cit. pp. 11-13.

[21] Dall’Introduzione di Giuseppe Pusceddu a La piccola lanterna.

[22] G. Kanafani, La terra degli aranci tristi e altri racconti, op. cit, p. 73.

4 commenti

  1. […] [Finestra sulle Rive Arabe] “I bambini” di Ghassān Kanafānī ANBAMED Tag articolo: #Anbamed#MEDIO ORIENTE#MEDITERRANEO#PACIFISMO […]

  2. […] Scrittore e giornalista nato ad Acri nel 1936, all’età di dodici anni è costretto a lasciare la Palestina con la famiglia durante la nakba del 1948: “Nel pomeriggio, giunti a Sidone, eravamo diventati profughi”[1]. […]

  3. […] La piccola lanterna di Ghassan Kanafani a cura di S. Lambertini, Edizioni Q, 2016, traduzione di Wasim Dahmash. […]

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