Il 17 febbraio 2024 alle ore 14:30 A Roma, Milano ed a Torino si svolgeranno manifestazioni di solidarietà.

Ecco un podcast sull’esperienza del federalismo democratico:

I VENTICINQUE ANNI DI CARCERE CHE NON HANNO PIEGATO OCALAN

Il 17 febbraio a Milano (in largo Cairoli alle ore 14.30) a Roma e Torino si manifesterà per la pace e per la libertà  di Abdullah Ocalan “Apo”, il leader curdo incarcerato dal 1999 e da allora in isolamento. Tortura, riconosciuta come tale dagli organismi internazionali che però, a parte reiterate “raccomandazioni” di cui il presidente turco Erdogan non tiene in nessun conto, null’altro è stato tentato quanto meno per attenuare il livello di crudeltà di questa detenzione. Trattamento punitivo durissimo che in questo clima di guerra il governo turco sta estendendo a tutti i prigionieri politici del paese. Durante la conferenza, tenutasi a Roma il 10 febbraio c.m. dal titolo suggestivo Jin Jiyan Azadi Una filosofia della trasformazione della vita, in cui alcune splendide compagne, curde e non, ci hanno accompagnato nella scoperta di come il Confederalismo democratico guidato dalle donne sia una scienza che cambia il mondo nella sua radice e nel suo farsi, si è anche parlato di Ocalan, l’uomo che ha individuato nel patriarcato la base feroce del liberalismo economico e che per questo è considerato il più pericoloso dei terroristi. L’intervento di Laura Quagliolo, che trovate nel PDF  (QUI), spiega bene le condizioni di privazione in cui è tenuto il prigioniero politico Ocalan, lasciamo quindi a lei questo compito. A noi preme ricordare che, dal 2019 ad oggi, nessuno esterno al carcere ha potuto vedere Ocalan, non gli avvocati, no i medici e neppure i familiari. Sappiamo però che, 2019 appunto, su pressioni dell’opinione pubblica e degli avvocati di Ocalan, una delegazione europea ha avuto accesso al carcere di Imrali ma che, per volontà dello stesso Erdogan, è stato negato alla delegazione il diritto di rendere pubblica la situazione di vita e di salute n cui hanno trovato il prigioniero. Sappiamo però che il Comitato Europeo contro la Tortura, art.10 comma 2, avrebbe potuto superare l’aut aut di Erdogan e rompere il silenzio su un regime di detenzione illegittima e non l’ha fatto. In nome del rispetto che si deve alla dignità di ogni persona noi denunciamo questo silenzio. 

In allegato anche la pagina che oggi il Manifesto dedica a Ocalan.

Erdogan ha sperato che mettendo Ocalan in una cella totalmente isolato,  il suo popolo lo avrebbe dimenticato. Non è stato così.  Al suo isolamento Ocalan ha opposto le stesse armi che usò Antonio Gramsci nel carcere dell’Italia fascista: lo studio, la ricerca, la critica e l’autocritica.  Il 15 febbraio 1999 data dell’arresto di Ocalan, dice Ali Cicek, non è da considerare l’inizio della fine, ma piuttosto “l’inizio di un altro inizio, di una trasformazione che genera frutti”. Perciò rompere l’isolamento di Ocalan ad Imrali e lottare per la sua libertà significherebbe una spinta per i cambiamenti democratici che sono già stati portati avanti – soprattutto dalle donne – che ispirate dalle idee formulate da Ocalan, ha prodotto l’ormai famoso collegamento tra DONNA VITA E LIBERTA’. Ocalan ha lasciato la Siria come leader di partito ma è tornato sottoforma di pensiero con la cosiddetta  “terza via” come pioniere di una società libera,  multietnica, multireligiosa e democratica. Il Rojava la sta praticando dal 2014, non a caso è diventato la regione prediletta dei bombardamenti di Erdogan

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