di Carlo Rovelli

Riprendiamo dal Corriere questa lucida analisi sui rapporti di Greenpeace e Sbilanciamoci. (Da QUI)

Spesa militare e industria delle armi in Europa e in Italia

Di Carlo Rovelli 30 aprile 2024

In un libro di Greenpeace e Sbilanciamoci! numeri, riflessioni, idee, per cercare di fermare la corsa in atto

Greenpeace, la rete internazionale con tre milioni di sostenitori e uffici in 55 paesi, e Sbilanciamoci!, campagna che raccoglie 50 associazioni, entrambe impegnate su ambiente, solidarietà e pace, hanno realizzato un volume dedicato all’economia delle armi, che raccoglie la traduzione italiana del rapporto di Greenpeace «Arming Europe» sugli effetti della spesa militare in Italia e in Europa, e contributi di numerosi esperti sull’argomento. L’ebook è scaricabile gratuitamente dal 2 maggio 2024 sul sito Sbilanciamoci.info. Questa è la prefazione di Carlo Rovelli al libro.

Penso che ci troviamo su una china molto pericolosa. L’«Orologio dell’Apocalisse», la valutazione periodica del rischio di catastrofe planetaria iniziata nel 1947 dagli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists, non ha mai indicato un livello di rischio alto come ora. Le tensioni internazionali sono cresciute bruscamente. Tanti governi moltiplicano forsennatamente le spese militari. Si parla apertamente di possibile guerra atomica. Si parla apertamente di possibile guerra fra NATO e Russia in Europa. C’era un tempo in cui i leader mondiali, da Clinton a Gorbachev, da Mandela ai politici che hanno fermato la guerra civile in Irlanda, pensavano in termini di «risolvere i problemi senza spargere sangue». Oggi i politici parlano in termini di «vincere e abbattere il nemico, non importa se costa spargere sangue». Queste sono le parole che vengono pronunciate sempre più spesso a Washington come a Tel Aviv, a Mosca come a Berlino. Un esasperato nazionalismo si diffonde in vari paesi del mondo, dall’India agli Stati Uniti, e cresce un po’ ovunque. La demonizzazione reciproca si è impennata: nelle narrazioni di molti paesi, «gli altri leader» vengono dipinti come criminali pazzi e pericolosi, in perfetta simmetria. La catastrofe climatica è già in corso, le contromisure che stavamo iniziando a prendere sono già state accantonate, messe in secondo piano dall’urgenza di litigare. Il mondo scivola inesorabilmente verso un’altra delle sue periodiche catastrofi: quando gli esseri umani si massacrano l’un l’altro, pieni di ardore, convinti da ogni parte di essere nel giusto, dalla parte del vero Dio, della Santa Patria, della Democrazia, tutti convinti che gli aggressori, i cattivi, siano gli altri.
La fonte dell’instabilità recente è chiara. Il piccolo gruppo di nazioni composto da America, Canada, Europa, Australia e Giappone, piccola minoranza dell’umanità, disponeva fino a ieri di una gigantesca supremazia economica ereditata dal colonialismo, che dalla fine della guerra fredda ha permesso il controllo politico del pianeta. Il diffondersi nel mondo della prosperità sta modificando radicalmente questo disequilibrio, lasciando a questo piccolo gruppo ormai praticamente la sola supremazia militare. Il mondo sta cercando di adattarsi alla nuova geografia economica. La questione che deciderà la storia di questo secolo è se sarà in grado di farlo in maniera pacifica o violenta.

Su questo scenario da brivido si sovrappone l’immensa scellerata pressione esercitata dai fabbricanti di armi di tutto il mondo. Gli smisurati proventi dell’industria militare generano un potere che spinge all’incremento degli armamenti e al loro uso, per il solo motivo che qualcuno ci guadagna. È celebre la denuncia di questo stato di cose dello stesso presidente americano Eisenhower, che ben conosceva il sistema dall’interno. In Italia, un personaggio che ha giocato un ruolo centrale per la potente industria militare italiana è ora ministro della difesa. Il sito web del ministero della Difesa ha menzionato fra le sue priorità l’aumentare, per lucro, la vendita di armi italiane. Le decisioni strategiche del nostro paese possono essere influenzate dai fabbricanti di armi. La vita e la morte delle persone, la guerra e la pace, dipendono dagli interessi economici di questo o di quello.
Quello di cui il pianeta ha bisogno oggi sono teste fredde, capaci di pensare globalmente, di pensare all’interesse comune, ai pericoli comuni, di calmare il gioco che si sta facendo sempre più pericoloso per tutti. Servono leaders ragionevoli capaci di cercare soluzioni pacifiche agli inevitabili conflitti. La maggior responsabilità è sulle spalle dell’Occidente, perché è l’Occidente che detiene ancora, per ora, il potere dominante, e perché è l’Occidente che deve decidere se accettare serenamente la rinegoziazione dell’equilibrio del potere globale resa inevitabile dalla diffusione della prosperità nel mondo, o rimanere arroccato a qualunque costo alla sua attuale posizione di dominio. Deve decidere se accettare un pianeta più democratico a livello globale, oppure continuare a sentirsi in diritto di arrogarsi una leadership mondiale che trova sempre meno consenso.

L’Europa, al momento spersa, potrebbe giocare un ruolo nel calmare le acque. L’Italia è in prima linea. Mentre altri paesi europei come Austria, Irlanda, Spagna, cercano posizioni di neutralità o equilibrio, invocano la calma, l’Italia è totalmente allineata ai più bellicosi. Non usa il suo peso, più considerevole di quanto spesso assumiamo, per sostenere chi chiede calma. Invece, soffia sul fuoco. È uno dei primi esportatori di armi del mondo. Ha preso il comando di operazioni militari contro lo Yemen non autorizzate dalle Nazioni Unite, in violazione del diritto internazionale. È complice di violazioni della legalità internazionale in molte guerre recenti, non autorizzate dalle Nazioni Unite, a cui ha partecipato. Ma soprattutto, è in prima linea nella forsennata corsa agli armamenti che ci sta tirando verso l’abisso.

L’Italia ha nel suo DNA culturale e politico una profonda avversione alla guerra, rinforzata nel secolo scorso dalla chiara consapevolezza del disastro generato dall’esaltazione della guerra e dalla glorificazione delle armi che hanno caratterizzato il ventennio di Mussolini. Esiste un’Italia vasta, che attraversa tutti gli schieramenti politici, che desidera un mondo più pacifico, ma che al momento non trova riferimenti politici, se non nelle parole del Papa, che oggi gridano nel deserto come una saggia Cassandra inascoltata. Esiste un’Italia consapevole che non vuole questa corsa agli armamenti che ci sta portando alla catastrofe. Questo libro è uno strumento per questa Italia. Dati, riflessioni, idee, per cercare di fermare la corsa in atto verso l’ennesima follia dell’umanità.

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