Il 13 giugno uscirà nelle librerie e sul web il libro del collega e amico Riccardo Cristiano su Padre Paolo dall’Oglio, scomparso a Raqqa, in Siria, il 29 luglio 2013. Il libro s’intitola: “Una Mano Da Sola Non Applaude”, titolo preso a prestito da un antico detto arabo.

Il libro è uscito per i tipi dell’Edizione Àncora – 2023 – Roma.

Pubblichiamo in anteprima la prefazione del direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro.

Leggendo questo volume di Riccardo Cristiano emerge
chiaramente l’intenzione di affermare un nesso, un rapporto, tra la
Chiesa in uscita, l’ospedale da campo di papa Francesco e
l’esperienza di vita e di fede del gesuita Paolo Dall’Oglio. La sua
vita è stata l’incarnazione di quello che papa Francesco nella sua
intervista a La Civiltà Cattolica del 2013 aveva definito il «pensiero
incompleto» tipico del gesuita. «Il gesuita – proseguiva il Papa –
pensa sempre, in continuazione, guardando l’orizzonte verso il
quale deve andare, avendo Cristo al centro. Questa è la sua vera
forza». In effetti il suo «decentramento» lo tiene in ricerca, lo rende
creativo, generoso. Dunque, i gesuiti sono chiamati a essere uomini
di «dialogo», di «frontiera», non cedendo alla «tentazione di
addomesticare le frontiere», ma vivendo «in frontiera». Sembra di
leggere in filigrana il ritratto di Paolo Dall’Oglio.
È proprio questo ritratto che restituisce il suo pieno valore al
sequestro di padre Paolo il 29 luglio 2013. Convince la scelta di
Riccardo Cristiano di concentrarsi non sull’esito, dolorosamente
non ancora appurato, ma sulle motivazioni, su cosa lo indusse a
recarsi al quartiere generale dell’Isis. Non vengono qui offerte
certezze al riguardo, ma una testimonianza importante, quella di chi
lo accompagnò quel giorno. Secondo questa testimonianza padre
Paolo non volle sottrarsi alla speranza di potersi offrire, quale latore
di un messaggio dei curdi iracheni – nella piena consapevolezza
del rischio –, al tentativo di evitare l’esplosione dello scontro tra Isis
e curdi che portò, come è noto, anche al genocidio degli yazidi e
all’espulsione dei cristiani da Mosul. Ecco cosa vuol dire avere
Cristo al centro e per questo convince la proposizione in epigrafe di
una delle più note poesie di Raymond Carver, autore che ho
studiato e che amo: «E hai ottenuto quello che / Volevi da questa
vita, nonostante tutto? / Sì. / E cos’è che volevi? / Potermi dire
amato, sentirmi / Amato sulla terra».
Senza offrire certezze sulla ricostruzione offerta, questo volume ci
dice che padre Paolo quel giorno ha dimostrato a milioni di persone
di gruppi etnici e confessioni diverse di essere amati qui, sulla terra.
Leggendo le sue affermazioni di quel tempo emerge il senso di un
così anomalo sequestro, in cui il sequestrato si reca dai

sequestratori. Una scelta stupefacente, che spiega con forza
inconsueta cosa volesse dire padre Paolo parlando di «paura di
sbagliare la propria morte» e fallire la propria vita: «Il vero, unico
modo per fallire la propria vita è odiare l’amore di Dio. Si fallirebbe
la propria vita se si pensasse che Dio è stupido ad ammazzarsi di
fatica per cercarci, se ci si domandasse: “Perché, dopo tutto,
questo Dio ama così tanto gli uomini (tanto da crearli, dare loro la
libertà, la parola) e come fa a sopportare di essere ringraziato così
malamente?”. Se si lasciasse questa domanda senza risposta,
finiremmo presto per odiare ciò che è buono e gratuito. E qui si
fallirebbe la propria vita. In caso contrario, si è catturati, condannati
alla bontà». È l’aspetto decisivo della sua vita e testimonianza
cristiana, nel nome della riconciliazione, che è sempre con Dio.
Padre Paolo Dall’Oglio, dunque, emerge come un gesuita che si è
fatto avamposto della riconciliazione tra i figli di Abramo e anche tra
loro e i «post-credenti», come lui stesso li definiva, lungo il
cammino di Abramo, su quei sentieri di un Levante che, se non
fosse plurale, cesserebbe di essere quel che è stato per secoli e di
ispirare alla pluralità e all’incontro tutto il bacino del Mediterraneo,
che il cammino di Abramo definisce geograficamente. Per l’autore
padre Paolo è un cattolico conciliare, un cristiano d’Occidente che
va a «farsi arabo» per rafforzare in quelle terre un metodo
necessario per tutti, e probabilmente dell’urgenza di questo
«metodo» si trova conferma e traccia nel senso del recente viaggio
in Bahrein (novembre 2022) di papa Francesco.
L’opera nel Levante di padre Paolo, la rilevanza del suo contribu- to
al dialogo islamo-cristiano, viene qui spesso collegata allo spirito e
al contenuto epocale del Documento sulla fratellanza umana (4
febbraio 2019) firmato ad Abu Dhabi da papa Francesco e
dall’imam di al-Azhar, lo sceicco Ahmad al-Tayyib. Indubbiamente la
proposta della pari cittadinanza, che padre Paolo invocava per i
siriani, rilancia la natura plurale di un Levante che negli
arroccamenti identitari perde la sua dimensione multicromatica. È
interessante la conseguente proposta di recuperare e approfondire
l’attualissima teoria di padre Dall’Oglio del «pantano». Dicendosi
refrattario a usare il termine «terroristi», padre Paolo scriveva che

«l’essenziale è innanzitutto prosciugare il pantano della
clandestinità criminale: lì sta il pericolo, perché essa funziona grazie
a una sorta di sofisma depravato e di inconfessabili solidarietà […]
Difatti sono state rilevate infiltrazioni e complicità che vanno dalle
mafie della tratta e dell’immigrazione clandestina alle organizzazioni
terroristiche d’ispirazione marxista, fino ai sotterranei dei vari servizi
di sicurezza nazionali. È questo quello che io chiamo il pantano,
l’oscura cloaca dove tanti complotti sono possibili e troppo spesso
diventano reali».
Il tempo ci ha dimostrato che siamo in ritardo nel superamento di
quegli schematismi «buoni/cattivi» che impediscono di vedere il
pantano di cui ci parlava un decennio fa padre Dall’Oglio. E questo
non può che portare a capire diversamente la duplicità, che non è
doppiezza, che l’autore di questo libro ritrova nel suo parlare di
collera ma anche di luce, di essere credente in Gesù ma anche
innamorato dell’islam, nel suo essere mistico ma con l’urgenza
dell’impegno sociale. La Chiesa di padre Dall’Oglio è quindi una
Chiesa in cammino sui sentieri del Levante, in quel crocevia dove
l’ha posta dal suo inizio Gesù e dove la testimonianza e la vita di
padre Paolo hanno portato il messaggio di Charles de Foucauld e
Christian de Chergé, alla luce del pensiero del suo maestro, Louis
Massignon. Un’opera, quella di padre Paolo, che appare non solo
attualissima, ma ancor più cruciale per il nostro domani.
Vorrei così concludere facendo mie le parole che ha scritto anni fa
padre Federico Lombardi: «Grazie, Paolo per le strade che hai
aperto, le speranze che hai fatto germogliare e continui ad
alimentare. Tutti crediamo che l’incontro con te – quando? dove?
come? lo sa Dio – sia davanti a noi».

Padre Antonio Spadaro

Qui notiiza di Agenzia vaticana SIR

Qui la recinensione di Ytali a cura di Barbara Marengo.

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