Una dichiarazione della Rete Globale sulla Questione della Palestina in merito alle responsabilità degli stati terzi

Gen 29, 2024 

Tratto dalla Newsletter di AssoPacePalestina.

del Global Network on the Question of Palestine (GNQP),

28 gennaio 2024. 

Dichiarazione sulla responsabilità degli stati terzi alla luce della sentenza provvisoria della Corte Internazionale di Giustizia

La Rete Globale sulla Questione della Palestina (GNQP) consiste in un gruppo di esperti internazionali che sostiene la lotta palestinese e araba contro il progetto coloniale israeliano, l’occupazione e l’apartheid, e che si batte per la realizzazione dei diritti dei palestinesi, compreso il diritto al ritorno, alla restituzione e al risarcimento. Luisa Morgantini, presidente di AssopacePalestina, fa parte del gruppo dei “Senior Advisors”.

La Rete Globale sulla Questione della Palestina [Global Network on the Question of Palestine (GNQP)] accoglie con favore l’ordinanza provvisoria della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) in risposta alla richiesta del Sudafrica di avviare un procedimento contro Israele accusato di violazione della Convenzione sul Genocidio per le sue azioni nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023, ordinanza emessa il 26 gennaio 2024 (Sudafrica -Israele). La sentenza riconosce la plausibilità che Israele stia commettendo atti che costituiscono genocidio ai sensi della Convenzione (par. 54) e riconosce che esiste un rischio reale e imminente di danno irreparabile ai diritti protetti dalla Convenzione (par. 74).

Le misure provvisorie ordinate comprendono: l’astensione da ogni ulteriore atto che possa costituire genocidio; la prevenzione e la punizione dell’incitamento al genocidio; il consenso all’assistenza umanitaria; la prevenzione della distruzione e la conservazione delle prove; la presentazione alla Corte, entro un mese, di un rapporto che illustri in dettaglio le misure adottate per attuare la sentenza. Queste misure provvisorie sono vincolanti per Israele.

Alla luce del riconoscimento da parte della Corte della plausibilità del genocidio commesso contro i palestinesi nella Striscia di Gaza, dell’urgenza della situazione e del rischio reale di un danno irreparabile, il PNLQ invita tutti gli stati, che hanno l’obbligo generale di garantire che non venga commesso un genocidio, e in particolare i 153 stati parte della Convenzione sul Genocidio, a garantire l’attuazione delle misure provvisorie e a rispettare i loro obblighi di prevenzione del genocidio. Nella causa Bosnia-Serbia (2007), la stessa Corte ha affermato che “l’obbligo di uno Stato di prevenire, e il corrispondente dovere di agire, sorgono nel momento in cui lo Stato viene a conoscenza, o avrebbe dovuto normalmente venire a conoscenza, dell’esistenza di un serio rischio che venga commesso un genocidio” (par. 431). La decisione della CIG nella causa Sudafrica-Israele afferma l’esistenza di un serio rischio che un genocidio sia in atto o possa essere commesso in futuro.

La responsabilità degli stati di prevenire il genocidio inizia quindi dal momento in cui lo stato viene a conoscenza del rischio di genocidio. Le prove di atti genocidiari e di intenti genocidiari sono state documentate a partire dall’ottobre 2023, come dimostra chiaramente la causa del Sudafrica e come dettagliato da diverse organizzazioni delle Nazioni Unite, della società civile e ONG, e l’ordinanza della CIG conferma che esiste un rischio reale e plausibile.

La responsabilità di uno stato a questo proposito è di “impiegare tutti i mezzi ragionevolmente disponibili, in modo da prevenire per quanto possibile il genocidio” (Bosnia- Serbia, par. 430), compresi quei mezzi “suscettibili di avere un effetto deterrente su coloro che sono sospettati di preparare il genocidio, o ragionevolmente sospettati di avere un intento specifico (dolus specialis)” (Bosnia- Serbia, par. 431). La Corte ha stabilito che gli stati firmatari della Convenzione hanno “il dovere di utilizzare questi mezzi nella misura in cui le circostanze lo consentono” (Bosnia-Serbia, par. 431). Ciò ha implicazioni particolari per gli Stati Uniti, che sono il principale fornitore di armi e aiuti a Israele.

Gli stati sono responsabili individualmente e collettivamente. La CIG ha inoltre riconosciuto nel caso Bosnia-Serbia che, sebbene gli sforzi di un solo stato possano essere insufficienti a prevenire la commissione di un genocidio, “gli sforzi combinati di più stati, ciascuno dei quali adempie al proprio obbligo di prevenzione” (par. 430) possono evitare la commissione di un genocidio. Inoltre, gli stati non possono usare la scusa che l’azione individuale da sola non sarebbe riuscita a prevenire il genocidio per evitare di usare i mezzi a loro disposizione individualmente.

La mancata prevenzione e, al contrario, la fornitura di aiuto o assistenza a Israele possono rendere uno stato complice se si scopre che è stato commesso uno degli atti criminali previsti dalla Convenzione. La conoscenza dell’intento genocida è importante. Mentre alcuni stati avevano precedentemente affermato che la causa del Sudafrica era “priva di fondamento”, la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia li mette sull’avviso. Gli stati non possono più fingere di essere ignoranti.

La sentenza della CIG è anche un avvertimento per i membri di alto livello di governi complici, in merito alla loro potenziale responsabilità penale individuale. Nel caso Semanza del 2003 presso il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (ICTR), la complicità nel genocidio è stata definita come “tutti gli atti di assistenza o di incoraggiamento che hanno contribuito in modo sostanziale o hanno avuto un effetto sostanziale sul completamento del crimine di genocidio” (paragrafo 395). Inoltre, la complicità richiede solo la commissione dei suddetti atti (assistenza o incoraggiamento) “sapendo che una o più persone stavano commettendo un genocidio, anche se l’imputato stesso non aveva l’intento specifico di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale”. [Caso Akayesu (1998), paragrafo 545]. Le dichiarazioni di sostegno incondizionato alle azioni del governo israeliano, così come l’impegno e la fornitura di assistenza e attrezzature militari e finanziarie a Israele, in particolare nel contesto dell’ordine della CIG, possono equivalere a una complicità individuale nel genocidio.

Oltre al crimine specifico di genocidio, la responsabilità di uno stato terzo viene innescata dalla violazione da parte di Israele del divieto di commettere crimini di guerra, crimini contro l’umanità e altri crimini internazionali. Gli stati hanno il dovere di astenersi dal riconoscere la legittimità di questi crimini e di aiutare e assistere Israele. Come affermato dal giudice Higgins nel parere consultivo del 2004 della CIG sul Muro, “che una situazione illegale non debba essere… assistita da terze parti è evidente” (par. 38).

Alla luce di ciò, esortiamo tutti gli stati, in particolare quelli che aderiscono alla Convenzione sul Genocidio, a intervenire immediatamente per proteggere il popolo palestinese dal genocidio e da altri gravi crimini, utilizzando tutti i mezzi disponibili per scoraggiare e fermare Israele, tra cui:

  • Bloccare l’esportazione di armi verso Israele;
  • Sospendere l’assistenza economica, finanziaria e tecnologica e la cooperazione con Israele;
  • Arrestare e processare le persone accusate di genocidio, incitamento al genocidio, complicità nel genocidio e altri crimini internazionali, sulla base della giurisdizione universale;
  • Assicurarsi che le entità e le istituzioni aziendali e commerciali sotto la loro giurisdizione non siano complici nell’aiutare o assistere Israele.

Esortiamo inoltre i gruppi della società civile a chiamare a rispondere i governi e gli alti funzionari governativi che sono sospettati di complicità nella mancata prevenzione del genocidio, anche attraverso la fornitura di aiuti e assistenza a Israele.

1 commento

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